Olivetti, trattativa in diretta tv di Ugo Bertone

Olivetti, trattativa in diretta tv Ieri sera a Ivrea i sindacalisti e i manager davanti alle telecamere di «Profondo Nord» Olivetti, trattativa in diretta tv «Il Palazzo è il nemico comune» IVREA DAL NOSTRO INVIATO «Gad, falli litigare». Lui, Gad Lerner, nervoso ma sorridente, replica alla platea: «E come faccio? Questo è il regno della fratellanza di classe...». Sigla, e si comincia. Qui «Profondo Nord», trasmissione temuta e attesa stasera ad Ivrea. Si parla di Olivetti, di tagli, di prepensionamenti. Sono 2.500 i posti in ballo, una buona parte qui, nel Canavese, dove l'azienda ha già tagliato nel passato. Oggi qui si sciopera. Entro sabato, recita l'ultimatum dell'azienda, ci vuole una soluzione o almeno una prospettiva. Altrimenti si va avanti per la strada dei licenziamenti. Gli ingredienti per la trasmissione suspense ci sono tutti. Da una parte la delegazione aziendale: Giorgio Arona, capo delle relazioni sindacali, l'uomo delle strategie, Bruno Lamborghini e Daniele Mosca, quello che dirige i rapporti con la pubblica amministrazione. E dall'altra? Elegantissimo Luciano Scalia, il leader della Firn, il duro delle trattative («Volete i soldi - tuona alla fine - poi chiudete gli impianti finanziati come Crema o Pozzuoli...»), Enrico Ceccotti della Fiom e Roberto Di Maulo, dell'Uilm. Ma lo scontro non c'è. Le parti «agitano il fioretto » commenta Lerner dopo i contrasti sulle percentuali di spesa sul fatturato tra Digital e Olivetti o altri duelli all'insegna dell'alta tecnologia. In realtà, i sei un «nemico» comune ce l'hanno e sta a Roma. Sullo schermo appare, triste, il ministro dell'Industria Bodrato. In prova di trasmissione, prima delle riprese, appare sullo schermo e, sul- lo sfondo, c'è Ilona Staller (si trasmette «Blob»). La platea, i 380 di Ivrea ridono e applaudono. Bodrato si lamenta: «Non sento niente». E Mosca, verso la fine, non si lascia scappare la battuta: «Caro ministro, un Paese di serie B che non riesce a stabilire un collegamento in diretta deve fare investimenti in elettronica e informatica...». Questo è il punto: tutti, sindacati e impresa, chiedono l'intervento del governo. Ci vogliono gli ammortizzatori sociali, ma ci vuole, soprattutto, l'intervento della mano pubblica per favorire investimenti, ricerca, alleanze e commesse. E Bodrato? «Esiste il mercato replica - e l'Olivetti non è nostra. Ci presentino un programma preciso prima e qualcosa faremo. Ma non siamo i proprietari dell'Olivetti e dobbiamo rispettare le regole Cee...». «Ma ministro - .tuona il sindacalista Firn - la Cresson corre a Roma per appoggiare l'elettronica francese...». «Ma la Bull - replica Bodrato - sta peggio dell'Olivetti. Segno che certe politiche non pagano». «Ci vuole l'alleanza tra Olivetti e Finsiel - incalza Ceccotti della Fiom tra gli applausi e i sorrisi della dirigenza Olivetti- e dovete dirci qualcosa subito». «Io sono a favore - risponde il ministro - ma le aziende hanno strategie diverse e io non comando alle aziende. Qualcosa comunque faremo, per la ricerca e per le commesse». «Sbaglio o siete tutti d'accordo?» dice alla fine Gad Lerner. E la sensazione, infatti, è che in questo inverno duro dell'industria italiana le contrapposizioni, lo scontro cedano il passo alla preoccupazione comune: stavolta non c'è da spartirsi la tor- ta, ma bisogna soprawiveve. Appare, verso la fine, il vescovo. Luigi Bettazzi non scende in polemica con De Benedetti. «Ho scritto all'ingegnere - dice - per invitare alla solidarietà. Ci sono delle colpe, ci sono delle ragioni. E' peggio se nessuno ha delle colpe precise. Questo vuol dire che il sistema è sbagliato. E' un sistema che provoca malessere da noi e anche in quei Paesi, tipo Singapore dove vogliamo portare lavoro, ma non cultura». Basta la parola Singapore e la sala si scalda. «La vera Singapore - sillaba un sindacalista - è a Strambino, a Burolo laddove nell'indotto Olivetti si lavora quando l'azienda vuole, con la lettera di dimissioni già firmata». «Ai miei tempi - aggiunge un altro operaio - si facevano le dispense sull'arte nell'intervallo mensa». E scendono in campo i ricordi della grande Olivetti officina di cultura e indu¬ stria. Parlano Gino Martinoli, Giovanni Giudici, si cita Franco Momigliano o Paolo Volponi. «A me - replica Mosca - mi ha assunto Volponi ma questi ricordi non ci aiutano a nulla. Ricordatevi cosa era l'Olivetti nel '78, prima di De Benedetti. Stavamo per scomparire, ora siamo al nono posto nel mondo». Già, De Benedetti. Gli striscioni sono tutti contro di lui, ma la platea non lo odia. L'affezione,se non l'affetto, c'è ancora e Piero Fassino, anima pensante del pds, evita le insidie di Gad Lerner. «Abbiamo apprezzato l'ingegnere - dice - quando - è stato più aperto di altri. L'abbiamo tallonato qui a Ivrea». E alla fine ci sono i prepensionati: gente di 45, 47 anni. Nostalgia? «No - replica uno dei più giovani - troppa ansia, incertezza. E almeno io la pensione ce l'ho». Ugo Bertone Bodrato: «I francesi? La Bull sta peggio di voi» Un operaio «La vera Singapore è a Strambino»