«Tacere noi? Deve cominciare lui....» di Francesco Cevasco
«Tacere noi? Deve cominciare lui » «Tacere noi? Deve cominciare lui » //pds chiede il silenzio stampa; I direttori: follia Corriere della Séra, Giulio Anselmi, vicedirettore vicario: «Il silenzio stampa ha sempre sapore di censura o di autocensura. In questo caso non si capisce come Cossiga, pur con il suo debordare, dovrebbe essere zittito proprio dai giornali che hanno il dovere di informare. Con che criterio censurarlo? Dovremmo chiederlo ai costituzionalisti che tra loro non sono mai d'accordo?». La Repubblica, Gianni Rocca, condirettore, opinione personale: «Siamo stati l'unico giornale d'Italia a inventare una rubrica chiamata Cossigheide (senza k, quella la lasciamo ai terroristi) per raccontare le sue esternazioni, i suoi insulti, le sue polemiche, le sue picconate. Adesso, che siamo in campagna elettorale, Cossiga ci ricatta. Ricatta i partiti e ricatta noi cittadini qualsiasi. O parlate bene di me o parlo male di voi. Da cittadino non ci sto. Le sue malefatte (ma se ci fossero anche le sue "benefatte") le racconterei. Altro che stare zitto: se lui accetta i saluti romani dai giova- ni neofascisti, e ringrazia, bisogna scriverlo. Eccome!». L'Unità, Renzo Foa, direttore: «In tanti hanno proposto di non dare più spazio sui giornali alle esternazioni di Cossiga. Da Montanelli in giù. I politici, come Guerzoni e Bassanini, possono legittimamente proporre di mettergli la sordina quando parla di cose che non gli competono. Noi giornalisti dobbiamo semplicemente raccontare quel che succede. Se cominciamo a togliere la parola a qualcuno, si comincia con Cossiga e non si sa con chi si finisce...». Giorgio Bocca, giornalista e scrittore: «La museruola a Cossiga la prendo come un auspicio più che come una richiesta. Siamo realisti: quando ci sonò forze politiche ed economiche che controllano una fetta d'informazione (giornali e tv) legate al partito trasversale di sostegno a Cossiga, volete che non gli diano la parola? Socialisti, missini, liberali, passando anche per un po' di socialdemocratici... E poi Cossiga è come un divo, difficile rinunciarci». Il Messaggero di Roma, Mario Pendinelli, direttore: «Il rischio che Cossiga sia al centro delle polemiche elettorali esiste ed è grave. Tuttavia penso che debba essere Cossiga a decidere di astenersi dall'assumere un ruolo che non gli compete. Quanto a una ipotesi di silenzio stampa nei confronti di eventuali nuove esternazioni, sono decisamente contrario. I giornali hanno sempre il dovere di informare su tutto quanto accade». Il Giorno, Francesco Damato, direttore: «Il silenzio stampa si può proporre solo contro i terroristi. Non mi pare che il Presidente della Repubblica possa essere considerato un terrorista, anche se c'è qualche partito che mostra di ritenerlo tale». Il Mattino di Napoli, Pasquale Nonno, direttore: «Io, il silenzio stampa non l'ho fatto nemmeno contro le Brigate rosse. Il silenzio dovrebbe tenerlo Cossiga, di sua iniziativa». Avvenire, Lino Rizzi, direttore: «Black-out? Semplicemente assurdo. Senza senso. Non mi sfiora nemmeno l'idea». Giorgio Forattini: «No! Mi volete rovinare?». Il Gazzettino di Venezia, Giorgio Lago, direttore: «Io censore? Potrei anche scrivere che è un imbecille, ma metter la mordacchia a quello che dice il Presidente mi saprebbe di stalinismo e di vecchiume». L'Adige di Trento e il Mattino dell'Alto Adige di Bolzano, Paolo Pagliaro, direttore: «Ma come si fa? Sono i tg della Rai che danno rilievo ossequioso perché sono servizio pubblico. C'è una overdose di Cossiga, e noi quotidiani locali mica possiamo far finta che non esista». Panorama, Andrea Monti, direttore: «Contrario: anche perché spero che il silenzio se lo imponga Cossiga le cui ultime uscite mi hanno provocato qualche brivido: i saluti romani e i picconi sulle spalle dei giovanotti neofascisti dovrebbero farlo riflettere». L'Europeo, Vittorio Feltri, direttore: «Mi sembra la sciocchezza del secolo. Non si può togliere a nessuno il diritto alla parola. Se il Presidente della Repubblica ne fa cattivo uso ne deve rispondere al Paese, non alla Quercia». Epoca, Massimo Donelli, condirettore: «In questo Paese esiste ancora la libertà di stampa». Francesco Cevasco Montanelli: adesso è troppo tardi
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