Dopo lo schianto 2 ore di agonia nella neve

Dopo lo schianto 2 ore di agonia nella neve IUROO I nove passeggeri scampati dalla carlinga in fiamme: «Abbiamo rischiato di congelare nella tormenta» Dopo lo schianto 2 ore di agonia nella neve II racconto dei superstiti dell'Airbus PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «L'aereo si è messo d'improvviso a vibrare. Poi un colpo, violento come il terremoto. Dopo, silenzio, e buio totale. Ero vivo. Ho sentito gemiti verso la coda. Erano due ragazzine, una ferita alle gambe. Le ho aiutate a uscire mentre l'apparecchio iniziava a bruciare. L'hostess sopravvissuta diceva di stare lontani, che poteva esplodere. Abbiano atteso due ore nella neve, soli, mentre il rogo proseguiva. Un freddo da morire. Era idiota scampare a un incidente aereo per poi crepare di gelo. Siamo tornati verso la carlinga. Cerano cadaveri ovunque. Altri feriti avevano cercato di trascinarsi per qualche metro prima di morire». Nicolas Skourias ora sta bene. Nessuna lesione, solo qualche graffio. Con lui, altre otto persone a bordo dell'Airbus Lione-Strasburgo (fra cui una hostess e due bambini) possono raccontare la tremenda avventura. Ma sul velivolo schiantatosi nella nebbia sui Vosgi quando ormai mancavano solo cinque minuti all'atterraggio c'erano 96 vite umane. Le vittime sono 87. Per tutta la giornata di ieri oltre mille soccorritori si sono dati il cambio. Per individuare le salme e ricomporle, ma anche mettere da parte ogni minuscolo frammento perso dal jet nella lunga «strisciata» sugli alberi della foresta o nella collisione finale. Un lavoro d'inferno, che per ora non dà risposta ai troppi interrogativi che gravano sull'incidente. Perché l'aereo volava a 600 anziché 1300 metri?, si chiede la Francia e con lei Edith Cresson, giunta sul posto per testimoniare la solidarietà del governo. Forse funzionavano male gli strumenti, o i piloti - entrambi deceduti - erano distratti. Ma un fatto è certo: a Strasburgo - lontana appena 10 miglia - i controllori di volo, applicando le consegne, seguivano il jet a mezzo servizio. Cioè pronti a intervenire se fosse entrato nella rotta di qualche altro aereo ma senza «guidarlo». Un'omissione che da sola potrebbe spiegare la strage. Due sindacati piloti avanzano un'accusa altrettanto grave: dietro la catastrofe vi sarebbe la contestatissima decisione presa dalle compagnie aeree (in questo caso Air Inter, che assicura il servizio nazionale) di «ridurre l'equipaggio a due persone». Il ministro Quiles promette «un'inchiesta rigorosa» anche su questa circo- stanza. Le due scatole nere sono già emerse. Pare siano in pessime condizioni, il che non dovrebbe accadere. Fatto ancora più misterioso, la speciale «valigia» incaricata di attivarsi, segnalando la posizione attraverso particolari impulsi, quando l'aereo subisce «traumi» non è entrata in funzione. Il suo bip-bip avrebbe ben potuto guidare gli aiuti, giunti al contrario in loco 5 ore dopo. . In attesa che venga sbobinato il materiale di registrazione, gli inquirenti ascolteranno i 9, la cui testimonianza è preziosissima. Bacconta Pierre Cota, 45 anni: «Niente lasciava presagire quanto sarebbe successo. Volo tranquillo, senza vuoti d'aria. Poi, all'improvviso, una serie di schianti, scintille ovunque (la carlinga si faceva ormai strada nel bosco) e principi d'incendio. Quindi l'impatto al suolo, violentissimo. Ho preso il bimbo che si trovava al mio fianco e siamo usciti. C'era molta neve, avanzare vestiti da città era penoso. Eravamo lì in camicia a cinque sotto zero come degli idioti, tramortiti dallo choc e ancora increduli. Sentendo gridare aiuto, qualche istante dopo siamo tornati indietro a recuperare la hostess, un'altra passeggera e una signora con il suo bambino. L'aereo, intanto, bruciava ma sommessamente. Nessun grande scoppio, come temevamo. Però i soccorsi non arrivavano mai. Lo spettro del congelamento ci ha reso audaci. Avvicinando qualche ramo secco alle fiamme, l'abbiamo acceso per farne dei piccoli falò. E' così che il freddo non ci ha avuti». Poi giunge la prima squadra di soccorritori. La guida un vetraio di Barr, il Comune più vicino al Mont Sainte-Odile su cui l'Airbus ha terminato il suo volo. Hanno torce, ma poco altro. S'improvvisano barelle con la vegetazione del bosco. Nelle tenebre è facile smarrire la strada del ritorno. Skourias lo prende in consegna un gruppo di soldati che ignora la geografia dei luoghi. Dopo una lunga marcia scoprono che il paese è dall'altra parte. C'è un ospedale da campo montato in gran fretta, tuttavia sono i collegamenti a mancare. E l'organizzazione si rivela disastrosa. Ora non resta che attendere i risultati dell'inchiesta. Certo, il maltempo era notevole sulla zona, ma nessun bollettino meteo definiva la situazione proibitiva. Enrico Benedetto Le tragiche immagini del disastro aereo di Strasburgo In alto i seggiolini dell'Airbus sventrati dal tremendo urto e anneriti dal fuoco In alto a destra un soccorritore conforta uno dei nove sopravvissuti A destra si presta aiuto a una donna ferita nell'incidente A sinistra l'intervento dei militari francesi circa cinque ore dopo l'allarme La valigia elettronica che doveva segnalare il luogo dell'incidente inspiegabilmente non s'è attivata causando gravi ritardi ai soccorsi

Persone citate: Barr, Edith Cresson, Enrico Benedetto, Mont, Pare, Pierre Cota, Quiles

Luoghi citati: Francia, Parigi, Strasburgo