Israele la pace sepolta dal voto

Israele, la pace sepolta dal voto Il premier: nessuna forza al mondo fermerà gli insediamenti. E i laboristi si spaccano Israele, la pace sepolta dal voto E'già campagna elettorale, litigano Shamir e Peres TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO «Gli israeliani devono essere pronti a soffrire per difendere la Terra d'Israele e per assicurare anche in futuro il controllo ebraico sulla Giudea-Samaria (Cisgiordania)»: questo è il messaggio che il Likud ha inviato ieri al Paese (e anche ai partner arabi ai negoziati di pace), all'indomani dell'apertura di una crisi politica che quasi certamente sfocerà in elezioni anticipate nel prossimo giugno. Aprendo di fatto la campagna elettorale, il primo ministro Yitzhak Shamir e il ministro della Difesa Moshe Arens hanno scelto di celebrare la tradizionale festa ebraica della natura, piantando alberi in due insediamenti ebraici della Cisgiordania. Ai rabbini della colonia ultraortodossa di Betar (in fase avanzata di costruzione presso Betlemme, e definita «la città della Bibbia nelle montagne della Giudea»), Shamir ha detto che «nessuna forza al mondo potrà intralciare l'impeto della colonizzazione ebraica della Terra d'Israele». Ha anche cercato di placare le ansie di molti suoi ascoltatori: «Il regime di autonomia che offriamo ai palestinesi - ha spiegato - non potrà interferire nello sviluppo dei vostri insediamenti». Il leader del Likud ha tenuto, d'altra parte, a presentarsi come un convinto fautore dei negoziati di pace con gli arabi e ha duramente criticato la proposta del leader laborista Shimon Peres di sospendere i negoziati fino a quando in Israele non sia formato un governo stabile, in sostituzione di quello di minoranza attualmente guidato dal Likud. «Le elezioni - ha detto non devono ostacolare le trattative di pace. Con le sue dichiarazioni avventate, Peres ha rischiato di recare danno». Un giudizio severo, ma apertamente condiviso ieri anche da alcuni dei principali esponenti laboristi. L'ex ministro della Difesa Yitzhak Rabin (che a febbraio cercherà di riconquistare, dopo quindici anni, la leadership del partito) ha definito «malaugurata» la proposta di Peres, e ha subito gettato un ponte verso il Likud. A Shamir ha proposto di concordare assieme lo scioglimento della Knesset e la data a cui saranno anticipate le elezioni. «Solo se il Likud cercherà di tirarsi indietro - ha detto - dovremo allora presentare, come suggerisce Peres, una mozione di sfiducia al governo». Già ieri sono stati avviati i primi contatti discreti tra i due partiti. Fornendo un primo assaggio della prossima campagna elettorale, il ministro delle Finanze Yitzhak Modai ha delineato alcuni dei temi principali della destra nazionalista israeliana. Il ministro - uscito di recente dal Likud alla guida di una piccola fazione di ispirazione liberale - ha sostenuto ieri che mai Israele potrà rinunciare al con¬ trollo della Cisgiordania, che garantisce la sicurezza dello Stato ebraico. Qualora il presidente statunitense George Bush esigesse il congelamento degli insediamenti nei territori in cambio della concessione di garanzie bancarie a prestiti per dieci miliardi di dollari, Modai consiglierebbe a Shamir di respingere la proposta perché, ha spiegato, «bisogna saper soffrire per difendere la Terra d'Israele». E' forse questa la prima volta che il Likud dice agli israeliani che per poter portare avanti la colonizzazione dei territori dovranno forse abbassare il livello di vita. I primi a soffrire rischiano di essere gli immigrati dall'ex Urss. Dei 400 mila già arrivati, 70 mila - secondo statistiche ufficiali - «stentano a comprare pane e margarina». Altri 600 mila potrebbero aggiungersi nei prossimi cinque anni ma, se nel frattempo non arriveranno i prestiti (Israele ne necessita per 20 miliardi di dollari, complessivamente) andranno incontro a fame e disoccupazione. Un rapporto compilato di recente dall'ex direttore generale del ministero delle Finanze è giunto alla conclusione che nel 1996 il numero dei senzalavoro potrebbe raggiungere il mezzo milione di individui. Fiutando questi sviluppi sociali, Peres ha ordinato ai qua¬ dri del partito di concentrare gli sforzi in quattro settori che potrebbero rivelarsi determinanti per una vittoria elettorale: gli immigrati dall'ex Urss, i disoccupati delle «città in sviluppo» nel Negev e in Galilea, la minoranza araba e i giovani che votano per la prima volta. Un settore in cui i laboristi sono sconfitti in partenza è invece quello dei coloni, che adesso contestano platealmente perfino il ministro Arens, noto «falco» del Likud. A suscitare la loro esasperazione sono stati il progetto di autonomia per i palestinesi, discusso a Washington e che ha provocato domenica l'uscita dal governo di due partiti di estrema destra, e il graduale passaggio dell'Intifada alla lotta armata. All'indomani della virtuale crisi di governo in Israele, intanto, è sugli Usa che il mondo arabo continua a riporre le proprie speranze in vista della conferenza multilaterale che si aprirà a Mosca. Sulle dimissioni di due ministri ultra-nazionalisti dalla coalizione di governo guidata da Shamir, le fonti ufficiali nei Paesi arabi per ora tacciono. Ma per i giornali, la quasi certezza di elezioni anticipate in Israele proietta su Mosca «l'ombra di un boicottaggio» che Washington può scongiurare. Filippo Donati