Furtwangler l'opportunista

Furtwängler, l'opportunista Sachs replica alle tesi dello storico Prieberg che assolve il maestro Furtwängler, l'opportunista Con Hitler tiepida connivenza I sono molte cose da aggiungere all'articolo di M.A., «Furtwàngler? Mai come Hitler» [La Stampa, 10 gennaio), e più specificamente alla tesi sostenuta da Fred K. Prieberg nel suo libro Furtwàngler e il Terzo Reich: una prova di forza, che è il punto di partenza del reportage. Premetto che, pur essendo un biografo di Arturo Toscanini, ho molta stima per Wilhelm Furtwàngler ed anche comprensione per la difficilissima posizione in cui il direttore d'orchestra tedesco si trovò a partire dal 1933, quando i nazisti presero il potere. Furtwàngler non era né nazista, né antisemita, né tendenzialmente autoritario; tutto questo è fuori discussione. Ma non aiutiamo né lui né i posteri se diciamo delle mezze verità sul suo caso. Furtwàngler era idealista e, almeno culturalmente, nazionalista. In una lettera del gennaio 1946, Arnold Schoenberg, ripensando agli anni bui appena trascorsi, definì con insolita precisione e compassione l'atteggiamento politico di Furtwàngler: «Sono sicuro che non era mai stato nazista. Era uno di quei Deutschnationale di vecchio stampo dai tempi del Turnvater (Vegliardo della ginnastica) Jahn, quando si era nazionalisti a causa di quegli Stati occidentali che andarono con Napoleone. Era più una specie di nazionalismo da studenti...». Durante i primi anni del regime nazista, Furtwàngler cercò di asserire la-sua estraneità alla rozzezza dei nazisti e di riportare un po' di umanità alla loro politica culturale; purtroppo, alcuni dei suoi gusti estetici coincisero con quelli ufficialmente incoraggiati dai suoi avversari. Scrisse Alban Berg compositore di puro sangue «ariano» - in una lettera del 17 maggio 1933, a proposito dei festeggiamenti viennesi del giorno precedente perii centenario della nascita di Brahms: «Furtwàn¬ gler tenne il discorso principale, che mi lasciò depresso per tutta la giornata. Era un discorso d'ispirazione nazista sulla musica tedesca, la quale, egli lasciò intendere, aveva trovato il suo ultimo rappresentante in Brahms. Senza fare nomi, egli tradì tutta la musica post-brahmsiana, soprattutto Mahler e la generazione più giovane (come Hindemith). Non ci furono riferimenti di nessun tipo neanche all'esistenza della cerchia di Schoenberg. Era orribile dover sopportare tutto questo ed essere testimone dell'entusiasmo frenetico di un pubblico cretino. Cretino perché non si accorse come i Zieder corali a cappella di Brahms che seguirono dimostravano il nonsenso delle sciocchezze tendenziose di Furtwàngler». Berg, insomma, percepiva le idee di Furtwàngler come se fossero state dettate da Goebbels. Furtwàngler è stato giustamente lodato per il suo comportamento nel 1934, quando rassegnò le dimissioni come direttore stabile della Filarmonica di Berlino per protestare contro la messa al bando del Mathis der Molerai Paul Hindemith, colpevole soprattutto di essersi sposato con una ebrea (in un primo momento, però, anche Hindemith aveva flirtato col regime). Ma poi Furtwàngler riassunse quel posto, e vi restò praticamente fino alla fine della guerra. Non è che gli mancassero altre possibilità di lavoro: nel 1936, per esempio, i dirigenti della Filarmonica di New York, dietro consiglio del dimissionario Toscanini, lo invitarono ad assumere la direzione stabile della loro orchestra, allora al massimo dello splendore tecnico e musicale. Messo alle strette da Goebbels, che gli pose un autaut tra la Germania e l'America, Furtwàngler scelse la Germania. Anche questa scelta è comprensibile: era tedesco fino al midollo, e non si era mai trovato a suo agio negli Stati Uniti. Eppure il suo collega Fritz Busch, altrettanto «ariano», aveva pre¬ ferito uno scomodò esilio alla contaminazione nazista. Leggiamo nell'articolo che Furtwàngler ottenne che un professore ebreo della Filarmonica di Berlino fosse lasciato al suo posto. Ma fino a quando? Non oltre il 1938, scommetterei. E che cosa era successo, nel frattempo, ai tantissimi altri ebrei che facevano parte dell'orchestra fino al 1933? Leggiamo anche che Furtwàngler mantenne in carica la sua segretaria ebrea, Berthe Geissmar; non leggiamo, invece, che ci riuscì soltanto fino al 1935, quando la Geissmar dovette scappare. Vorrei sapere inoltre le date precise delle citate dichiarazioni di Schoenberg e di Max Reinhardt - profughi della prima ora, per così dire, dalla Germania di Hitler - che incitavano Furtwàngler a restare in patria per salvare il salvabile; probabilmente si tratta dei primi mesi di vita del regime, quando non si sapeva ancora se Hitler poteva restare a lungo alla cancelleria. E' risaputo che Furtwàngler, dopo il suo splendido debutto al festival di Bayreuth nel 1931, litigò con Winifred Wagner, l'allora direttrice del festival di Bayreuth e grande sostenitrice ed amica di Hitler, e che non vi tornò per il festival del 1933; ma vi tornò invece nel 1937, quando il festival era ormai diventato un rito nazista, almeno nelle forme (e nelle dittature il consenso formale conta almeno quanto quello attivo). E nell'anno successivo, subito dopo l'abbraccio fatale tra la Germania e l'Austria, Furtwàngler corse a Salisburgo, con una velocità veramente straordinaria, per occupare i posti appena abbandonati dall'antinazista Toscanini e dal perseguitato Bruno Walter. (A questo proposito, mi meraviglio che molta gente sia capace di indignarsi oggi nei confronti di quei musicisti ebrei o puramente antifascisti rifugiatisi negli Stati Uniti negli Anni Trenta e colpevoli di aver cercato, per circa un decennio dopo la guerra, di escludere dall'America Furtwàngler, il pianista Walter Giesenking e vari altri musicisti tedeschi, che avevano vis- suto e lavorato sotto i nazisti. Sarà stato pure un gesto controproducente, a lungo andare; ma vorrei che gli indignati si domandassero che cosa sarebbe successo a Toscanini, Walter, Artur Rubinstein e via dicendo se i nazifascisti avessero vinto la guerra). Si tratta, allora, di un Furtwàngler opportunista? In parte sì, anche se non si può paragonare l'opportunismo di Furtwàngler nei confronti dei nazisti a quello di alcuni dei suoi colleghi, come persino Karl Bòhm, un po' sempliciotto, per non parlare dei più sfegatati Clemens Krauss o Herbert von Karajan. Nell'interessante quanto deprimente catalogo della mostra «Entartete Musik» (musica degenerata), tenutasi a Dusseldorf nel 1988 per il 50° anniversario della «Notte dei cristalli», c'è una foto di Furtwàngler a colloquio con Richard Strauss all'apertura del Reichskulturkammer (la «camera della cultura» del Reich) il 15 novembre 1933. E' una foto significativa (ancor di più, forse, di quella di Furtwàngler che si inchina dal palcoscenico della vecchia Philharmonie berlinese per stringere la mano al Fùhrer), in quanto gli atteggiamenti politici dei due musicisti erano molto simili, allora: entrambi si sentivano, ed erano, al di sopra delle scemenze e delle violenze dei nazisti; tuttavia erano decisi a convivere come meglio potevano con i nuovi potenti. Ma i nazisti, per quanto stupidi, non erano inetti; cosicché, a noi posteri, quella convivenza non può che assomigliare alla connivenza. Invece di condannare o di perdonare, però, sarebbe meglio imparare. Harvey Sachs Wilhelm Furtwàngler, direttore d'orchestra della Filarmonica di Berlino durante il Terzo Reich. In alto Adolf Hitler