Il vino-killer in vendita da sei mesi di Giuliano Marchesini

Il vino-killer in vendita da sei mesi Tolti dai supermercati i prodotti di un'azienda coinvolta, la Regione Veneto parte civile Il vino-killer in vendita da sei mesi Cresce la paura dopo il sequestro di 4 milioni di litri VICENZA DAL NOSTRO INVIATO Ce ne sono qui e là, sul mercato: bottiglie, bottiglioni, anche damigiane. In vendita nei supermercati, nei negozi di generi alimentari, nei ristoranti, nei bar e nelle osterie, quel vino al veleno che si produceva nelle cantine dove sono arrivati i carabinieri dei Nas. Adesso c'è gente che porta «campioni» alle Usi, per farli analizzare, mentre si cerca di recuperare il più possibile di quel vino killer. C'è la paura del vino al pesticida: quello che in termini scientifici si chiama «metil-isotiocianato». La sostanza provoca mal di testa, vertigini, difficoltà di respirazione, arrossamenti, tumefazioni, persino congiuntiviti. E si rischiano intossicazioni croniche. Ora chi teme il malessere, chi è colto dal dubbio dopo aver comperato una bottiglia senza aver badato troppo all'etichetta, e soprattutto senza aver fatto caso al prezzo basso. Il centralino della caserma dei carabinieri di Vicenza ieri era tempestato di telefonate, dopo la notizia dell'operazione. I carabinieri rispondevano: «Se avete timori, portate qui il vino che tenete in casa, o segnalate casi sospetti». E i Nas lanciavano l'avvertimento: «Non consumate vini Poli, Rampon e Chiarello». Intanto, la direzione centrale delle cooperative del Veneto ha dato disposizione di ritirare tutte le partite uscite dalla cantina dei fratelli Poli di Gambellara. Mentre l'assessorato regionale del Veneto all'Agricoltura annuncia che si costituirà parte civile al processo. L'indagine sul vino al veleno, condotta dal sostituto procuratore della Repubblica di Padova Antonino Cappelleri, è cominciata circa sei mesi fa. Infine si è arrivati al «blitz» che ha condotto al sequestro dei quattro milioni di litri. Ma dall'inizio dell'inchiesta al clamoroso intervento quanto vino adulterato è venuto fuori da quelle cantine, ed è stato distribuito? Non sarà facile rifare i conti, ripercorrere tutti i canali di distribuzione. Qualche chilometro prima di Gambellara, una delle zone più tipiche di produzione vinicola, c'è un cartello con una scritta: «Strada del Recioto». In mezzo, il marchio del consorzio di tutela dei vini doc. Ma poco più avanti c'è l'azienda dei fratelli Poli. Esce dalla palazzina una delle sorelle dei titolari, Regina. Suo fratello Giovanni è in carcere, per l'altro, Silvano, c'è un ordine di arresto, ma lui non si trova. «Noi - assicura Regina - non sappiamo dove sia Silvano. Era fuori per lavoro, non so quando tornerà». Poi racconta di quel che è successo in questa cantina: «La perquisizione l'abbiamo avuta sabato, dalle 11 e mezzo di sera alle 3 del mattino passate. Hanno voluto vedere se trovavano sostanze tossiche che potevano essere state utilizzate per i vini, ma qui da noi non hanno trovato nulla. In via cautelativa, hanno chiuso i cancelli. Resteranno chiusi fino a quando torneranno a fare altri accertamenti». Ancora Regina Poli. «Siamo sbalorditi, per tutto questo chiasso che si sta facendo. Noi sostanze tossiche non ne abbiamo mai impiegate, lo ripeto a tutti. Qui non si parla mica di zuccheri, lo sapete. Qui si parla di veleno, l'accusa è molto più grave». Regina sta per andarsene, poi toma sui suoi passi: «Sa che cosa le dico? Supponiamo che questa faccenda sia tutta una manovra. Perché ci sono personaggi che hanno interesse ad alzare il prezzo del vino, dato che in questo momento il mercato è in ribasso». Si allontana dicendo: «Noi siamo tutti fratelli giovani, pieni di volontà». E il fratello di Ennio Rampon, Armando, dice che anche loro sono «tutti onesti». «Trent'anni che produciamo vino: mai avuto guai». Ma nella zona tipica del vino esplode l'ira degli altri produttori, quelli onesti. Gianni Zonin, presidente del sindacato imbottigliatori dell'Unione Italiana Vini, sta festeggiando il compleanno con una tavolata di parenti, amici e collaboratori. Questa storia del vino al veleno lo inquieta non poco. Ma leva il bicchiere: «Faccio un brindisi al buon vino di qualità». Zonin ha anche un motivo di soddisfazione, tutto sommato: «Per l'intervento dei Nas, che hanno operato bene e stanno eliminando queste piccole sacche di sofisticazione in Italia. L'importante è non coinvolgere l'intero settore, i produttori onesti e tanti piccoli agricoltori che sacrificano la vita nella vigna». Zonin vuol anche fare un'osservazione che riguarda compratori e consumatori: «Bisogna comprare da produttori conosciuti. Soprattutto occorre diffidare di certi prezzi e di certe offerte speciali. Sotto un certo prezzo, sicuramente c'è un imbroglio. Io spero che, in fondo, questa sia una lezione che serva». Più in basso, a Gambellara, c'è la cantina sociale. Amarezza e rabbia per il presidente, Tonino Framarin. «Ci si domanda molte cose, davanti a vicende del genere. Io, per esempio, comincio col chiedermi come sia possibile che certe aziende continuino ad avere la licenza, anche dopo il ripetersi di determinate situazioni giudiziarie». Framarin resta sbalordito «per la quantità di vino sequestrato». «Quattro milioni di litri mi sembrano un'enormità, faccio fatica ad immaginarmeli mettendo insieme le quattro aziende in questione». A questo punto, raccomanda il presidente della cantina sociale, anche il consumatore deve imparare a difendersi. In un bar, in paese, un uomo manifesta la sua collera. E' un piccolo produttore. Parla in mezzo a un cerchio di amici: «Noi il vino lo facciamo con l'uva. Poco, ma buono. E adesso questa faccenda è un danno per tutti». Giuliano Marchesini Giovanni Poli, uno degli arrestati, e nella foto grande l'ingresso dell'azienda di Gianni Chiarello, dove è stato sequestrato il vino adulterato

Luoghi citati: Gambellara, Italia, Padova, Veneto, Vicenza