Il giallo dei Carretta si scioglie ai Caraibi

Il giallo dei Carretta si scioglie ai Caraibi Il giallo dei Carretta si scioglie ai Caraibi La polizia ha sempre pensato che fossero vivi Ma per l'azienda non sono scappati con la cassa PARMA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I Carretta sono vivi e si stanno godendo una decina di miliardi tra onde azzurre, palme e sabbia bianca dei Caraibi? La notizia non trova nessuna conferma ufficiale dagli inquirenti parmigiani, anche se magistratura, polizia e carabinieri la ritengono molto verosimile. «Per me l'ipotesi è accettabile - dice il sostituto procuratore della Repubblica Francesco Saverio Brancaccio, che ha condotto le indagini -. Lo dimostra il fatto che non ho mai aperto alcun procedimento per omicidio. Anzi: per la legge i Carretta sono liberi di tornare in Italia quando vogliono, senza subire alcun provvedimento. Nei loro confronti non c'è nulla». Il giallo legato alla famiglia è cominciato il 4 agosto del 1989, quando Giuseppe, 56 anni, cassiere della ditta Cerve, la moglie Marta Chezzi, 53 anni, ed il figlio Nicola, di 26 an- ni, dissero a parenti ed amici che partivano per una vacanza in Spagna con il loro camper. Una vacanza che si è trasformata in giallo e che con il passare del tempo ha alimentato prima allarme, poi dubbi, sospetti. Quattro giorni dopo anche l'altro figlio, Ferdinando, 29 anni, qualche storia di droga alle spalle, sparì dopo aver detto agli amici che sarebbe andato in Jugoslavia. Da allora dei Carretta non si è più saputo nulla. Mille le ipotesi: innanzitutto il rapimento, poi la strage. Infine la fuga con la cassa della Cerve, la ditta di cui l'uomo era cassiere. Subito gli inquirenti han battuto la terza pista con maggiore insistenza e con maggior fondamento. «Siamo sempre stati convinti che fossero vivi - dice Gennaro Gallo, dirigente della squadra mobile di Parma -. Sia in passato sia di recente, abbiamo allertato l'Interpool chiedendo un intervento. Da tempo sospettiamo che i Carretta si trovino nei Caraibi. In particolare abbiamo ricevuto segnalazioni che li indicavano in Venezuela». E il giornalista Rai Franco Di Mare ha fatto di più: ha trovato l'isola in cui la famigliola si starebbe godendo i miliardi altrui. Si tratta di Margarita, che si trova a trenta minuti di volo dalle coste del Venezuela. Secondo alcuni testimoni i Carretta vivono in una bella villa bianca all'ombra delle palme, Nicola viaggia su un fuoristrada giapponese nuovo di zecca e solca il mare con un jet-sky, la moto delle acque. Senza, è ovvio, alcuna voglia di tornare a casa, ad un'esistenza più grigia. Margarita è il posto ideale per nascondersi. Vi si può comprare un passaporto falso con diecimila dollari. Niente di meglio per rifarsi un passato. Anche il maresciallo Alfio Manoli, del reparto operativo Giuseppe Carretta e la moglie Marta dei carabinieri, che a lungo si è occupato della vicenda, sembra credere alla pista venezuelana: «Sappiamo che sono vivi. E da tempo sospettiamo si trovino in quella zona». Chi proprio non accetta questa ipotesi è Paola Carretta, sorella di Giuseppe. «Mancano prove oggettive - dichiara -. Ho sentito tanti forse e molti condizionali. Nessuno li ha ripresi o fotografati, nessuno insomma può dimostrare quello che dice con tanta sicurezza». Ha il volto sofferto, troppe volte si è detto sono vivi, troppe volte si è detto sono morti. Dalle sue parole traspare anche un certo risentimento verso il fratello. Se davvero fosse al caldo dei Caraibi, per lei sarebbe una soddisfazione ma anche una beffa. Intanto la Cerve, l'azienda vetraria dove lavorava Giuseppe Carretta, ha smentito ancora una volta che il fedele tesoriere sia fuggito con la cassa. Luigi Alfieri

Luoghi citati: Italia, Jugoslavia, Margarita, Parma, Spagna, Venezuela