Zagabria all'Onu: sciogliete l'Esercito federale

Zagabria all'Onu: sciogliete l'Esercito federale JUGOSLAVIA LIArmata continua a occupare vaste zone della Croazia mentre s'incrina la leadership serba di Milosevic Zagabria all'Onu: sciogliete l'Esercito federale Persino Vultranazionalista Chiesa ortodossa critica le scelte di Belgrado Anche il «fedele» Montenegro vuol indire un referendum sull'indipendenza ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO La capitolazione incondizionata della Serbia è l'unica via per impedire il proseguimento, se non l'allargarsi della guerra. E se Belgrado non ammette la sconfitta politica e militare, allora ci vuole un intervento internazionale come nel caso del Kuwait. Pronunciate in conferenza stampa, ieri a Zagabria, le parole di Milan RamIjak, uno dei vice primi ministri del governo croato, appaiono in un primo tempo come la richiesta ufficiale delle autorità croate rivolta all'Onu. «Non si tratta di richieste ufficiali. La capitolazione di cui parlava il mio collega è una metafora. Quel che chiediamo alla Serbia è che rinunci pubblicamente ai suoi scopi bellici, alle pretese territoriali e alle conquiste in Croazia» sostiene Zdravko Tomac, altro vice premier di Zagabria. Eppure il ministro Ramljak ha parlato di pressioni contro la Serbia, di minacce d'intervento militare come nel Kuwait? «Non si riferiva all'intervento militare. Parlava di pressioni politiche da parte della comunità internazionale e dei compiti che si pongono ora di fronte al nostro governo. Malgrado il riconoscimento della Croazia il pericolo della guerra sussiste tuttora perché la Serbia non vuole riconoscere la nuova realtà politica, ma soprattutto perché la cosiddetta Annata popolare jugoslava continua a esistere anche se la Jugoslavia non esiste più. La comunità internazionale non può permettere che una così grande potenza militare rimanga senza il controllo di uno Stato e che finisca nelle mani della Serbia». L'unica soluzione, secondo Tomac, è lo scioglimento delle Forze armate jugoslave, mentre le armi e tutto l'arsenale dovrebbero essere messi sotto il controllo internazionale. Gli ufficiali dovrebbero rientrare nelle loro Repubbliche di origine. «Soltanto così avremo la garanzia che la Serbia e i generali rinunceranno alla guerra. Ecco perché chiederemo a tutti, dalla Conferenza di pace della Cee all'Orni, di aiutarci ad ottenere questo scopo. Insisteremo affinché l'esercito federale si ritiri da tutto il territorio della Croazia, indipendentemente dal dispiegamento dei caschi blu. Ma se l'avversario continuerà a prendersi gioco degli accordi, la Croazia dovrà liberare in altro modo i suoi territori occupati». Le ultime trattative tra l'esercito federale e le forze croate a Pecs, in Ungheria, sono fallite proprio su questo punto. I generali di Belgrado si dicono disposti ad andarsene dalle regioni dove verranno i caschi blu, ma intendono rimanere nelle altre zone, Karlovac, Zara e Sebenico, beffandosi di tutti gli accordi precedentemente firmati. Al centro dell'interesse rimane intanto Belgrado dove appare sempre più evidente lo sgretolamento della politica di Slobodan Milosevic. Dopo il suo pubblico scontro con il leader della Krajina, Milan Batic, e la tensione crescente con il capo dei serbi in Bosnia, Radovan Karadzic, Milosevic è stato attaccato con violenza dall'ultranazionalista Chiesa ortodossa che, schierandosi con i suoi avversari, l'accusa di aver tradito la causa serba. Paradossalmente il padre di tutti i serbi, l'uomo che ha scatenato il conflitto etnico si trova adesso nei panni del pacifista, mentre i suoi seguaci rimangono fedeli alla sua ideologia politica. Le critiche piovono perfino dal suo partito socialista. Eppure tutte queste beghe politiche potrebbero essere una nuova copertura all'ennesimo gioco politico di Milosevic. Accondiscendendo apparentemente alle iniziative di pace, mentre i suoi uomini proseguono negli scopi prefissi, vuole ottenere un nuovo credito presso le Nazioni Unite, per poter trattare la sua idea della mini-Jugoslavia, ovvero della Grande Serbia. Per questo ha mandato a New York il suo emissario, l'ex presidente federale Borisav Jovic, che cercherà di convincere i funzionari dell'Orni che è meglio una Jugoslavia unita, anche se piccola, che sei Repubbliche distinte. Bisogna però vedere se le altre tre Repubbliche che la Serbia intende «proteggere» condivideranno la tesi degli interessi comuni. Ieri la Macedonia ha ritirato tutti i suoi funzionari dagli organi federali di Belgrado, mentre Bosnia e Montenegro hanno definitivamente confermato che faranno il referendum sull'indipendenza. Ingrid Bachi rina Una ragazza si addestra all'uso delle armi in una trincea a Zara [FOTOAP]

Persone citate: Borisav Jovic, Milan Batic, Milosevic, Radovan Karadzic, Ramljak, Slobodan Milosevic, Vultranazionalista Chiesa, Zdravko Tomac