Tutti eroi fino a Wayne

Tutti eroi fino a Wayne Lo spirito della cavalleria Tutti eroi fino a Wayne fi ON una delle sue frasi I epigrammatiche, Mark I Twain additò una volta il I i vero guaio per il Sud del -AAI suo Paese in una singolare identificazione: i sudisti credevano di essere degli eroi, dei cavalieri medievali, e di mettere in pratica i romanzi di Walter Scott. Il paradosso twainiano è assai più di una battuta ironica, e lo sta a dimostrare da un lato il bagaglio per così dire ideologico che permeò le motivazioni e gli ideali della Confederazione sudista, dall'altro la ricaduta romantico-sentimentale (Via col vento nelle sue varie incarnazioni) o epico-tragica (Gli invitti di Faulkner) della guerra di Secessione. L'intellettualità e l'establishment di «Dixie» non conoscevano Scott per sentito dire: lo leggevano con attenzione e con partecipazione, e non soltanto i romanzi, ma il singolare trattato del 1824, intitolato Chivalry, che di recente, a cura di Enrica Villari, è stato pubblicato in italiano da Boi 1 ati-Boringhieri, Cavalleria (e recensito in Tuttolibri). Aggiungiamo una precisazione. La riscoperta tutta particolare della cavalleria, il recupero moderno del mondo feudale, diventano una costante non secondaria in Inghilterra e negli Stati Uniti nell'Ottocento. Tanto per fare un esempio, nel 1825 un autore inglese di romanzi storici di gusto piuttosto corrivo, G. P. R. James, pubblicava a sua volta un trattato sulla cavalleria, con tanto di regole e di codici di comportamento, divenuto popolarissimo e letto avidamente proprio nel Sud degli Stati Uniti, un mondo, sotto certi aspetti, con alcuni caratteri feudali. Ma, come osservava Twain, i sudisti tentavano di mettere in pratica i principi di una cavalleria senza macchia e senza paura. Praticavano duelli per motivi in genere d'onore, e organizzavano tornei in costume secondo i modi descritti appunto da Scott e da James. Vediamo un caso storico, che si potrebbe leggere accanto alla descrizione di un non cruento torneo in occasione delle nozze di una gentildonna in Virginia, apparsa, sorta di cronaca sportiva, nello Herald di Norfolk nel 1857 (l'inizio asserisce: «E' un errore dire che l'età della cavalle ria è passata»). Dunque: nel 1806, Andrew Jackson, politico già di fama nazionale, futuro vincitore della battaglia di New Orleans e Presidente degli Stati Uniti, sfida a duello Charles Di ckinson, che ha sparlato di sua moglie, una affascinante divorziata. 11 29 maggio il duello ha luogo, e Dickinson, cui tocca sparare per primo, mira a un bottone dell'abito di Jackson che dovrebbe trovarsi in corrispondenza del cuore. Ma nel magro, allampanato Jackson, il bottone si trova all'altezza della spalla, ed egli rimase soltanto fe rito. Freddamente, puntò e colpì Dickinson, che morì poche ore più tardi. Scrive un testimone che il moribondo chiese: «Chi ha spento la luce?», mentre la moglie, incinta, tra le lacrime invocava da Dio pietà per il nascituro. La vicenda non macchiò la carriera di Jackson. Egli aveva difeso l'onore della sua donna e, secondo un altro commentatore, mostrato la sua virilità. Esattamente come i cavalieri di Faulkner, il colonnello Sartoris, che per un senso di onore cavalleresco continua a combattere e a uccidere. Naturalmente, esiste un rovescio della medaglia. La borghesia dell'età industriale reinventa la cavalleria per conferire un tocco di nobiltà alle proprie fortune materiali. Per questo si conferiscono croci di cavaliere che, dirà Vittorio Emanuele II, come un sigaro non si negano a nessuno. E un altro grande scrittore inglese, Charles Dickens, in un irresistibile capitolo del Pickwick racconterà del duello grottesco e mancato, quando un ufficiale oltraggiato scambia il candido signor Pickwick per il suo offensore, e il padrino, chiarito l'equivoco, consiglia di trovare comunque un duellante per non mandare a vuoto l'occasione. La cavalleria troverà i suoi adepti persino tra i radicali e i trasgressori, e lo confermano le avventurose vicende e la morte dell'onorevole Cavallotti, mentre la situazione beffarda e tragica del duellante mancato si incontrerà nel teatro pirandelliano, quando il marito tradito riesce con un trucco astuto a farsi sostituire e a mandare a morte il suo rivale. L'idealizzazione della cavalleria, i suoi nobili scopi, il suo interesse, si insegnavano ancora a scuola mezzo secolo fa, e forse ancor più di recente, e forse un fenomeno del genere va iscritto nei codici genetici della società. Per trovare il suo più rigido sconsacratore conviene però andare indietro nel tempo e fare la conoscenza dello shakespeariano Falstaff, il più moderno di tutti: «L'onore rimette a posto una gamba? No. Un braccio? No. Toglie il dolore di una ferita? No. Che cos'è l'onore? Una parola. L'onore è un emblema buono per i funerali. Perciò non fa per me». Così, nella prima parte dell'Enrico V, Shakespeare pare aver già sgombrato il terreno. Poi Scott riaprirà il discorso alle soglie di un periodo nel qua le l'onore e la cavalleria rientrano sinistramente in circolo. E alla fine arriverà, per la sanzione dell'immaginario, John Wayne. Claudio Gorlier sparare per primo, mira a un bottone dell'abito di Jackson che dovrebbe trovarsi in corrispondenza del cuore. Ma nel magro, allampanato Jackson, il bottone si trova all'altezza della spalla, ed egli rimase soltanto fe rito. Freddamente, puntò e colpì Dickinson, che morì poche ore più tardi. Scrive un testimone John Wayne e i cow-boys, moderni eroi cavallereschi John Wayne e i cow-boys, moderni eroi cavallereschi

Luoghi citati: Inghilterra, Jackson, New Orleans, Ottocento, Stati Uniti, Virginia