Don Eleganza, il re dei tradimenti sul trono più spietato del mondo

Don Eleganza, il re dei tradimenti sul trono più spietato del mondo Don Eleganza, il re dei tradimenti sul trono più spietato del mondo UNA CATENA DI VENDETTE LNEW YORK O chiamavano Boss, Big Paul, il Papa, zto Paulie, ma il suo vero nome era Paul Castellano. Un giorno l'Fbi fece scivolare un microfono in casa sua e registrò i suoi sporchi affari. I reati a suo carico erano così tanti che lo avrebbero tolto di mezzo per sempre. Aveva 71 anni. Sebbene soffrisse di diabete e si stancasse facilmente, nessuno pensava che sarebbe morto presto. Ma lo zio Paulie era il Padrino, e un Padrino che si era fatto prendere. Evidentemente era troppo vecchio. Nel 1976 Carlo Gambino, che diede il suo nome alla più grande, più forte, più ricca, più sporca delle cinque Famiglie del crimine di New York e che lasciò in eredità la carica di Padrino a Uncle Paul, venne eliminato da Madre Natura, nel suo letto, in uno stato di grazia, quasi centenario. Fu un'eccezione. Louis «Padre G» Gigante è un prete. E' però anche il fratello di Vincent «The Chin» (Il Mento) Gigante, il boss della seconda Famiglia del crimine a New York, i Genovese. Padre G non è mai andato in tribunale. Nemmeno «The Chin» è mai stato condannato per qualcosa di più delle violazioni del codice della strada, sebbene fin dagli Anni 50 abbia fatto rapine ed estorsioni, abbia rapito e ucciso bambini, ricattato e truffato. A differenza di tutti gli altri preti del ghetto, Padre G guida una Lincoln. A differenza di molti mafiosi, guida anche cinque Cadillac. Ha un appartamento a Manhattan, una casa estiva a Long Island e una per le vacanze a Portorico. Ma ha anche fatto qualcosa per il Sud del Bronx. Ha infatti usato i suoi incredibili contatti sindacali per costruire appartamenti economici per i senzatetto; e quando i suoi parrocchiani si imbattono nella legge, è lui che paga la cauzione. E' l'eroe locale: gira per le sue strade sporche tutto azzimato, gli occhi coperti da occhiali neri, e dice a tutti: «Salve, Dio vi benedica». A metà degli Anni 80, Il Mento e Zio Paulie si trovarono d'accordo sul fatto che dovevano usare le maniere forti con le loro Famiglie per impedire di uscire dai binari, cioè usare e smerciare droghe o ciò che la mafia chiama «babania». All'incontro di tutti i padrini d'America del 1957, Carlo Gambino e gli altri avevano messo al bando i traffici di droga perché, sebbene redditizi, attiravano troppo l'attenzione dei politici e del governo federale. Ma i mafiosi dediti alle droghe avevano dimostrato che la lealtà della loro Famiglia era più fiacca del loro vizio. Armand, figlio di Aniello «Neil» Dellacroce, boss di Castellano, era stato arrestato di recente per aver venduto cocaina ed era stata una zia a garantire, con la sua casa di città, i 250 mila dollari di cauzione che erano stati chiesti per rimetterlo in libertà. Diventato padrino, Big Paul non ebbe molte occasioni di incontrare i suoi uomini. Gli piaceva immaginarsi un uomo d'affari: ora non cenava più in trattoria né giocava a carte, ma viveva in una grande casa di Staten Island chiamata «La Casa Bianca» e governava la Famiglia Gambino dal tavolo della cucina, sgranocchiando dolci al cioccolato. Sognava che la sua ciurmaglia entrasse nella legalità. Aveva ereditato l'idillio di Carlo Gambino con i sindacati. E si era scoperto una grande abilità a ripulire il denaro sporco. Aveva anche sistemato i suoi figli ognuno con la sua attività miliardaria, che però non aveva nulla che fare con la Mafia. Zio Paulie si teneva alla larga dalla droga. Non aveva bisogno di denaro e i rischi erano più alti che mai, con l'Fbi che sorvegliava ogni mossa sua e dei suoi. Purtroppo non tutti i Gambino erano d'accordo su questa linea. Nel Queens, dove i suoi uomini facevano un sacco di soldi a modo loro, un piccolo boss di nome Gene Gotti annunciò il suo scontento: «Il papa è contro le droghe semplicemente perché in vita sua non ha mai dovuto lottare per pochi spiccioli. La gente come me dovrebbe farsi avanti». E furono molti a farlo, sotto la guida non di Gene ma del suo fratello cadetto, Johnny Boy. John Gotti prendeva ordini da «Neil» Dellacroce. «Paul è il boss - diceva - ma noi stiamo con Neil». Dellacroce era stato un uomo di Carlo Gambino. Quando, nel 1976, il grande gangster era morente, Dellacroce si era aspettato di, diventare lui il nuovo Padrino. All'epoca però era in prigione e la successione toccò a zio Paulie, un mafioso nel suo complesso più gentiluomo. Mentre zio Paulie si dava da fare intorno al suo tavolo di cucina, Dallacroce guidava una sua avidissima banda dal Ravenite So- ; cial Club di Little Italy. Era una Famiglia all'interno della Fami- i glia e, sebbene pagassero ancora le tasse a zio Paulie, venivano chiamati «l'altra parte». Una grande delusione Erano loro il bersaglio del giro di vite sulle droghe a opera dei Gambino-Genovese: qualcuno sarebbe stato colpito per insegnare agli altri la lezione e si diceva che sarebbe toccato a Neil e John Gotti. Neil però era malandato e il cancro lavorò a favore di Vinnie il Mento, eliminandolo nel novembre 1986. Come segno di mancanza di rispetto, zio Paulie non si fece vedere alla veglia funebre del suo uomo, poi si scelse come numero due non già il gagliardo Gotti, ma uno dei suoi uomini più fedeli, Thomas Bilotti. Se zio Paulie fosse finito in prigione, i Gambino avrebbero preso ordini da Bilotti. John Gotti aveva un suo sistema per sbarazzarsi dei suoi quando non rigavano dritto: li invitava a un gita in mare al largo della Jamaica Bay (aveva una barca chiamata «The not guilty», la non colpevole). Poi li faceva uccidere con un colpo di pistola e buttare a mare. «Come facevate a impedire che il corpo galleggiasse?» chiede un giorno un agente federale a un pentito. «Li aprivamo in due» fu la risposta. Una sera di dicembre, nel 1985, Thomas Bilotti aiutò zio Paulie a entrare nel sedile posteriore della Lincoln, poi si dires- sero verso la Sparks Steak House, uno dei migliori ristoranti di Manhattan, dove avrebbero cenato con amici. Zio Paulie era un cliente abituale. Sarebbe andato in cucina a scegliersi il taglio di carne da far cuocere, poi si sarebbe seduto a un tavolo un po' nascosto, con le spalle al muro. Bilotti parcheggiò in divieto di sosta. Erano in ritardo di mezz'ora e si precipitarono fuori dalla macchina. Dall'ingresso sbucarono due uomini vestiti di nero: uno alzò la pistola e cominciò a sparare, l'altro bisbigliò qualcosa nel walkie-talkie, poi si mise a sparare anche lui. Si sentirono sei spari, che fecero crollare a terra il Padrino e il suo secondo - ma in realtà i colpi erano stati dodici, perché uno degli assassini aveva messo il silenziatore. Poi quello che aveva fatto rumore si piazzò alto su zio Paulie e lo crivellò di colpi una seconda volta. La testa del vecchio gangster girò di qua e di là, il sigaro finì nel tombino. Bilotti e zio Paulie non ebbero il tempo di difendersi, e comunque avrebbero potuto fare ben poco, dato che nessuno dei due aveva un'arma con sé. Non era stato John Gotti a uccidere zio Paulie, o almeno non era stato lui a sparargli. Non era nemmeno sul posto (era a casa, a Howard Beach, che guardava la televisione con la moglie e i figli). Ma questo è uno dei requisiti per diventare Padrino. Se non hai un alibi, non puoi pensare di diventarlo. In ogni modo, uno dei punti fondamentali per diventare Padrino è che il lavoro sporco lo deve fare qualcuno per te. Tu devi essere il re della situazione e quella notte di dicembre 1985, fuori dal ristorante, i killer lavoravano per Johnny Boy Gotti. Bilotti doveva sparire insieme a Castellano: se fosse rimasto in vita, sarebbe stato lui il nuovo Padrino; morti entrambi, la successione diretta portava al capo della cosca dei Bergin. Il giorno dopo John Gotti, con i suoi 46 anni, diventava il più giovane Padrino della storia. La sua gente festeggiò l'evento regalandogli una Mercedes. La strage della rivincita L'Fbi registrò il commento di Gotti al Ravenite Social Club, la vecchia base di Neil Dellacroce per 1'«altra famiglia» e ora, sotto Gotti, il nuovo quartier generale dei Gambino: «La sparatoria è sui giornali di oggi - disse con il suo accento di Brooklyn e la voce che usciva direttamente dalla trachea -. Chiunque abbia ammazzato quel farabutto... se lo è proprio meritato! Io non c'ero, ma dev'essere stato un gran bello spasso!». Il cardinale di New York non diede l'autorizzazione per i funerali cattolici. I protestanti andarono meno per il sottile e il vecchio corpo di zio Paulie, tutto pieno di buchi, venne messo a riposare in una tomba anonima nel cimitero moravo di Staten Island la settimana prima di Natale. John Gotti non era là a portare i suoi rispetti. D'altronde, non ne aveva proprio. E poi aveva una Famiglia da mandare avanti. Da giovane si era divertito a sporcarsi le mani, ma diventato Padrino aveva preso le distanze dalla strada, dai suoi crimini e dai suoi rischi. Come zio Paulie, si dedicava soprattutto al riciclaggio. Gotti era nato nel 1940, quinto di tredici figli. Aveva due fratelli più grandi e quattro più piccoli ma era stato lui a ricevere il nome del padre: John Joseph. La famiglia aveva traslocato un po' qua un po' là nei quartieri più poveri di New York prima di stabilirsi, negli Anni 50, nella zona di Brooklyn che apparteneva ad Alberto il Boia. Come ragazzino della prima generazione, Johnny Boy aveva fatto tutto quello che ci si aspettava da lui: aveva guidato una gang, vantato un quoziente intellettivo ben più alto di quello reale, giocato a poker e scommesso sui cavalli. Era stato arrestato per gioco d'azzardo, poi aveva lavorato per un po' in una fabbrica di abiti - lavoro che non lo interessava per niente - si era schiantato con l'auto e aveva già un bambino un anno prima di sposarsi (tra l'altro, aveva fatto sgattaiolare dall'ospedale madre e figlio senza pagare il conto). A 22 anni aveva trovato lavoro come camionista. A 23 aveva avuto la sua prima condanna per aver rubato un'auto a nolo. A 24 i figli erano già tre. E a 25 era entrato nella Famiglia dei Gambino come truffatore a tempo pieno. Poco dopo finì in carcere per una truffa armata. Ci passò tre anni, insieme ad altri quattrocento italiani, tra i quali il Padrino della Famiglia Bonanno e Jimmy Hoffa, il corrotto presidente del sindacato dei camionisti. Fu una grande scuola. Quando uscì di prigione, toccò al suo boss entrarci. E Johnny Boy, sebbene non fosse ancora un mafioso consacrato, prese il suo posto. Nel 1976, quando Carlo Gambino morì, zio Paulie spalancò le braccia a Gotti - colui che lo avrebbe freddato, che però allora era solo un socio d'affari sperimentato e di fiducia - e lo fece entrare nella Famiglia. Il Padrino compie un rito attraverso il quale i soci diventano uomini della Famiglia e, sebbene nel corso degli anni ci siano stati molti mafiosi rinnegati che non si sono vergognati di fare la spia per salvare se stessi/ nessuno ha mai tradito i segreti più segreti. Cioè, nessuno finché Phil Leonetti non ha testimoniato in un processo per associazione a delinquere contro tutte le cinque Famiglie di New York, attualmente in corso. Leonetti era uno dei boss della Famiglia di Filadelfia, i Bruno, e come tale aveva avuto frequenti contatti con Gotti e i Gambino fino al 1989 quando, a 36 anni, venne processato per svariati delitti di stampo mafioso. Fu condannato a 45 anni e, se non avesse deciso di fare la spia, molto probabilmente avrebbe dovuto farseli tutti. Così è diventato il gangster di grado più elevato che mai sia diventato informatore del governo. Un paio d'anni dopo il rito di iniziazione, John Gotti convocò i suoi compari: aveva un problema. Frank, suo figlio di 12 anni, era stato travolto da una macchina guidata da un vicino di casa, John Favara. Per tutti si era trattato di un incidente, ma non per i Gotti. Per mesi la madre, Victoria, fu seguita da un medico. Si vestiva solo di nero e voleva vendicarsi con il sangue. «Vai, moglie ammazzalo tu» Il giorno in cui Frank avrebbe compiuto tredici anni, i Gotti misero due annunci sulle colonne dei necrologi del New York Daily News, uno firmato dai genitori, l'altro dai fratelli. Un paio di mesi dopo, Victoria colpì alla testa Favara con una mazza da baseball. In un nastro registrato dall'Fbi, si sente Gotti dire ai Bergin: «Sono andato a vedere qualche duro. Poi al cimitero: la mia strada, la mia strada di ogni giorno». Quindi annunciò ai suoi uomini che avrebbe portato Victoria in Florida a riposarsi per una settimana. In pratica, si stava costruendo un alibi: quando ritornò, John Favara e la sua macchina erano spariti. E non furono mai ritrovati. Romual Piecyk, che di professione installa e ripara impianti di refrigerazione, può dirsi fortunato se è ancora vivo. Nel 1984, ebbe uno scontro con John Gotti e finì a terra: ecco perché gli è andata bene. Una notte guidava attraverso le strade di Queens quando si trovò sulla strada la Lincoln nera di Gotti. Suonò il clacson. Due uomini sbucarono da un androne, lo tirarono fuori dalla macchina, lo coprirono di botte e gli sfilarono il portafoglio. Avevano ammazzato per molto meno, ma quella volta lasciarono Piecyk a terra vicino alla sua macchina e tornarono ai loro bicchieri. Poco dopo passarono due poliziotti. Piecyk raccontò cos'era successo e i due andarono ad arrestare i due rapinatori. Al Cozy Corner Club c'erano dieci uomini intorno a un tavolo. Piecyk riconobbe i suoi aggressori e un poliziotto arrestò Gotti - ancora sconosciuto, a parte l'Fbi e il sottobosco malavitoso - e un uomo del clan dei Bergin. Sei mesi più tardi il caso arrivò in tribunale. Intanto John Gotti era stato sulla copertina di Time, in un disegno di Andy Warhol. Lo chiamavano l'elegantone, per via dei suoi abiti vistosi e delle frivole cravatte. Piecyk non era un lettore di Time, ma anche lui aveva avuto modo di sapere che John Gotti era il Padrino: gli avevano distrutto le macchine e lo avevano minacciato, così ogni volta che entrava in una cella frigorifera si guardava alle spalle. In tribunale gli chiesero di riconoscere gli uomini che lo avevano picchiato e derubato del portafoglio. Fissando il leggio di fronte a sé, Piecyk disse: «Oggi non li vedo». Gotti fece una risatina. Gli chiesero di guardarsi intorno e dare una seconda risposta. Guardando fisso il Padrino disse: «Non ricordo chi mi ha aggredito. Non ho nessun ricordo di com'erano i due uomini». L'indomani, il New York Post titolava a tutta pagina: «I Forgotti!» (Ho dimenticato Gotti). Jocelyn Targett «The Guardian» Già da ragazzo a capo d'una gang diventò il pupillo del clan Gambino Fece massacrare il vecchio boss per prendere il suo posto John Gotti. Porta abiti firmati da grandi stilisti e sorride sempre. Uno dei suoi grandi errori'è stato di non pagare le tasse per sei anni Big Paul Castellano. Gotti lo fece assassinare per diventare il Padrino, la sua gente dopo l'omicidio gli regalò una Mercedes Carlo Gambino. Il capostipite della «famiglia» morì nel '76, quasi centenario, nel suo letto. Fu una eccezione Invitava i nemici sulla sua barca li faceva uccidere e buttare a mare |||§j|| John Gotti per tre volte è riuscito a beffare la giustizia Usa