I morti elettorali del '48 di Cossiga di Lietta Tornabuoni

I morti elettorali del '48 di Cossiga I morti elettorali del '48 di Cossiga PPURE sarebbe stato possibile, quel che ha raccontato Cossiga sui gruppi armati democristiani a Sassari: alle prime elezioni politiche del dopoguerra, l'Italia da poco repubblicana davvero si spaccò in due, in un'atmosfera avvelenata. Nella primavera del 1948, l'intolleranza è davvero sanguinosa: a San Ferdinando di Puglia, mazzieri di destra uccidono quattro persone; a Som agi ia Lodigiana vengono ammazzati due ragazzi comunisti; ad Andria viene ucciso un propagandista democristiano; in Sicilia i capilega assassinati sono quattro. In tutto, undici morti preelettorali: i feriti e i malmenati non si contano neppure più. Alle frontiere con la Svizzera e la Francia si allineano le automobili dei ricchi che, a ogni buon conto, scappano. A ogni buon conto, il governo regala 5 mila lire ai pensionati, decuplica l'indennità di ufficiali e sottufficiali dell'esercito, moltiplica gli effettivi della polizia: erano 45 mila alla fine del 1947, nell'aprile 1948 sono 75 mila. Alcide De Gasperi è presidente del Consiglio, l'Italia è povera, le manifestazioni di disoccupati sono quotidiane, i giornali escono a un solo foglio, la pasta si compra con la tessera, per le strade di Roma mendicano diecimila accattoni: a Lucca viene arrestato il famoso «sbafatore notturno», un criminale che entra nottetempo nelje case senza rubare, soltanto per mangiare quel che trova. Il «Comitato di intesa» formato per impegnare i partiti a condurre la campagna elettorale pacatamente, civilmente, senza turbare la pace sociale e religiosa, non avrà il minimo successo. Padri e figli si picchiano, mariti e mogli s'insultano, amicizie si rompono, complotti di destra e piani eversivi di sinistra vengono scoperti ogni giorno, gli italiani d'America mandano telegrammi ai parenti invitandoli a votare contro il Fronte democratico popolare che unisce socialisti, comunisti e altri. La lotta si scatena violenta, estrema. «Se piove, andate a votare lo stesso: meglio un bagno di pioggia che un bagno di sangue», consiglia la propaganda democristiana, evocando pure la notte di San Bartolomeo, l'ultima Thule, il salto nel buio, il tutto per tutto, l'adesso o mai più. «Sempre col Papalino alla morte/che bella sorte/che bella sorte», cantano le figlie di Maria, men¬ tano tre i ragazzi socialcomunisti intonano «Oè, oè, oè/ con De Gasperi non si mangia». I comunisti, si scopre, hanno la coda, e i cosacchi abbevereranno presto i loro cavalli alle fontane di San Pietro. «Agli ordini del maresciallo Luigi Longo, truppe di shock si batteranno per la dittatura balcanica», prevede De Gasperi mettendo in guardia contro il totalitarismo bolscevico. I sovietici hanno eliminato con la violenza in Cecoslovacchia il governo democratico, agli slogan sulle «forche di Praga» c'è poco da replicare, ma Togliatti informa durante un comizio d'essersi fatto rinforzare con due file di chiodi la suola delle scarpe, raccomandando: «Dategliela voi col voto, a De Gasperi, la pedata che si merita». I leader della destra s'insolentiscono: «uomo schifoso», «ministro delle fregnacce», «volgare dissennato». Il partito socialista è già scisso. I demolaboristi del centro si dividono, una parte sta con la de, un'altra con il Fronte democratico popolare, maturi deputati dei due gruppi si sfidano a duello: Mole contro Noè, Cevolotto contro D'Agata, Simiani contro Lordi, Oliari contro mio nonno Dante Veroni. De Gasperi informa che se il Fronte delle sinistre vincesse «cesserebbero i rifornimenti americani di alimentari e materie prime»; i manifesti democristiani presentano un facsimile delle opere di Marx con l'invito «mangiatevi queste, e buon appetito»; i manifesti del Fronte popolare consigliano: «Prendetevi pane e pasta, poi votate per noi». «O con Cristo, o contro Cristo», proclama il Papa Pio XII nell'allocuzione pasquale. Gli ultimi comizi governativi accennano a «provvedimenti cautelativi da prendersi in ogni caso contro i comunisti». Non è il caso: conquistando la maggioranza assoluta, la democrazia cristiana va al potere e ci resta. Tra poco saranno quarantaquattro anni. Lietta Tornabuoni