RETROSPETTIVE

RETROSPETTIVE RETROSPETTIVE Giorgio Venturini e la Fert: Hollywood in corso Lombardia CHE Torino sia stata la capitale del cinema muto è ormai a conoscenza di tutti; anzi, spesso questi lontani fasti condiscono la più vieta retorica sull'attualità. Ma dopo? Nei lunghi decenni che separano la «Cabiria» di Pastrone dalle «Vite di ballatoio» di Segre, cosa è accaduto? La bella retrospettiva dedicata al produttore Giorgio Venturini e organizzata da Lorenzo Ventavoli, in programma al cinema Massimo 3 da mercoledì 22 a venerdì 24 gennaio, riesce a colmare un vuoto di conoscenze e si presenta come un'occasione di studio e di ricerca originale e interessante. Giorgio Venturini è uno di quei nomi che sono ignoti al grande pubblico, ma che costituiscono una delle possibili chiavi di volta per riscrivere la storia del cinema italiano. Non era un produttore-mecenate come Riccardo Gualino, né un produttore-personaggio come Peppino Amato e Dino De Laurentiis. Venturini ha però avuto un ruolo chiave in quella che potremmo definire la spina dorsale del cinema italiano: la produzione commerciale, quell'artigianato che agli studiosi attenti riserva piacevoli sorprese e che in ogni caso garantisce il tessuto connettivo che ha consentito al cinema di perpetuarsi. Nel 1943 Venturini viene chiamato a dirigere la cinematografia del regime di Salò: una produzione povera, provvisoria, segnata dalla sconfitta imminente del nazifa- seismo ma ciononostante poco ideologizzata (un solo film, «Aeroporto» di Piero Costa, fa riferimento all'attualità bellica). Dopo la guerra, Venturini transita alla Icet di Milano e soggiorna a lungo a Torino, dove negli stabilimenti Fert di corso Lombardia imposta una produzione di film a basso costo e ad alta rendita. Sarà presente nel cinema italiano sino alla morte, sempre sul terreno dell'iniziativa commerciale: l'ultima sua creatura è il «Pierino» di Alvaro Vitali, che è forse l'ultimo esempio di cinema programmaticamente popolare. A Torino, Venturini chiama attorno a sé registi giovani o maratoneti del cinema di genere. Tra questi ultimi Carlo Campogalliani, che inizia a far cinema nel 1914 come acrobata per poi passare alla regia con una carriera intensissima che si conclude nel 1964, poco prima della morte. Nell'elenco degli esordienti, il nome di spicco è sicuramente Vittorio Cottafavi, il primo nome del cinema popolare italiano ad essere scoperto dai critici francesi: anzi, la rivalutazione di Cottafavi ha origine proprio con un film girato a To¬ rino, «Traviata '53». L'immaginazione di Venturini e l'adattabilità dei suoi registi non conoscono limiti: sulle rive del Sangone rivivono infatti le gesta degli eroi salgariani in «I misteri della giungla nera» e «La vendetta dei Thugs», firmati da Gian Paolo C allegali e interpretati dall'ex Tarzan Lex Barker (che proprio nel municipio di Torino sposerà la bellissima Lana Turner). Non bisogna poi dimenticare che negli Anni 50 va forte il \> cinema lirico e il melodramma strappalacrime: e quindi non mancano nella produzione di Venturini «Canzoni a due voci» (di Gianni Vernuccio, con i due cantanti lirici Tito Gobbi e Gino Bechi), oppure «Il mercante di Venezia» (da Shakespeare, regia del francese Billon, interpretato dal grande Michel Simon). Alla rassegna è abbinato un incontro con i protagonisti: i registi Vittorio Cottafavi e Gianni Vernuccio, la produttrice Monica Venturini (figlia di Giorgio), l'attore Armando Francioli (che tutti ricordano per il carosello dell'uomo in Lebole), l'operatore Antonio Gasperini. Renzo Ventavoli li presenterà al pubblico mercoledì 22 alle ore 21. La rassegna dei film (oltre ai citati ricordiamo altri due Cottafavi: «Il boia di Lilla» e «Avanzi di galera») sarà utilmente accompagnata dal volume «Pochi, maledetti e subito» curato dalio stesso Ventavoli. Stefano Della Casa

Luoghi citati: Milano, Salò, Torino, Venezia