Il Verdone furioso
Il Verdone furioso Il Verdone furioso Ma il mio lavoro non è fatto per trenta mummie incipriate ROMA. Carlo Verdone all'indomani della prima del «Barbiere di Siviglia», che ha rappresentato il suo debutto come regista nel mondo della lirica, parla con calore e passione di questa discussa serata contrassegnata da molti applausi e qualche fischio. «Intanto va detto che sono orgoglioso di tutti i miei collaboratori che si sono mostrati umili, disponibili, gentili e molto mi hanno aiutato in questo mio debutto. Tutti, anche il maestro Bellugi, che avrà pure dato una interpretazione romantica dell'opera di Rossini, ma che va sostenuto perché ha fatto una scelta e l'ha mantenuta con coerenza. Poi va detto che sono soddisfattissimo di come sono riuscito a portare a compimento que¬ st'impresa che pochi tra i miei colleghi di cinema avrebbero avuto il coraggio di affrontare. Infine va detto che adesso, più che le critiche, aspetto il giudizio del pubblico. E veniamo ai fischi. Pochi e ben determinati, partiti da trenta persone individuabili, sistemate in un angolo, pronte a esprimere maleducatamente il loro dissenso comunque fosse stato lo spettacolo, solo per rompere le scatole. E' una tradizione della lirica questa di fischiare alle prime. Ma vedere che a farlo era un gruppo di vecchi frequentatori dell'Opera e di anziane signore incipriate, un gruppo di mummie, indifferenti e ostili per partito preso m'ha fatto male perché m'è parsa una prova di ingenerosità. Ingenerosità verso di me, e questo non importa, ma soprattutto ingenerosità verso Ramon Vargas, colpevole di non essere il tanto atteso Rockwell Blake che comunque verrà, e verso il direttore d'orchestra Bellugi, di cui non è stata condivisa la chiave interpretativa. E' per questo che alla fine, invece di uscire da solo in proscenio, ho preso per mano Bellugi e sono andato con lui a ricevere applausi e fischi. Ora di tutto questo a me, a noi, non ce ne frega niente: non è per questo pubblico che non vuole aiutare l'Opera di Roma ad uscire da un certo grigiore che abbiamo lavorato. Noi abbiamo lavorato per la gente comune, quella che non è melomane, non ce l'ha con il sovrintendente Cresci, ignora i giochi poh- tici. Quella che alla generale era in loggione, s'è divertita ed ha applaudito. Io ho accettato di provare a fare la regia di questo "Barbiere" perché vorrei che il mio nome tanto conosciuto per il cinema, servisse a portare in teatro proprio questa gente, restituendo all'opera il suo carattere popolare. Se le trenta vecchie cariatidi che hanno fischiato fossero sostituite col tempo, grazie ad operazioni come la mia, da trenta fruttaroli, meccanici, posteggiatori, operai, potrei dirmi soddisfatto. Qualcuno, l'altra sera, all'opera ce l'ho invitato io. Se anche uno solo decidesse di tornarci per suo conto potrei dire di aver raggiunto il mio obiettivo». Simonetta Robiony li regista Carlo Verdone con il soprano Sonia Ganassi chiamata a sostituire Anna Caterina Antonacci
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