Beckett una bocca e la solitudine di Osvaldo Guerrieri

Beckett, una bocca e la solitudine Al Parenti di Milano «Non io» per la rassegna dedicata al grande drammaturgo Beckett, una bocca e la solitudine La Nogara nel monologo. Proposto anche «Film» MILANO DAL NOSTRO INVIATO Esce da «Aspettando Godot» l'uomo nel quale s'imbattono gli spettatori varcando la soglia del teatro Franco Parenti. Se ne sta dritto su una pedana quadrata, nera, semilacero come un «clochard». Il piede sinistro è avvolto da un sacchetto di plastica nera, le dita di una mano fanno giochi di prestigio con una moneta. Ogni tanto l'uomo inforca gli occhiali neri da cieco, addenta un ravanello custodito nel cappello appoggiato alla pedana. Muto e impassibile, ripete di continuo i suoi magri gesti. Più in là, una donna interrata fino al collo allude a Winnie di «Giorni felici». Sembra di traversare un museo vivente, una Beckett-gallery che documenta le tappe di una carriera autenticamente rivoluzionaria, intrisa di assurdo cosmico e individuale, di paesaggi vuoti, di frasi senza sintassi. E i modellini di palcoscenico, le fotografie, gli oggetti rimanda¬ no a questo o a quel momento della storia beckettiana e costituiscono la sintesi poetica di un'arte sospesa irreversibilmente sul silenzio. Tutto ciò fa da cornice alla rassegna che, da lunedì, è in corso al Parenti. Convegni, letture poetiche, spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi ricordano e ricorderanno fino a mercoledì 29 quanto sia stato grande il lavoro di Beckett e trasparente la sua metafisica. Un'idea centrale del suo universo espressivo è documentata da «Non io», affidato alla regia e all'interpretazione di Anna Nogara. Il monologo, appaiato a «Solo» di Rino Sudano, ha occupato quest'ultimo scorcio di settimana. «Non io», testo del 1973 affidato ad una Bocca, nient'altro che una Bocca ascoltata da un silenzioso e pressoché immobile Auditore, è preceduto dalla proiezione di «Film», l'unica sortita cinematografica di Beckett, girato a New York nel '64 con la regia di Alan Schneider e l'interpretazione di Bu- ster Keaton. Proposte senza soluzione di continuità, le due opere diventano parte di un unico discorso: da una parte l'occhio e dall'altra la bocca, da un lato la percezione e dall'altro la comunicazione. Ma senza serenità. In «Film» il tentativo di sfuggire alla percezione è destinato a fallire. Inutilmente Buster Keaton ricopre gli specchi di casa, fa uscire dalla stanza il cane e il gatto, getta coperte sulla gabbia del pappagallo, strappa le fotografie della propria famiglia e del proprio passato. Una cosa non può fare: impedirsi di guardare se stesso. L'occhio è implacabile, così com'è implacabile la Bocca della vecchia signora, strumento incontenibile dell'inconscio, che fa emergere il ricordo e lo mescola con il presente, al solo scopo di documentare la solitudine di una vita. Messo in scena per la prima volta a New York da Alan Schneider, lo spettacolo durava venti minuti. Quando ap¬ prodò a Londra, Beckett fece in modo che ne durasse dodici. In questo caso il tempo ha la sua importanza. Con otto minuti in meno, il monologo di «Non io» era ridotto a un vertiginoso fascio sonoro in cui le parole non avevano più alcun significato. L'eccellente spettacolo di Anna Nogara è più vicino all'edizione americana che a quella inglese. Il flusso verbale è poderoso, ma non annulla del tutto i significati, non cancella la sofferenza interiore e la smania di una donna che ha perso l'equilibrio tra il passato e il presente. Il corpo inghiottito dal nero del fondale, Anna Nogara è ridotta soltanto a bocca, una bocca rosso-lacca sui denti bianchi, illuminata da un sottile e vivido raggio di luce. Quella bocca è il mondo, è il luogo in cui il mondo si trasforma in voce e diventa «un lampo improvviso» prima del silenzio. Osvaldo Guerrieri

Luoghi citati: Auditore, Londra, Milano, New York