Delitto di Balsorano Giallo al processo di Foto Ansa

Delitto di Balsorano Giallo al processo Falsa lettera accusa Michele Perruzza Delitto di Balsorano Giallo al processo L'AQUILA NOSTRO SERVIZIO Prima è stata colpita per quattro volte con una pietra appuntita alla testa e poi è stata strozzata. Così sarebbe stata uccisa la piccola Cristina Capoccitti di 7 anni, la sera del 23 agosto 1990 a Balsorano. La ricostruzione è stata fatta ieri mattina nell'aula della Corte d'assise d'appello dell'Aquila dal professor Silvio Merli, direttore dell'Istituto di medicina legale dell'università di Roma. Il superperito incaricato dalla corte è stato categorico: «Nessuna disgrazia, è stato un delitto in piena regola». Accusato dell'orrendo crimine è lo zio di Cristina, Michele Perruzza, che in primo grado è stato condannato all'ergastolo. Si è sempre proclamato innocente: «No, non ho ucciso quella bambina, le volevo bene». A farlo finire in carcere è stato il figlio Mauro, di 13 anni, che in un primo tempo si era autoaccusato, ma poi aveva ritrattato: «E' stato mio padre, l'ho visto mentre stringeva le mani al collo di Cristina». Il presunto assassino aveva però chiamato in causa il figlio: «L'ultima volta che ho visto Cristina in vita, era assieme a Mauro». I quattro colpi sulla fronte di Cristina sarebbero stati vibrati in rapida successione, con una scheggia di pietra che non è stata mai trovata. Esclusa così qualsiasi caduta accidentale della bambina sul masso dove è stata rinvenuta priva di vita. «Quel masso - ha sottolineato il perito non presenta spigoli così taglienti da provocare ferite come quelle che la vittima aveva sulla fronte». Il sasso insanguinato, trovato sul luogo del delitto, non sarebbe dunque lo stesso con il quale la bimba è stata colpita. Invece su quel sasso l'aggressore avrebbe bloccato il capo di Cristina per strozzarla. La morte sarebbe avvenuta in meno di sei-sette minuti. Ma le mani che con bestiale ferocia hanno stretto il collo di una inerme bimba, sono quella di Michele Perruzza? A questo interrogativo il perito non è stato in grado di dare una risposta. Non ha potuto neppure stabilire se sia stata strozzata con la mano destra o con quella sinistra: «Le mani - ha detto il superperito - lasciano solo segni, ma non delle impronte identificative». Poi ha rilevato che essendo la bambina in stato commotivo e di shock, non ha avuto alcuna reazione, per cui «l'aggressore non è stato indotto a serrare la presa e quindi determinare sul collo lesioni più profonde». Il processo è stato aggiornato al 21 gennaio. 1 difensori di Perruzza, ritengono ancora che «il masso trovato insanguinato e posto agli atti è quello che ha provocato le ferite alla testa di Cristina dopo una caduta accidentale». Così come continua a proclamarsi innocente Michele Perruzza, il quale ha decisamente smentito di essere l'autore della lettera di autoaccusa inviata al professor Merli. Questi l'ha consegnata al giudice, dicendo di averla ricevuta due giorni dopo aver incontrato in carcere il presunto assassino «per l'esame peritale sulle mani». La lettera risultava spedita da Cosenza. «Non ho mai scritto quelle cose» ha detto Perruzza. Quindi lo stesso presidente ha riconosciuto che si trattava di un falso: la calligrafia non coincideva con quella dell'imputato. Domenico Logozzo Michele Perruzza entra in aula per la ripresa del processo. In primo grado è stato condannato alla pena dell'ergastolo [FOTO ANSA]

Persone citate: Cristina Capoccitti, Domenico Logozzo, Michele Perruzza, Perruzza

Luoghi citati: Aquila, Balsorano, Cosenza, L'aquila, Roma