Fo: attenti al sorriso del potere

Fo: attenti al sorriso del potere L'attore parla di «Johan Padan», da domani a Torino, e ironizza sui politici Fo: attenti al sorriso del potere «Andreotti cigola come le porte di sacrestia e a Craxi i denti crescono ogni giorno» Da oltre quarant'anni sulla scena, non si è mai tirato indietro, non si è mai distratto, non si è mai defilato. Da oltre quarant'anni Dario Fo, l'eretico nazionale, il denigratore per eccellenza, il buffone dalla risata piena di denti, se ne sta lì, sotto la luce dei riflettori, a suscitar vespai, scoprire sepolcri, fare scoppiare bubboni. Magari un pochino stanco, ma non domo. Da oltre quarant'anni, questo incomparabile giullare che riesce a trascinare anche il pubblico più indifferente con la sua lucida, contagiosa follia, continua a predicare imperturbabile il suo verbo «contro», facendosi interprete di tutti i malumori dell'italiano medio. Paladino dei piccoli, contro le sopraffazioni dei grandi: come nel suo ultimo spettacolo, «Johan Padan a la discoverta de le Americhe», da martedì 21 al Teatro Colosseo. Com'è che anche lei, di solito così controcorrente, si è fatto coinvolgere dalle manifestazioni colombiane? Proprio perché appaiono così fasulle, festose, elegiache nel senso più mediocre del termine, mi è sembrato doveroso metterle un po' in ridicolo. La mia vuol essere una controcelebrazione. Nata quasi per caso. In passato avevo scritto «Isabella, tre caravelle e un cacciapalle», dove mostravo gli orrori perpetrati da quest'orribile regina, fra cui il genocidio degli ebrei; e avevo pensato di proporlo al governo spagnolo in occasione delle celebrazioni colombiane, ignorando che proprio in quei giorni si discuteva la santificazione dell'orrenda Isabella. Fu una gaffe tremenda. Perciò, dovetti correre ai ripari con una storia inventata lì per lì, che piacque subito moltissimo; quella picaresca di un povero cristo qualsiasi, Johan Padan, che fugge da Venezia per non essere bruciato insieme alla sua amante accusata di stregoneria, si imbarca su una caravella e vive la scoperta dell'America vista dall'altra parte, cioè da quella dei selvaggiLei ci aveva abituato a una denuncia corrosiva dei mali del momento, la droga, l'Aids. Ora, invece, ci riporta a un passato lontano: perché? Perché non è passato, ma presente: si tratta della sopraffazione continua e attuale perpetuata sul Terzo Mondo. E' la tragedia dei «conquistati», il dramma dei popoli «scoperti» e distrutti con l'alibi della civilizzazione: è storia di ieri, ma anche di oggi. Crede che la satira possa ancora aver presa su una società come la nostra, che ha disimparato a sorridere? Sicuramente: anche se si è diffuso un certo umorismo ascellare che ha cercato di abbassare il livello del gusto, il pubblico ha conservato antenne molto prensili, sa già in anticipo dove andrà a colpire una battuta e la memoria delle immagini rimane impressa nella testa degli spettatori. La gente ha bisogno di sollecitazioni del cervello, cioè di ridere in maniera non viscerale. Alla Comune i francesi gridavano: «Non vogliamo pane, ma teatro». Saper sorridere entro la dimensione tragica della vita mi sembra quasi indispensabile. Lei pensa che se i nostri politici sapessero sorridere, le cose andrebbero meglio? Oddio, no: perché i nostri politici, purtroppo, sorridono sempre e le cose non vanno meglio. C'è un proverbio che dice: «Attento al sorriso del potere, perché è un digrignar di denti». D'altronde, basta guardarsi intorno: il scirri- so da coniglio marrano di Forlani; il sorriso con 2000 denti di Craxi (credo che a Craxi nascano denti tutti i giorni, è un mascellare. Con la sua mascella Ercole avrebbe fatto faville); il sorriso di Andreotti che sa di ironica perfidia, c'è dentro la clausura, le arcate barocche, il cigolio dei portali da sacrestia; e poi Martelli, che ride senza emetter suoni, è come Maria Bambina conservata sotto vetro, un infante di 250 anni che potrebbe essere stato ritrovato sui ghiacciai del Tirolo. Perché questi nostri politici sono tutti eterni, quasi fossero conservati nella formalina; voi a Torino dovete saperlo, avete appena avuto un sindaco impagliato. Sembrano dipinti da El Greco, l'incenso rappreso sulle facce di cera. Io credo siano antichissimi, reperti che risalgono alla notte dei tempi. Quindi, il sorrìso non fa il buon politico. I nostri, ormai, sono al di fuori di qualsiasi espressione. Già il distacco che ostentano in ogni circostanza, questo assurdo cinismo quasi scurrile di fronte ai disastri che hanno compiuto e compiono continuamente, ha qualcosa di macabro. Chiunque al loro posto sarebbe annichilito: loro no. Sorridono, immobili nella decomposizione. Dio ci guardi, dal sorriso politico. Donata Già neri «Le Colombiane sono così fasulle che voglio metterle in ridicolo, farne una controcelebrazione» Due espressioni di Dario Fo Dice: «Martelli sembra un infante sotto vetro, ma ha 250 anni»

Persone citate: Andreotti, Craxi, Dario Fo, Fo, Forlani, Johan Padan

Luoghi citati: America, El Greco, Tirolo, Torino, Venezia