Kiev: «Potremmo anche andarcene»

Kiev: «Potremmo anche andarcene» LArmata Rossa: siamo 4 milioni, non sottovalutateci. Gli inviati di Bush e Major a Mosca Kiev: «Potremmo anche andarcene» S'inasprisce lo scontro sull'esercito e sul nucleare RISPONDENTE MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Che l'Occidente tutto tremi al pensiero che alla disintegrazione dell'Urss segua la dissoluzione delle sue forze armate, non è una novità. Il ministro degli Esteri britannico Douglas Hurd, che ha concluso ieri il suo tour in tre Repubbliche nucleari (Kazakhstan, Ucraina e Russia), cercava in primo luogo garanzie sulla sicurezza delle bombe, e sulle buone intenzioni delle Repubbliche «strategiche» della Csi. E anche il sottosegretario di Stato americano Reginald Bartholomew ha raggiunto Kiev per tentare di convincere gli ucraini ad accettare l'aiuto degli Usa nello smantellamento delle atomiche. Ma se Hurd ha detto di essere stato «ragionevolmente incoraggiato» dalla sua visita, la conferenza stampa del portavoce del ministero della Difesa della Csi dev'essere stata per lui una doccia fredda. Il Presidente ucraino Leonid Kravchuk aveva negato ogni autorevolezza alla riunione che cinquemila ufficiali dell'Armata avevano tenuto venerdì al Cremlino, dicendo che l'invito a recarvisi poteva influire su di lui «più o meno quanto un'eclissi di luna». Il generale Valerij Manilov, portavoce delle forze armate «comunitarie», ha voluto rispondere a queste dure parole di sfida, con un avvertimento: «Dobbiamo partire dal fatto che le forze armate dell'ex Unione Sovietica sono uno degli eserciti più potenti, che contano 3,7 milioni di uomini, e che sono equipaggiate di armamenti modernissimi, compresa una grande forza nucleare», ha detto il generale, «é una forza reale, che non può essere lasciata fuori dai calcoli dei politici attuali, a casa come all'estero». Il bombardamento di frasi a distanza, dunque, continua. Anzi. Sempre a Hurd, che invitava le Repubbliche a seguire il buon esempio di dialogo pacifico offerto dalla Cee, Kravchuk ha ribadito che, «se non sarà d'accordo su qualcosa, l'Ucraina potrà lasciare la Comunità di Stati Indipendenti». L'Occidente, è chiaro, ha tutto l'interesse a che le due Repubbliche non litighino, tanto più in un momento in cui, lanciata la riforma economica in Russia, l'insoddisfazione popolare cresce di giorno in giorno. Una delegazione dei minatori del Kuzbass, il bacino carbonifero che per anni ha costituito una forte base di consenso per Eltsin, è oggi a Mosca, e chiede un aumento del prezzo del carbone, nuovi macchinari e migliori condizioni di vita. Se non verranno soddisfatte le nostre richieste, dicono i minatori, sarà sciopero. Uno sciopero che, visto il calo del 10 per cento registrato nel 1991 nella produzione di carbone, rischia di portare un danno gravissimo a tutto il settore industriale. Hurd ha promesso l'impegno dell'Inghilterra per far ammet- tere la Russia nel Fondo mone- dell'Inghilterra per far ammettere la Russia nel Fondo monetario internazionale: quella che viene considerata una condizione decisiva per il successo della riforma. Il tempo però stringe, e se a Washington stanno per radunarsi i rappresentanti di 60 nazioni per coordinare gli aiuti all'ex Urss, nelle Repubbliche cresce la tensione sociale. A Krsnojarsk, Krasnodar, Novosibirsk, Uljanovsk, Vladivostok, vi sono state proteste contro l'aumento dei prezzi. A Mosca e Pietroburgo i comunisti rialzano la testa, gridando «Lenin è con noi» e chiedendo le dimissioni di Eltsin. E i dirigenti delle regioni in cui si trovano le industrie militari pensano sempre più seriamente a vendere ermi per proprio conto ai Paesi del terzo mondo. Proprio ieri il settimanale «Kommersant» scriveva che le autorità di Omsk, in Siberia, hanno ricevuto dal ministero dell'Economia la proposta di svendere i carri armati di produzione locale a peso: 10 mila dollari a tonnellata. In Jugoslavia si combatte con mitra «kalashnikov» e cannoni sovietici e, scrive «Kommersant», la vendita di armi è già iniziata, «per l'elementare necessità di tappare gli innumerevoli buchi nel bilancio, tanto a livello nazionale quanto a livello locale». Fabio Squillante Wkl* 'i Iftllfitl^ ±..~&MJW< 'h; j, ** Hp U* '^TlinÌw™WMf ìiFnfefiiff n*"V^» J» L'Armata Rossa sgombera la base di Esztergom, in Ungheria, sotto lo sguardo di un gruppo di ufficiali (FOTOAP] JÉSL