Cresce il deficit del Tesoro di Stefano Lepri

Cresce il deficit del Tesoro Cresce il deficit del Tesoro Preoccupanti i dati ufficiali relativi alla fine del mese di novembre Il fabbisogno finanziario dello Stato supererà i 150 mila miliardi ROMA. Il deficit cresce, l'Europa si allontana. E' ormai quasi certo che nel consuntivo del 1991 i conti dello Stato risulteranno migliorati solo di una frazione minima rispetto al 1990; anzi, togliendo gli anticipi di imposta, peggiorati. Quel «declino sostanziale e continuo» del deficit, richiesto entro il 1996 dagli accordi europei di Maastricht, per ora non è cominciato. La cifra finale del «fabbisogno finanziario dello Stato» per il '91 supererà quasi certamente i 150.000 miliardi, per sfiorare forse i 151.000. I dati ufficiali diramati ieri riguardano i primi 11 mesi: fino alla fine di novembre, nel conto riassuntivo del Tesoro, il disavanzo è di 138.850 miliardi. Le spese statali hanno raggiunto i 480.868 miliardi, le entrate sono state di 360.288, con uno sbilancio di 123.200 al quale va aggiunto un saldo passivo della Tesoreria di 18.270 miliardi. Rispetto allo stesso periodo del 1990, il disavanzo è in preoccupante crescita: più 12,7%. Nel mese restante, dicembre, lo sbilancio è stato invece contenuto da due entrate eccezionali, l'Invim straordinaria e l'anticipo del versamento Iva. Grazie ai circa 9000 miliardi ottenuti in questo modo, il deficit aggiuntivo di dicembre dovrebbe aggirarsi sui 12.000. La presumibile cifra finale di 150151 mila miliardi supera di poco quanto lo Stato ha speso, 144 o 145.000 miliardi, in interessi sui suoi debiti. Ciò significa che lo Stato spende, per ogni suo cittadino, circa 2 milioni e 600.000 lire in più rispetto a quanto dallo stesso cittadino riceve in tasse; che lo Stato trova questi 2 milioni e 600 mila lire essenzialmente prendendoli a prestito, dallo stesso cittadino, ad alti tassi di interesse; e che li impiega essenzialmente per pagare allo stesso cittadino gli in¬ teressi sui soldi che già gli deve. In questo circolo vizioso, il 1991 non ha portato i miglioramenti attesi. Il settimo governo Andreotti si era impegnato: 1) a far scendere significativamente il rapporto tra il deficit e il prodotto interno lordo, che nel '90 era del 10,8%; 2) a far scendere il deficit al di sotto della somma degli interessi pagati sul debito pubblico. Nessuno dei due obiettivi è stato raggiunto. Quanto al primo, ieri l'appena confermato segretario generale della programmazione economica, Corrado Fiaccavento, ha dichiarato che secondo le ultime valutazioni il rapporto tra deficit e prodotto interno nel '91 si aggira «sul 10,7%». La sola speranza di Fiaccavento è che la cifra del prodotto interno lordo '91 calcolata a settembre, 1.415.128 miliardi di lire, «sia sottostimata a causa dell'inflazione», risultata anch'essa (6,4% invece che 5,8%) maggiore del previsto. Con un prodotto lordo più alto, la proporzione del deficit risulterebbe un poco minore, e il suo miglioramento sul '90 apparirebbe meno insignificante. Si scenderebbe comunque al 10,6% o tutt'al più al 10,5%, mentre l'originario obiettivo del governo era il 9,9%. Secondo il ministro del Tesoro Guido Carli, la principale responsabilità del mancato raggiungimento degli obiettivi sta nelle entrate fiscali, inferiori alle previsioni; mentre le spese sarebbero all'incirca in linea. La previsione di entrata iniziale era di 388.000 miliardi. Nei primi 11 mesi il fisco ne ha incassati 323.400. A fine '91 si arriverà tutt'al più a 375.000 nonostante tre manovre fiscali aggiuntive nel corso dell'anno (telefonini, Invim straordinaria e acconto Irpef al 98%). Stefano Lepri

Persone citate: Andreotti, Corrado Fiaccavento, Fiaccavento, Guido Carli

Luoghi citati: Europa, Roma