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Asterix rilancia i vini di Roma di Enrico Benedetto

Asterix rilancia i vini di Roma Esperimento in Francia Asterix rilancia i vini di Roma PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Che gusto avevano i vini romani? Per saperlo non è più necessario rileggere Orazio o Marziale. Basterà assaggiarli, i vini romani. Fra qualche mese saranno disponibili le mille bottiglie d'una rivoluzionaria «cuvée latina», vendemmia '91, ma lavorazione antica, con regolari anfore, datteri o miele per insaporire il nettare e uve macerate in acqua salmastra. S'ignora il prezzo, ma sarà salatissimo. Dietro questa archeologia enoica, l'amore a prima vista tra il viticoltore Hervé Durand e André Tchernia, massimo esperto mondiale sui traffici marittimi dei romani. Durand ha i suoi crus non lontano da Nìmes. Gli intenditori potrebbero storcere il naso. Le migliori etichette transalpine vengono infatti da Bordolese, Champagne, appezzamenti borgognoni, con rari excursus (per esempio il Giura e il suo carissimo Vin Jaune). Il Midi offre grandi rese quantitative, ma qualità globalmente inferiori o comunque sottostimate. Eppure proprio in queste terre le popolazioni gallo-romane iniziarono a coltivare la vite: Nimes, Marsiglia, Montpellier e tutta la Narbonensis - avamposto latino da cui sarebbe partita la naturalizzazione delle altre Gallie - distillavano Bacco quando ancora in Burgundia (futura Borgogna) prevaleva il ceppo germanico, con le sue paleo-birre e i miti guerrieri. Quindi niente da stupirsi se monsieur Durand, arando la sua vigna, s'imbattè qualche anno fa in antichissimi cocci d'anfora. La scoperta lo sedusse, tanto da coinvolgere Tchernia quando ebbe a ripetersi nell'altra proprietà familiare, il Chàteaux de Tourelles. E venne fuori l'idea: ricreare il vino che gustavano i Cesari. Le indicazioni letterarie non mancano. Anzitutto fra i poeti, che lo cantarono in grande letizia. Ma il contributo migliore viene dalla letteratura specialistica. C'è Cominella, munito di zio vignaiuolo in Iberia: nel suo monumentale prontuario agronomico dà utilissime informazioni. Quindi Plinio il Vecchio, scienziato polimorfo e infaticabile raccoglitore. Infine Apicius, il gourmet dell'antichità con ben dieci libri sulla cucina romana. Senza trascurare il Satyricon di Petronio Arbitro. Ma prima di mettersi al lavoro, occorreva registrare il nuovo vino per evitare plagi futuri: così la scorsa primavera i due firmano un protocollo con il Cnr francese per ricostituire una «cantina romana in via sperimentale». Da quali uve? Ritrovare i vitigni originali è illusorio. Dopo lungo dibattito, la scelta cade sul Villard, bianco rusticamente corposo. «Non volevamo influenzare gli aromi con gusti troppo marcati, stile Chardonnay», confessano. Pigiatura a piedi nudi. Secondo guaio, le anfore, indisponibili (le poche in commercio non rispettano i canoni di Roma). Le farà su misura un vasaio, non poco stupito dalla richiesta. In attesa di estendere produzione e tipi, gli archeologi vinificatori hanno isolato alcune «famiglie». I più hard per la sensibilità moderna dovrebbero essere quelli che utilizzano succo d'uva in grande concentrazione e aromi. Ma il soggiorno nell'acqua marina conferisce loro un retrogusto di porro non esaltante. In genere li si usava peraltro quali «correttivi» per insaporire il vino sciapo. Poi i «mietati», secondo l'uso greco, che ancora oggi rivivono nei vari «Retsina» ellenici. Sconsigliabili durante il pasto, potranno venir buoni come aperitivi o nel dessert. Fantasia totale, invece, per «fruttare» il vino. La tradizione latina prescrive si aggiungano mele cotogne, ma anche datteri tostati, nardo, zafferano e «fenugraecum» (alla lettera, fieno greco), usato egualmente in medicina per cataplasmi. Ultimo vezzo, rimestare a intervalli regolari le vinacce con ramette di finocchio per ingentilirne il bouquet, predilezione tutta gallo - francese, come insegnerà più tardi il Pastis. I vasi relativi, tutti con il loro bravo cartiglio, resteranno al buio in una vera cantina romana per sei mesi ancora, forse più. Le prime degustazioni, alcune settimane fa, sembravano incoraggianti, ma Durand ammonisce: «Qualcuno sarà certamente imbevibile». Può capitare, se il sommelier è Asterix. Enrico Benedetto Per produrre il vino alla maniera dei romani si utilizzano antiche anfore miele, datteri e uve macerate in acqua di mare

Luoghi citati: Francia, Marsiglia, Montpellier, Parigi, Roma