E NESSUNO PENSA ALL'ECONOMIA di Mario Deaglio

E NESSUNO PENSA ALL'ECONOMIA E NESSUNO PENSA ALL'ECONOMIA crescenti e, per conseguenza, con questo governo lo Stato spende in media ogni giorno circa 500 miliardi in più di quanti ne incassa, con un aumento del 20-30 per cento in due anni. La legge finanziaria, così faticosamente approvata in Parlamento, comincia, fin dalle prime settimane dell'anno, a rivelarsi per quello che è, una costruzione di carta pesta, come impietosamente rivelano oggi le analisi di Prometeia e Nomisma, due noti istituti di ricerca economica. Questi risultati non derivano, almeno nel caso di Carli, da grossolana incompetenza dei ministri economici, bensì dall'improponibilità politica di qualsiasi programma che richieda sacrifici incisivi a gruppi sufficientemente numerosi di cittadini-elettori. La mancanza di freni efficaci alla spesa, tuttavia, non si è rivelata sufficiente a sostenere l'occupazione e proprio qui scatta il secondo allarme. Esso proviene dal più noto leader sindacale italiano, Bruno Trentin, segretario generale della Cgil. Anche se nell'analisi delle cause si può legittimamente dissentire da lui, Trentin ha il merito di dire ad alta voce che il re è nudo mentre la classe politica cerca di parlar d'altro. La verità scomoda proclamata da Trentin è questa: i posti di lavoro a rischio nelle fabbriche sono complessivamente circa 200 mila. Questo significa che quasi cinque lavoratori dell'industria su cento hanno di fronte a sé la prospettiva di essere espulsi dal processo produttivo e solo la metà è in qualche modo sotto l'ombrello dei prepensionamenti e altre analoghe provvidenze. Una parte notevole di que¬ sti lavoratori è occupata nelle piccole imprese, che, nelle crisi precedenti, davano segni di grande capacità di reazione e che ora sembrano invece più duramente colpite. Questa crisi dipende, tra l'altro, dal fatto che una parte relativamente grande delle risorse finanziarie aggiuntive di cui le famiglie dispongono a seguito dell'aumento della spesa pubblica viene impiegata per acquistare beni importati. Perché? Perché le nostre industrie non sono più competitive come una volta, il che non deve stupire: la struttura dei salari è tale che per dare 100 lire in più in busta paga a un dipendente l'industria italiana ne deve spendere complessivamente oltre 200, mentre la media comunitaria è di circa 150. Ci avviciniamo così alle elezioni sotto il peso di una duplice sconfitta governativa, per quanto riguarda la finanza pubblica e per quanto riguarda il mantenimento dell'occupazione. Per reagire a questa situazione e necessario un progetto, un obiettivo, un'idea-guida, quello che gli anglosassoni chiamano una «visione». E forse il rimprovero maggiore che si può fare la classe politica è di avere gradualmente appannato ogni azione che vada al di là di pochi mesi, di essere, appunto, priva di una «visione». I nostri livelli di inflazione, disoccupazione e disavanzo pubblico sarebbero, oggettivamente, ancora sopportabili, anche se la situazione complessiva appare ormai in rapido deterioramento. Ciò che manca è la percezione del perché li dobbiamo sopportare, del quando cominceranno a migliorare, del come si raggiungerà questo miglioramento. Le forze politiche devono mettersi in grado di rispondere a queste domande, semplici ma essenziali; e solo chi ha risposte convincenti merita di ottenere voti. Mario Deaglio

Persone citate: Bruno Trentin, Carli, Trentin