Scifo: siamo forti ma non lo sappiamo

Scifo: siamo forti ma non lo sappiamo Per l'italo-belga la classifica è bugiarda, al Torino manca solo un po' di convinzione Scifo: siamo forti ma non lo sappiamo «Non servono rinforzi: soltanto UMilan, a San Siro, ci ha sovrastati In carriera non ho mai visto una squadra così bersagliata da incidenti» TORINO. Madame Marie Pierre spingeva il passeggino, vuoto. Dietro, Vincenzo teneva in braccio la figlioletta che lo stringeva facendosi coccolare. Così ieri all'ora di pranzo la famiglia Scifo è rientrata a casa, nello stesso palazzo di via Cernaia dove ottantasei anni or sono venne fondato il Torino. Allora era la sede della birreria Voigt, i «cospiratori» si riunirono al secondo piano. «Ho saputo subito di abitare in un posto storico, il più storico, per il Toro. Mi ha fatto piacere». Stessa casa, una coincidenza. Ma dopo sei mesi si sente davvero granata? E' già l'ora di un bilancio. Possono sembrare pochi, sei mesi, però mi sono bastati. Merito dell'ambiente del Toro e della città. Rapporti umani molto piacevoli. In via Filadelfia ho trovato subito cordialità, e altrettanto presto mi ha toccato un coinvolgente spirito di gruppo. Per strada, molta simpatia e nessuna prevaricazione. Una città grande e bella, piacevole. E poi, sarà perché sono disponibile a parlare di calcio, nessun giornale ha messo il naso nei miei affari privati. Confesso che ero felice di venire in Italia ma ero prevenuto, dopo l'esperienza non troppo piacevole nell'Inter. Non so, forse ero troppo giovane. Ma adesso so che qui vivo benissimo. Meglio che ad Auxerre? Proporzioni, interessi e calcio diversi. Proprio ad Auxerre, comunque, mi sono reso conto di essere maturato. Vi ho trovato amici e gente che ti parla, ti interroga, senza malizia. So che hanno un po' di nostalgia di me, ne sono felice. Con l'allenatore Guy Roux ci sentiamo spesso, mi chiama o lo chiamo al telefono, ci scambiamo opinioni. Idem con i giocatori, il nazionale Martini soprattutto. L'Italia del pallone però non è la Francia. C'è bagarre sui trasferimenti prima di metà campionato... Non sono sorpreso. Quando ero all'Inter, a gennaio ho saputo che arrivava il tedesco Matthaeus, a marzo che mi avrebbero licenziato. Adesso aspetto senza nessuna paura, sto troppo bene in granata. Nessun problema per le chiamate del Belgio? Nessuno. I rapporti società-federazione sono chiari per le gare ufficiali, da discutere per il resto. Un esempio: so già che il 26 aprile salterò l'amichevole Belgio-Tunisia. Perché quella domenica ci sarà Torino-Milan. Troppo importante per noi. A San Siro, che bastonate. E' stata la sola partita di campionato nella quale ci siamo sentiti davvero impotenti. Il Milan è l'unica squadra che mi ha davvero impressionato. Quel pomeriggio ci siamo accorti subito che non si riusciva a giocare. Le ultime gare contro Ge¬ noa e Atalanta, delusioni. Solo per il risultato, che è importante ma non tutto. So bene che i tifosi ci chiedevano sei punti nel trittico che finisce ad Ascoli. Non prometto nulla neppure per domenica, dico solo che questo Torino vale più della classifica che ha. Il nostro posto non è questo. Vuol dire che vi manca qualcosa, evidentemente. Solo serenità nostra, di noi giocatori, un po' di esperienza, una logica maturazione come blocco. Questa squadra a mio parere non ha assolutamente bisogno di cambi per fare grandi cose a breve scadenza. Genoa e Atalanta, due vittorie possibili e sfumate. Non da adesso il Toro offre cedimenti nel finale. E' questione di mentalità. Siamo noi stessi a complicarci la vita. Ci sentiamo più forti, non perché ci illudiamo ma per la realtà del campo: andiamo in vantaggio ma non riusciamo a raddoppiare. Allora comincia l'ansia. Sta a vedere che questi ci buggerano. Mi metto in prima fila nell'autocritica. Ammetto che invidio molto la Juventus. Non gioca alla grande ma le basta l'I a 0 e lo sa proteggere sino alla fine. Domenica scorsa contro l'Atalanta gridavo da solo, in campo, sentivo che sarebbe finita male. Anch'io preda dell'ansia. Quando usciremo da questa situazione un po' assurda, i nostri problemi saranno finiti. Solo immaturità, allora? Calma, prendiamoci le nostre colpe ma ricordiamo gli infortuni a catena. Nella mia carriera non ho mai visto una scalogna del genere. Possono accadere incidenti anche grossi, assenze per due o tre mesi, ma in tal caso il tecnico studia alternative e la squadra assume una fisionomia diversa ma durevole. Nel Toro per mesi è stato uno stillicidio di guai, un alternarsi di assenze. Mondonico non ha mai potuto insistere su una formazione. Neppure ad Ascoli, con Martin Vazquez e Casagrande acciaccati. Bruno Perucca

Persone citate: Bruno Perucca, Casagrande, Guy Roux, Marie Pierre, Matthaeus, Mondonico, Scifo, Voigt