Lasciateci passà, siam Rosacroce

Lasciateci passà, siam Rosacroce La singolare assemblea dell'antico ordine fra esoterismo e vecchia Roma Lasciateci passà, siam Rosacroce Una platea di manager, signore e tranvieri ROMA IOGGIA e gelo su un vespero romano a Valle Giulia, nella elleniforme I Accademia di Romania, per i Rosacroce, marchio - avverte un elegante dépliant - registrato e legalmente protetto in tutto il mondo ed in numerose lingue. Ho posteggiato alla mascalzona, come si usa a Roma, in curva, con la ruota sul marciapiede, contromano e addosso al semaforo. Parecchi intorno a me fanno altrettanto. Non so perché, ma hanno l'aria di rosacrociani. E infatti lo sono: giovani, efficienti, con la borsa. Alcuni di loro parlano francese, un bel francese rapido ed incisivo: si direbbero militari, o comunque persone abituate a comandare. Con loro alcuni italiani. Anche loro parlano un eccellente francese, scattante, corretto, eloquente. E rispettoso. Con loro percorro un piazzale tempestato dalla pioggia, fino all'Accademia. Romania. Rosacroce. Altri colleghi giornalisti arrivano. Non ne sappiamo niente nessuno. Sì, certo, Umberto Eco, il pendolo. Ma giuriamo di non ricorrere al romanzo. Questi sono dei veri rosacrociani. Aria: manageriale. Scopo: propagandistico. Pubblico: centoundici persone. Età media: quaranta, con molti vecchietti dall'aria confortevolmente spiritata. Alcuni sono ferrotranvieri. Emozionati. Arriva una signora che conosciamo: chi l'avrebbe detto di vederti qui. Mi presenta un'anziana eretta, dagli occhi di fuoco: lei è una vera esoterica, mica come questi. Che ne pensa di questi rosacrociani? Pronuncia il mptto di Cambronne e si siede. I posti sono occupati entro l'orario d'inizio: 19,30. Sedie su venti file da cinque posti: dieci di qua e dieci di là con corridoio in mezzo. Davanti, il tavolo. Fuori si gela e c'è un bel porticato, che si accende di bagliori per i lampi. Freddo da battere i denti. Dentro, per fortuna, buon caldo artificiale. Prende la parola il conferenziere. Età approssimativa: trentacinque. Magro, barbetta, occhiali con i lacci, ben vestito. Attacca. Eloquio da capozona di una grandissima ditta di cosmetici. La gente seduta in larga parte è fatta di adepti. Questa riunione non era stata annunciata che con un piccolo cartello fuori dell'Accademia. Il nostro giornale se ne accorse e ne seguì un servizio che ha fatto scandalo fra i rosacrociani. Ma andiamo per ordine, e facciamolo usando, come guida impropria, l'ignoranza esoterica di chi scrive queste note, che è totale. Sapevo che questi rosacrociani sonò vagamente plotiniani, neoplatonici, ma vado subito scoprendo che va bene tutto: basta essere cristiani, o buddisti, ebrei, confuciani, shintoisti, musulmani o liberi pensatori. Si crede in un Dio personale, panteista: tutti per l'Uno e l'Uno per tutti. Basta sconfiggere la divisione e ritrovare l'unità. Fioccano gli esempi imbecilli, per piccoli imbonitori di paese: macrocosmo e microcosmo, governo mondiale, fratellanza mondiale, tutto mondiale. I Rosacroce, spiega il signor Alexis Bulgari, sono un movimento. Poi spiega che no, sono un ordine. Dal pubblico gli chiedono di decidersi: movimento o ordine? Farfuglia: più ordine. Battuta infelice: tutto l'universo è fatto di ordine, dunque siamo un ordine. Buona questa. Voce dalla sala: ci parli del cardinale bianco. Risposta: non ci penso neppure, queste sono cose per iniziati. Iniziati? Che significa iniziarsi? Ed ecco il business. Un business certamente editoriale, un colpaccio multimiliardario: dispense, testi, ma 11 opponi di scienza universale integrata da mallopponi di testi di mistica specifica e generica. Si impara a vedere dentro di sé. Si impara a regolare il minimo dell'anima, a smerigliare il proprio io fino a farlo coincidere col calibro dell'universo. E come si fa? Bisogna studiare. Quanto? Anni e anni, per tutta la vita. Qui la faccenda assume un tono misterioso. Una signora che passa per pentita dell'associazione mi spiega che gli iscritti devono comprare tonnellate di carte e impararle. La carta si paga, ma se poi si de¬ cide di piantare la ditta, bisogna restituire tutto, fino all'ultima riga. E spiega una parte del retroscena: i rosacrociani di Francia, volendosi opporre ai tentativi indipendentisti dei rosacrociani d'Italia, sono calati come falchi per riprendere in mano la situazione. C'è del gollismo, dello sciovinismo dietro questa ripresa dell'ordine: i testi, l'amministrazione, il verbo, tutto nasce in idioma gallico, E si paga anche in franchi francesi. Non so se è una prova, ma uno dei signori che hanno parcheggiato alla mascalzone accanto alla mia macchina adesso siede anche lui al tavolo della presidenza e si vede subito che è lui ad avere il bastone di comando: ha un'espressione ferma, forte. Una testa tonda, da gatto al sole. Il suo sguardo è fessurato, il sorriso perentorio. E l'oratore italiano lo supplica continuamente di interveni- re, integrare, completare. E quello parla il suo bel francese torrenziale e ordinato: l'altro traduce con competenza professionale. L'italiano promette nientemeno che l'emancipazione del genere umano e assicura che chi seguirà i corsi potrà arrivare ad utilizzare le «facoltà latenti». Il francese annuisce. Che aria tira? Da massoneria? Non proprio, benché sia pronunciata più d'una volta la parola «loggia», anche nel senso michelangiolesco. No, tira piuttosto l'aria dell'Opus Dei: spiritualismo templare, capitalismo religioso, panteismo universale, disciplina, gerarchia, sottomissione. La signora pentita avanza l'ipotesi che le imminenti elezioni possano entrarci: Rosacroce in campagna elettorale? E per chi? Perché? Il capoarea italiano parla per parabole: quella del Conservatorio è la più importante. I neofiti sono come quegli amanti della musica che si iscrivono al Conservatorio: non hanno diritto di parola, ma soltanto il dovere di frequentare le lezioni e studiare. Gli alunni non sono «dei Rosacroce», spiega, ma comuni «rosacrociani», cioè allievi, cadetti paganti. Passa alla parabola dei microscopi e dei telescopi, garantisce che Dio è una «immensa fonte di energia», si va tutti verso il grande fiume, si passa dallo stato di ghiaccio in freezer a quello di vapore bollente (concetto dell'ascesi), e poi si impasticcia quando vorrebbe pronunciare la parola «ménomena» per la quale forse non è ancora abilitato, e rassicura i poveri di spirito, quelli che non sono proprio degli intellettuali, insomma quella brava gente (e in sala ce n'è parecchia) che ben figurerebbe in una trasmissione di Gianni Ippoliti, quello con la classe di Non è mai troppo tardi. Accanto alla porta sta un signore cortese, soccorrevole, che offre una brochure patinata dal titolo II dominio della Vita, dove si garantisce che il movimento nacque in Egitto, e che poi si è andato propagando con un ciclo curioso di 109 anni, per cui adesso siamo in piena eruzione rosacrociana, mentre un secolo fa tutto il regno del mistero dormiva in vigile letargo. Dunque, alleluja, si sveglino i figli di Akhenaton, il faraone monoteista, e quelli di Dante Alighieri, e di Cartesio, tutti dei Rosacroce. Si rivela che quando Edith Piaf cantava La vie en rose faceva la rosacrociana en cachette, perché «la rose» era quella della ditta. Uno del pubblico si alza di scatto: «Ma a me me serve er rapporto discepolo-maestro, no tutte 'ste fregnacce scritte! Io, si nun ciò quer rapporto, nun me posso evòrve». Il capozona lo fulmina: niente maestri personali, ma soltanto la tua buona dose di dispense da ricevere a domicilio, contrassegno. Ha capito? E' convinto?, gli chiede con cipiglio da ufficiale della legione. E quello siede mogio: «Sì, grazie, va bene così». Disciplina e gerarchia, dunque, se vogliamo davvero raggiungere l'estasi. Un gruppo di ferrovieri estasiati si alza: «Ce dispiace, ma nojantri dovemo annà via, la colpa è dell'orario. Dovemo riprende servizio». Il capozona guarda il suo dio francofono che gli siede accanto e quando dai suoi occhi ottiene luce verde grida, scattante: «Grazie di essere venuti, abbiamo fatto conoscenza, perfetto, grazie, a presto...». E l'ultimo dei ferrotranvieri, impettito nella sua panza, agita il borsello verso il capo universale venuto da Parigi e gli lancia un formidabile e sonoro «Bonzuàr ! ». Tirato per i capelli, infine, il capozona italiano ammette che la Grande Loggia Bianca sta aiutando il mondo a spiritualizzarsi. Tutto, ammonisce, prima o poi si spiritualizza: tu quanto vuoi vivere? Cent'anni? Ma anche se ne vivessi quattrocento, che mangi a fare? Alla fine vai sottoterra e ti spiritualizzi anche tu. D'altra parte, aggiunge, «Cristo è il più alto esempio di self-realization a livello di realizzazione interiore». Vuol dire che Cristo era anche lui della compagnia? Le vie dei Rosacroce sono infinite, ma chi vuole saperne di più entri nel grande giro, casella postale 13.258, Milano. Paolo frizzanti «Anche Edith Piaf fra gli adepti: 'La vie en rose era per noi» Katt. TJX. Un'antica incisione rosacrociana: visione di un Leone con angeli e rose

Persone citate: Alexis Bulgari, Dante Alighieri, Edith Piaf, Gianni Ippoliti, Katt, Loggia Bianca, Magro, Umberto Eco

Luoghi citati: Egitto, Francia, Italia, Milano, Parigi, Roma, Romania