Dai Dodici un «sì» in ordine sparso di Fabio Galvano

Dai Dodici un «sì» in ordine sparso Slovenia riconosciuta a pieni voti, ma a Zagabria la Cee chiede garanzie sulle minoranze Dai Dodici un «sì» in ordine sparso Parigi ritarda lo scambio degli ambasciatori Atene teme l'indipendenza della Macedonia BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Messe da parte le divergenze che potevano comprometterne la compattezza, la Cee ha riconosciuto ieri i nuovi Stati indipendenti di Slovenia e Croazia; La decisione, sancita dalle capitali e concordata a Lisbona nel corso di una riunione del Comitato politico dei Dodici, rispetta la scadenza che la Comunità aveva fissato: il 16 gennaio. E' stata presa a poche ore dalla presentazione del rapporto Badinter - dal nóme del giurista francese che presiede la commissione d'arbitrato della Conferenza di pace - in cui si segnala la piena osservanza dei criteri Cee da parte di Slovenia e Macedonia (su quest'ultima, però, i Dodici non hanno ancora preso una decisione), mentre alla Croazia si chiedono ulteriori garanzie costituzionali per le minoranze. La spinta della Germania, che ieri è stata il primo dei Paesi Cee a formalizzare le relazioni diplomatiche con i due nuovi Stati, è valsa a far superare i residui dubbi di chi - Francia e Gran Bretagna - avrebbe preferito una situazione croata più chiara. La prudenza è stata sacrificata, secóndo alcuni, sull'altare dell'unità comunitaria; ma la «voce unica» dei Dodici, su cui ha insistito l'Italia, non impedisce dei distinguo. Parigi ha riconosciuto Zagabria, ma subordina lo scambio degli ambasciatori al rispetto croato dei requisiti ancora incompleti, Londra, senza dirlo, è sulla stessa linea. C'è anche un problema greco. Atene contesta il sì di Badinter alla Macedonia poiché teme rivendicazioni anche nella sua omonima regione. La Grecia non ritiene sufficienti le garanzie indicate nel rapporto, fondate sulla rinuncia macedone «a rivendicazioni territoriali» e sull'astensione di quella Repubblica «da qualsiasi atto di propaganda ostile nei confronti di un altro Stato». Non accetta la tesi di Badinter secondo cui «l'uso del nome Macedonia (Atene voleva che fosse sostituito con Skopje) non implica alcuna rivendicazione territoriale nei confronti di altri Stati». Ogni Paese Cee, a partire da ieri, è quindi libero di applicare gli opportuni strumenti per il riconoscimento di Slovenia e Croazia; e la processione (l'Italia ufficializzerà il riconoscimento oggi al Consiglio dei ministri), si è già avviata. Per la Macedonia, come per la Bosnia-Erzegovina che aveva avuto un responso negativo da Badinter, la dichiarazione diramata al termine della riunione di Lisbona precisa che «importanti aspetti devono ancora essere considerati prima che un analogo passo sia compiuto dalla Comunità e dai suoi Paesi membri». Per quelle due Repubbliche il riconoscimento dell'indipendenza è quindi rinviato; ma si presume che, almeno per la Macedonia e superate le perplessità di Atene, i tempi non saranno lunghi. Il rapporto Badinter, non vincolante ma ottimo viatico, precisa che Slovenia e Macedonia soddisfano «i criteri indicati». Invece la Croazia deve ancora «completare la sua legge costituzionale» sullo status delle minoranze; ma i Dodici hanno potuto procedere al riconoscimento croato in forza di una lettera del presidente Tudjman, in cui Zagabria precisa la volontà di «rispettare le disposizioni» della Conferenza di pace in merito alle minoranze. Per la Bosnia, dice il rapporto, non è confermata «l'espressione di volontà della sua popolazione»: l'intesa non è facile per quel miscuglio di musulmani, serbi e croati. Quella di ieri è una svolta forse decisiva nello sviluppo della crisi. Sancito dall'Europa il concetto che la vecchia Jugoslavia non esiste più, anche la Serbia ieri critica dell'azione Cee dovrà fare atto di realpolitik. Ma già si profila un difficile dibattito internazionale sulle frontiere dei nuovi Stati. Il rapporto Badinter precisa che i confini della Serbia con Croazia e Bosnia «assumeranno il carattere di frontiere protette dal diritto internazionale, in caso di accessione all'indipendenza, e non potranno essere modificate che attraverso un reciproco e libero accordo». Sono le vecchie frontiere, quelle che Belgrado contesta e che, con l'uso delle armi, ha modificato. Si riconferma quindi come essenziale la Conferenza di pace; e con essa la mediazione Cee. Fabio Galvano Ma le nuove frontiere della Croazia, divisa dalla comunità serba, sono ancora da definire Un croato sventola la bandiera Cee Sotto: la firma dell'ambasciatore tedesco che riconosce la Slovenia Zagabria, la prima ambasciata aperta è stata quella della Germania Responso rinviato per la Bosnia «Ci sono aspetti da definire»

Persone citate: Badinter, Tudjman