Sofri contro Montanelli: sei un Maramaldo

Sofri contro Montanelli: sei un Maramaldo L'ex leader di Lotta continua lo accusa in diretta tv (a Babele) di avere infierito su Feltrinelli e Moro Sofri contro Montanelli: sei un Maramaldo E il direttore: sta a vedere che lo statista de l'ho ucciso io Rissa per il libro scritto con Mario Cervi sugli anni di piombo ROMA. Montanelli, perché infierisci su quei due poveri morti? Adriano Sofri rievoca Maramaldo per salvare la memoria offesa di Giangiacomo Feltrinelli, l'editore miliardario che finì straziato su un traliccio di Segrate mentre maneggiava esplosivo, e di Aldo Moro, lo statista democristiano assassinato dalle Brigate rosse. Due uomini tra loro diversissimi, ma tutti e due in qualche modo vittime degli «anni di piombo». E tutti e due, secondo l'ex leader di Lotta continua, oltraggiati post mortem dalle «maramalderie» del direttore del Giornale. Un'accusa bruciante, per di più formulata nell'unico programma televisivo espressamente dedicato ai libri. Sofri e Montanelli si ritrovano faccia a faccia a «Babele», nel salotto di Corrado Augias in onda stasera su Raitre. Sono lì per parlare dell'Italia degli anni di piombo, il volume rizzoliano scritto da Montanelli assieme a Mario Cervi. E con loro, oltre al coautore del libro, c'è anche Giuliano Ferrara. Su ciascuno degli invitati gli «anni di piombo» hanno lasciato un marchio indelebile. Montanelli porta ancora sulle gambe i segni delle pallottole sparate da un commando brigatista. Su Sofri grava l'accusa, fieramente respinta dall'imputato ma confermata da una sentenza della Corte d'Appello, di essere stato il mandante morale dell'omicidio del commissario Luigi Calabresi. E Ferrara ha diretto il pei torinese proprio negli anni più burrascosi della stagione terroristica. Affiorano ricordi angosciosi e fantasmi del passato. E' impossibile parlare «senza risentimenti» di quegli anni che «Capanna definisce formidabili ma che invece furono un continuo sopruso sulla maggioranza degli italiani», avverte subito Montanelli. E infatti ecco, sotto i riflettori di uno studio televisivo, lo scatenarsi di rancori mai sopiti, di ostilità mai cancellate. E poi l'urto, garbato nella forma ma durissimo nella sostanza, tra Sofri e Montanelli, etemi «nemici». A pagina 260 del libro, Cervi e Montanelli scrivono di Sofri addirittura come di uno «dei maestri di pensiero e di azione politica di Prima linea». L'ex leader di Lotta continua sorvola sul dettaglio. Ma non perdona ai due autori del volume quelle che definisce le loro «maramalderie». E chi sarebbero gli uomini su cui Montanelli avrebbe infierito? Prima di tutto Feltrinelli. Avete ridotto tutto a «meschinità» e «piccineria», incalza Sofri. E per avvalorare la leggenda del Feltrinelli «signorino» capriccioso e velleitario, perdigiorno infatuato dei miti guerriglieri, avete persino fatto ricorso ad un «pettegolezzo non nobile», alla storiella del «suo impiegato in Vespa che un giorno a Milano vide affiancarsi la lussuosa auto di Feltrinelli, il quale dal finestrino lo apostrofò: "Si trattano bene i miei dipendenti"». «Maramalderie», insiste Sofri. Che invece suggerisce un'immagine tutta diversa di Feltrinelli: «Più passa il tempo e più divento affezionato alla memoria di Giangiacomo». Montanelli si spazientisce: «Ho conosciuto Feltrinelli meglio di tutti voi. Non era un cavaliere dell'ideale. Ha fatto un'eccellente casa editrice che però non si condusse molto bene con la vedova di Pasternak. Era divorato dalla smania di primeggiare. Rivendicava un ruolo-guida per il quale non era tagliato». E ancora Cervi: «Si comportava come il padrone delle ferriere». La schermàglia continua. E inevitabilmente il discorso scivola sull'omicidio Calabresi. Montanelli: «Non voglio entrare nel merito del processo. Ma una sentenza di condanna condannerebbe un personaggio che non è più il Sofri» degli anni di piombo. Ma il Sofri degli Anni Novanta non apprezza quella che sente come un'ennesima «maramalderia», stavolta esercitata sulla sua passata identità: «Sono molto cambiato, ma mi dispiace. E sono affezionatissimo al Sofri di allora». E alla fine si materializza l'ombra di Moro. Avete commesso una «maramalderia» pure sulla sua memoria, dice Sofri: affermate che «sarebbe stata una jattura per l'Italia se Moro fosse uscito vivo da quei 55 giorni di pubblica agonia». Stavolta Montanelli si arrabbia sul serio: «Sta a vedere che adesso sono stato io ad ammazzare Moro. Abbiamo detto che Moro vivo sarebbe stato il peggior nemico della de. Altro che Cossiga». Lo scontro tra i due ospiti di «Babele» è al culmine. Ma si chiude il sipario sui due eterni «nemici»: Augias ha fretta di presentare un altro libro. Pierluigi Battista «Hai detto che sarebbe stata una jattura se il presidente democristiano fosse uscito vivo da quei 55 giorni di pubblica agonia e che Giangiacomo era solo un meschino» Adriano Sofri (a sinistra) nel salotto tv di Augias ha difeso la memoria di Giangiacomo Feltrinelli Montanelli (a sinistra) e Aldo Moro. Il direttore del Giornale è accusato di aver offeso lo statista de

Luoghi citati: Babele, Italia, Milano, Roma, Segrate