Tra alleanze e punture di spillo

Tra alleanze e punture di spillo Tra alleanze e punture di spillo Francesco e Giovanni, la strana coppia SPADOLINI E IL CASO GLADIO U N colpetto a distanza, l'altro ieri, sotto forma di comprensibilissima sciarada: «Diciamo che era un laico, un gran laico...». Però subito dopo, cioè ieri, la toccatina è stata mitigata da una precisazione: «Il senatore Spadolini non ha certo più responsabilità di tutti gli altri presidenti del Consiglio e ministri dell'Interno, degli Esteri e della Difesa». Il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, com'è noto, non ci sta a passare come l'unico responsabile della Stay behind. Solo che questa volta, per dimostrarlo, ha pensato di indicare - tra i tanti che sapevano - proprio il suo amico Spadolini. Costringendolo, e mentre esercitava le sue funzioni di supplente, a un'ulteriore precisazione. Amico? Mai come in politica questa parola sembra ammantarsi di paradossale genericità. Paradossale nel senso che fu Cossiga, nel marzo dello scorso anno, ad esternare la sua «personale amicizia» per Giovanni Spadolini, contrapponendola alle relazioni che aveva con «molti che pure militano nel partito in cui ho militato per anni». E adesso viene da chiedersi se quel sentimento, oltretutto certificato dal decreto di nomina a senatore a vita e accompagnato da un bigliettino che diceva «A Giovanni, con affetto. Francesco», esista ancora. O se invece si sia smorzato tra le inquietudini, le gelosie preventive e le ripicche di una guerra (anche istituzionale) di tutti contro tutti. Quesito senza risposta definitiva, per ora. Achille Occhetto, che come Andreotti, La Malfa, Amato, Gava e Mancino, ha incontrato ieri il presidente del Senato lo descrive «sereno e turbato al tempo stesso». Eppure bisogna riconoscere che da un po' segna «variabile» il termometri > dei rapporti tra Quirinale e Palazzo Giustiniani. «Variabile» con tendenza al peggioramento. Tutt'altro che ingenua - anche se non roboante come tante altre -, l'uscita cossighiana fa il paio con un'analoga, recente esternazione su un altro argomento delicato: Ustica. In ottobre accade infatti che Spadolini deponga alla Commissione Stragi. E dica: «Se dopo 11 anni non sono ancora note le cause dell'incidente, significa che ci sono state responsabilità anche politiche». Da Locamo arriva in giornata una secca (e anche un po' beffarda) replica di Cossiga: «Sono convinto che il presidente del Senato indicherà i responsabili sia all'autorità politica che a quella giudiziaria». Un brusco e a suo modo sorprendente «Chi sa parli». Proprio in quei giorni di autunno il presidente del Senato aveva inviato in dono al Capo dello Stato la copia numero 1 (delle 500 tirate per i tipi della Nuova Antologia) di una sua raccolta di ricordi autobiografici intitolata «Il capanno di Pian dei Giullari». Cortesia peraltro ricambiata con la nomina di Spadolini alla presidenza di quel Comitato scientifico al Quirinale che, per volontà di Cossiga, dovrà curare la realizzazione di una storia dell'Ar¬ ma dei Carabinieri. E allora? Allora tra i due ci sono spontanee, plateali gentilezze: in un dibattito nella sala Zuccari, per esempio, a Spadolini cade il microfono, e Cossiga, seduto in prima fila, si precipita ad aiutarlo («No, no, Presidente: ci manca solo questo!»). Ma anche punzecchiature: per dirne una, quella definizione di «supplente-nato» che inserita in una nota del Quirinale del dicembre 1990 sembra fatta apposta per essere letta in modo malizioso. Reciproca stima, duque, ma anche dissensi: netto quello di Spadolini sulla grazia a Curcio, interpretabile come «soluzione politica». Insomma, di tutto un po'. Amicizia a parte, il presidente della Repubblica considera la seconda autorità dello Stato «il miglior storico che abbiamo», «l'esponente della cultura laica liberale più avveduto», fino a definirlo, una volta, «il Moro laico». Questi l'ha ricambiato - soprattutto nei momenti difficili - con un doveroso silenzio tutto istituzionale. E spesso con una sottile, sotterranea opera di pacificazione. Davvero difficile disegnare i contorni di un rapporto iniziato 36 anni orsono e via via calibrato sulla base delle reciproche carriere, forse anche delle legittime ambizioni. Entrambi ministri, per la prima volta, nel governo Moro-La Malfa. Entrambi presidenti del Consi- Èlio e del Senato. Non sarà anno chiesto ad Occhetto che questa picconata serve per togliere Spadolini dalla rosa dei candidati al Quirinale? «La domanda è troppo diretta» ha sorriso il segretario del pds. E chissà se interrogato in modo più indiretto Occhetto avrebbe detto ciò che pensa. Filippo Cec carelli

Luoghi citati: Pian, Ustica