In queste stanze vive l'art nouveau
In queste stanze vive l'art nouveau Ferrara: l'estro dell'architetto Horta In queste stanze vive l'art nouveau 1FERRARA RA il 1958 e il 1963 architetti e intellettuali di tutto il mondo insorsero contro gli scempi che a Bruxelles si stavano perpetrando o progettando contro edifici di Victor Horta (18611947) che rappresentavano tappe miliari, prototipi, fondamenti del movimento moderno. Nel caso dell'Hotel Tassel, prima realizzazione in assoluto nel 1893 dell'Art Nouveau, la deprecazione del rifacimento dell'interno (delittuoso in quanto la coerenza organica fra struttura, ambiente, arredo era il fondamento stesso della rivoluzione modernista) valse almeno a salvare la facciata. Nel caso più grave della Casa del Popolo, la campagna internazionale non potè impedirne la distruzione nel 1965. Un risarcimento assai parziale offerto dalla cultura belga portò all'acquisizione da parte di uno dei 19 Comuni della conurbazione di Bruxelles, Saint-Gilles, della casastudio costruita per se stesso dall'architetto nel 1898-1901 e alla fondazione nel 1969 del Museo Horta. Da esso e dalla fondazione Delhaye a cui è affidata la gestione del Museo provengono i materiali della mostra Victor Horta, aperta fino al 10 marzo al Centro Attività Visive delle Gallerie Civiche del Palazzo dei Diamanti: disegni, mobili, lampade, metalli per decorazioni, balaustre, finiture di serramenti; e fotografie originali di edifici e di interni dallo studio Horta. Particolare pregio della mostra è la concentrazione espressiva data dal carattere monografico, tanto più evidente nel caso di Horta, la cui grande stagione creativa si addensa in un solo decennio a cavallo fra '800 e '900. L'intreccio fra la documentazione fotografica d'epoca, che ripropone ancora intatto e al livello nativo il geniale fascino di una delle capitali dell'Art Nouveau, i disegni di architettura, di decorazione, di mobili e i mobili stessi e i metalli, evoca con la massima efficacia quel senso globale e ottimistico della vita quotidiana «moderna» che ani¬ ma alla fine del secolo la borghesia progressista degli affari, delle industrie, delle libere professioni. E' la ragione simbolica per cui in tutto il mondo erano monumenti liberty le facciate delle prime autoofficine-autorimesse e dei primi cinematografi; e per cui la Torino del decollo elettrotecnico e motoristico chiama a operare nelle vie d'espansione, Cibrario, Francia, Galileo Ferraris, i Fenoglio, i Rigotti, i Velati-Bellini, i D'Aronco. Horta, che nel 1895 è contemporaneamente architetto della Casa del Popolo del Partito Operaio Belga (sede anche della II Internazionale) e della grande casa di Edmond Van Eetvelde, amministratore dello spietato sfruttamento coloniale del Congo per conto del «proprietario» Leopoldo II, è personaggio del tutto esemplare in tal senso. E lo è anche nell'impiego, nello stesso tempo «classico» (la grande tradizione del neogotico Viollet-Le Due e degli ingegneri inglesi, francesi, americani dell'800) e modernistico, del ferro, come struttura e come decorazione organica «a colpo di frusta». Vi sono straordinari disegni, in mostra, in cui solo l'etichetta - o la didascalia nel catalogo (Arcaedizioni, Amilcare Pizzi) permette di distinguere il progetto di vetrata dal tappeto, il fregio decorativo dipinto dalla modanatura di raccordo della colonnina in ghisa o dal ferro battuto di ringhiera, di cui è esposto uno stupendo esempio dall'Hotel Aubecq, altra inconsulta demolizione del 1950. Coerentemente, i mobili esposti precorrono assai più la compattezza organica e razionale del Jugendstil tedesco che non le scatenate fantasie fitomorfe e zoomorfe di Parigi e di Nancy. Sono anche esposte a Ferrara una lampada a stelo in rame dorato e una sedia presentate da Horta all'Esposizione internazionale di Arti Decorative di Torino nel 1902 e due foto originali di studio dei suoi complessi di mobili. Marco Rosei Alla Maison Tassel di Bruxelles particolare di un vano di scale su progetto dell'architetto belga Victor Horta
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