Crescono le tasse, ruggisce la Pantera di Paolo Guzzanti
Crescono le tasse, ruggisce la Pantera A A PAGINA Crescono le tasse, ruggisce la Pantera Roma, torna la protesta con i suoi antichi nemici E oggi contiamo che nella commissione che si occupa dell'autonomia universitaria manchi il numero legale e non si vada avanti». Davidino è stato un,buon profeta: il numero legale è mancato e l'ex preside della facoltà, Achille Tartaro, dichiara che questa faccenda della facoltà di Lettere è una faccenda elettorale, l'inizio di una campagna che non ha niente a che fare con l'Università. Ma ecco che interviene, a sorpresa, il grande latinista e bestia nera degli studenti di trent'anni fa, Ettore Paratore, un uomo mitico e terribile, bersaglio canonico della vecchia contestazione, nonché padre dell'attuale rettore di Lettere, Emanuele Paratore il quale ieri l'altro ha fatto un gesto mai visto prima: si è defenestrato. O meglio: sentendosi pressato, assediato dagli studenti che premevano alla sua porta, ha aperto la finestra e si è calato per tre metri fino a terra. Poi ha fatto il giro e si è ripresentato alle spalle degli sbalorditi allievi. E adesso il suo famoso e terribile papà se ne esce con una dichiarazione dalla parte degli studenti: «Hanno ragione. Hanno ragione perché chiedono efficienza e aule, e perché si battono per sacrosanti motivi economici. Quelli dei miei tempi non avevano ragione: avevano soltanto ideologia, slogan e a loro non interessava la sorte dell'Università». Qualcuno fa notare al grande Paratore che suo figlio, tuttavia, si è sentito costretto ad uscire dalla finestra. Ammette che a lui non venne mai un'idea così balzana, anzi dice «imprese simili» e in quella parola, «imprese», si legge un filo di ironia paterna. Tuttavia Paratore sbaglia se crede davvero che l'ideologia sia fuori della porta della facoltà, anche se il tema portante è quello del fisco, del caro mensa, del caro vita studentesco, argomenti che irritano profondamente il magnifico rettore professor Tecce il quale risponde agli studenti che gli aumenti proposti non pa¬ reggiano neanche l'inflazione. Che l'ideologia c'entri è cosa che si coglie nell'aria, si legge nei cartelli e si ascolta nei discorsi. E procura un autentico soprassalto udire di nuovo, e per sempre, il discorso sull'uso della scienza e della tecnologia che servirebbero «per fare la guerra del Golfo», male assoluto e indimenticabile, feroce e indiscussa aggressione imperialistica americana. Tentiamo di ricordare che gli argomenti non reggono al confronto dei tempi, che que¬ ste cose si dicevano, tali e quali, ai tempi della guerra in Vietnam, come se dall'istituto di Scienze dell'Università stravaccata e simil-Saub della Sapienza di Roma, uscissero pronti per decollare i temibili «FI6», con le loro diaboliche bombe intelligenti. Ma tant'è. Gli studenti probabilmente hanno ragione domandando decenza, didattica, trasparenza nell'amministrazione dei pubblici quattrini, mezzi adeguati alla vita di chi studia e fa ricerca. Ma tutte le loro probabili ottime ragioni chiedono di essere accettate nell'eterno involucro, patetico e perentorio, del «discorso» sulla malvagità capitalistica, la sua perversa organizzazione, la sua infernale e poliziesca repressione che fa, mi spiegano gli sudenti, tutt'uno con «Gladio», le stragi, Cossiga, e tutto l'Olimpo negativo dei mali oscuri. C'è aria di occupazione, anche se Davidino spiega che per parlare di un tale passo è ancora troppo presto: «Forse procederemo al blocco della didattica, che è un'altra cosa. E poi abbiamo bisogno di occupare il settore delle fotocopiatrici, dei fax, di tutto quello che ci occorre per comunicare. Ci sono già altre università che si muovono, c'è fermento a Palermo, bisogna che ci coordiniamo». Vogliono sapere che fine hanno fatto i 37 miliardi destinati a costrure un parcheggio fantasma, vogliono bloccare la riforma Ruberti e gridano che 27 mila miliardi per la Difesa, come i 4.300 per l'Irpinia, sono una mostruosità rispetto alle esigenze degli atenei e degli studenti. Mercoledì prossimo il neonato movimento scenderà in piazza per contarsi e misurare la sua forza. Poi, probabilmente, cominceranno le occupazioni. Intanto si muovono però, come accadde negli Anni Settanta quando si combatteva la legge 2314 (detta «due-pi greco), anche molti docenti a livello nazionale: in cinquemila hanno fondato il Cipur, che propone una ferma battaglia per la trasparenza nei concorsi e contro le baronie. Paolo Guzzanti Ettore Paratore «Questi hanno ragione. Quelli dei miei tempi no» Il latinista Ettore Paratore nel '68 era considerato un reazionario Sotto, il preside Emanuele Paratore A destra, il rettore Giorgio Tecce
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