Poulet i libri e i loro segreti di Giovanni Bogliolo

Poulet, i libri e i loro segreti Il critico belga morto a 89 anni Poulet, i libri e i loro segreti CBORGES Poulet, maestro della critica novecentesca, è morto ottantanovenne a Bruxelles il 31 dicembre, ma solo adesso se ne è appresa la notizia. Non è la prima volta che l'uscita di scena di una personalità della cultura coincide con una delle pause di silenzio che le occasioni festive impongono al chiacchiericcio del villaggio globale. Stavolta però la distrazione e il silenzio che accompagnano la morte di Poulet hanno ragioni più profonde e non diverse da quelle che hanno relegato il suo pensiero e la sua opera in una zona elevata ma periferica della cultura mondiale, accessibile all'ammirazione e al rispetto, ma tenuta al riparo dal vivo del dibattito intellettuale. Di questo silenzioso commiato Poulet sarebbe d'altronde il primo a sorridere, così come sorrideva con signorile autoironia quando raccontava della sua carriera accademica prestigiosa quanto tardiva e girovaga (da Edimburgo a Baltimora, a Zurigo e a Nizza), della sua precocità di studioso oscurata a Liegi dall'esuberanza non soltanto intellettuale del suo coetaneo Simenon. Sapeva benissimo di essere un pensatore controcorrente, anzi contro tutte le correnti che si sono contese il monopolio culturale degli ultimi cinquant'anni. Poulet amava soprattutto la lettura, anzi una forma quasi mistica di lettura che non si è stancato di teorizzare e che realizza una vera e propria identificazione tra la coscienza dell'autore e quella del lettore. L'ha praticata per tutta la vita con inesausta giubilazione, unico lettore della biblioteca di Edimburgo sotto i bombardamenti, unico lettore delle 14.800 pagine manoscritte del Diario di Amiel; ma lettore sui generis, incapace di fermarsi sulla soglia delle bellezze formali di un'opera, inappagato fino a quando da esse non fosse riuscito ad arrivare alla particolare e irripetibile co- scienza che nell'opera si era manifestata. Per lui, una volta percepita questa verità intellettuale profonda, l'opera che ne custodiva il segreto poteva anche scomparire, purché lasciasse il posto a un'altra che all'insaziabile indagatore non avrebbe saputo tenere a lungo celati i connotati di un'altra coscienza. Si capisce che, muovendosi a questo livello, la ricerca di Poulet non si sia potuta incontrare e nemmeno veramente scontrare - con tutte quelle che hanno variamente caratterizzato il nostro tempo: strutturalismo anzitutto, ma anche marxismo, esistenzialismo, psicoanalisi. Anziché dibattere con chi alle forme voleva limitarsi, lui - convinto che «le forme sono fatte per essere succhiate: quando se ne è estratto il succo, bisogna buttar via la buccia» - ha preferito dedicare ogni sforzo alla definizione di questa preziosa sostanza interiore, coscienza strutturante dell'opera o, con una parola che aveva preso in prestito più da Bachelard che da Cartesio, Cogito. Dapprima ne ha studiato le coordinate temporali {Etudes sur le temps humain, 1950-'71), poi quelle spaziali {Metamorfosi del cerchio, Rizzoli, 1971), poi il modo che esso ha di prendere coscienza di sé (Entre moi et moi, 1977). Infine, nei tre volumi di La pensée indéterminée, usciti tra il 1985 e il '90, ha interrogato le manifestazioni primigenie di questa coscienza, quelle del pensiero senza oggetti, non ancora incarnato, privo cioè delle forme di cui è abituato a rivestirsi. Intento in questa impresa, non ha polemizzato né teorizzato; una sola volta lo ha fatto, e in modo magistrale, con La coscienza critica (tradotto l'ottobre scorso presso Marietti) non per confondere i fautori dei vari formalismi, ma per rintracciare anche nel loro atteggiamento qualche segno della stessa esigenza di interiorità che ha guidato il suo pensiero. Giovanni Bogliolo

Persone citate: Bachelard, Marietti, Simenon

Luoghi citati: Baltimora, Bruxelles, Edimburgo, Nizza, Zurigo