LALLA ROMANO VACANZE DI LUNA di Nico OrengoLalla Romano
LALLA ROMANO VACANZE DI LUNA LALLA ROMANO VACANZE DI LUNA PER fondare una storia (una specie di storia) bisogna vedere le persone almeno due volte (rivedere)», scrive Lalla Romano ne Le lune di Hvar, libro di appunti, brogliaccio di «memoria immediata», nato da un viaggio in Dalmazia, con un giovane fotografo, Antonio Ria. Questo bloc-notes di «memoria immediata» per una scrittrice come la Romano che della memoria ha intessuto tutti i suoi romanzi, da Le metamorfosi a La penombra che abbiamo attraversato a Un sogno del Nord, diventa una sorta di laboratorio, di atelier all'aperto della sua scrittura, del modo di costruire il romanzo. La Romano sa che la «memoria immediata» non basta, è qualcosa di vago, come vedere una cosa la prima volta e solo il rivedere consente la possibilità di costruire, di formare, appunto, una storia. Così, queste Lune di Hvar acquistano l'ambiguità affascinante di un libro ancora non scritto del tutto, ancora del tutto non cristallizzato nella sua struttura. Come un romanzo che, si intravede, avrà una sua struttura a chiocciola, a spirale, che si formerà ripetendosi, ritornando sugli stessi luoghi, raccontando nuovamente momenti vissuti. La signora e il fotografo Lalla Romano ha sempre raccontato il suo mondo, fedele a ciò che ha sempre detto e ripetuto Alberto Moravia, che il romanzo si fa raccontando storie di famiglie. Anche in questo Le lune di Hvar c'è la storia di un rapporto, c'è un tema «coniugale», autobiografico. In viaggio la scrittrice e il fotografo, li separano gli anni, li unisce la curiosità e la freschezza dello sguardo, la ca¬ pacità di cogliere i colori. Zara, Pola, l'Istria, il mare, i Grandi Alberghi cadenti, le piazze, il mercato, è agosto, ci sono i turisti. La coppia viaggia, lui, Antonio, spesso l'abbandona per fare fotografie, per ritrovare vecchi amici. Lei cerca nei volti somiglianze, qualcuno che già conosce, cerca di «rivedere», forse per quella «condanna» a cercare storie. O si dà a una perlustrazione di panchine, dalle quali cogliere i tagli più diversi del paesaggio. E anche qui con la memoria di chi è stato pittore. Minuziosamente la sua scrittura si trasforma (ci sarà da parte della scrittrice una competizione con il fotografo?) in un obiettivo. Le ore, i luoghi, i volti, gli oggetti vengono inquadrati e fermati dalla Romano in pose nitide, senza chiaroscuri. Lo sguardo coglie appunti, la scrittura asciutta li registra, per l'ambiguità del narrare non c'è ancora spazio. E' solo «rivedendo» e riscrivendo, il libro è costruito a brevi capi- toli, che la memoria acquista spessore e la storia comincia a delinearsi, ad avere una sua autonomia al di là dell'appunto. E Le lune di Hvar diventano un romanzo di esistenze, tenero e feroce. Il romanzo di un incontro fra una donna dai capelli bianchi e un giovane, uniii da un affetto complicato e profondo. Ma pur sempre un romanzo famigliare con storie di coppia. Storia di una vacanza di ve la natura si mostra intatta e richiama alla memoria altre estati, altre persone. Da Maria a Le parole fra noi leggere, la Romano usa la memoria, che ha estratto dalla realtà ciò che le serve, per fissare i suoi romanzi di rapporti. Qui, ne Le lune di Hvar, alla realtà si avvicina con un tono poetico, sapienziale. Lampi di poesia Come se raccontare la sua vacanza, i rapporti che la legano ad Antonio, fossero da scoprire nel silenzio e nell'attesa che passa fra una parola e l'altra: «Non voglio sapere (così facevo da giovane, poi ora rimpiango di non sapere le storie) - è che in fondo preferisco (per la scrittura?) non sapere troppo». Perché «sapere troppo» nega quel rivedere della scrittura che, in Le lune di Hvar, si trasforma in lampi di poesia. Nico Orengo Lalla Romano, Le lune di Hvar Einaudi pp. 118, L 22.000 Lid«Ledi I è la «imdi uin D Lid/a /{ornano «Le lune, di I lavr» è la memoria «immediata» di un viaggio in Dalmazia
Persone citate: Alberto Moravia, Antonio Ria, Di Luna, Lalla Romano
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