Mantegna, genio e antipatia

Mantegna, genio e antipatia La rassegna di Londra riscopre il «pittore misterioso» del Rinascimento Mantegna, genio e antipatia Première intemazionale con 150 opere rwy LONDRA 'Il UTTO è pronto a Londra 1 per l'arrivo dell'atteso, attesissimo ospite italiano, _*J Andrea Mantegna. Il suo nome spicca vistoso dalle pagine dei giornali e domina la maestosa facciata neorinascimentale della Burlington House. Qui, infatti, in questo palazzo sede della Royal Academy of Arts, si aprirà venerdì 17 la mostra dell'artista, un maestro che manifesti, locandine e programmi presentano e onorano con queste parole: Painter, Draughtsman and Printmaker of the Italian Renaissance, pittore, disegnatore e incisore del Rinascimento italiano. Il poliziotto all'ingresso della Burlington House già fa una previsione: «La gente farà la coda, attenderà, ne sono certo. Grande è la curiosità». Perché? Cosa ha acceso tanto interesse verso questa esposizione che, nei pronostici della stampa, sarà «l'avvenimento artistico dell'anno»? C'è un desiderio di scoperta, un'impaziente curiosità di conoscere finalmente questo artista che, a Nord delle Alpi, è tuttora un personaggio misterioso. Si sa che è stimato e riverito, si sa che per taluni è tra i pinnacoli dell'arte italiana, ma né l'uomo né l'artista evocano negli inglesi immagini limpide e precise. Certo, fra le glorie di Hampton Court, l'ex residenza reale a Richmond, vi sono le 9 tele dei Trionfi di Cesare ma, come altre opere di Mantegna, anche queste - cui egli dedicò ben dieci anni della sua vita, gli ultimi - esigono dall'osservatore raccoglimento, cultura e maturità. Si può dire di più: e cioè che non è una mostra per i soli britannici. La Royal Academy of Arts ricorda che l'ultima grande esposizione delle opere di Mantegna risale a ben trent'anni fa, a Mantova, terra d'adozione dell'artista, che vi giunse nel 1460 e vi rimase 46 anni, pittore' alla corte dei Gonzaga, fino alla morte, nel 1506. (Mantegna era nato nel 1431 a Isola di Carnira, presso Piazzola, e aveva imparato a dipingere a Padova, sotto la guida di Francesco Squarcione, che fu non soltanto suo maestro ma anche padre adottivo). A Londra affluiranno dunque artisti e critici da tutta Europa, fino al 5 aprile, quando la mostra varcherà l'Atlantico e, fino al 12 luglio, affascinerà gli americani dalle sale del Metropolitan Museum di New York. C'è voluta tutta la tenacia della Royal Academy londinese e del Metropolitan Museum newyorkese per realizzare questo Mantegna. Ben tre anni è durata l'impresa, con il continuo timore di un fallimento a causa dell'estrema riluttanza dei proprietari a prestare opere di tanto valore. A rendere possibile il successo ha contribuito, con quelle che la Royal Academy definisce «vitali garanzie finanziarie» e con altri aiuti, la Direzione attività culturali della Olivetti, il cui mecenatismo è da tempo conosciuto ed encomiato in tutto il mondo. Basti ricordare quattro iniziative. I Cavalli di San Marco, nel '79; il Crocifisso di Cimabue, nell'83; i Vetri dei Cesari, nell'83, e il Tesoro di San Marco, nell'84. Sarà dunque una première internazionale quella che la Royal Academy of Arts offrirà, nel suo spazioso e maestoso palazzo in Piccadilly (attenzione, non in Piccadilly Circus, la caotica piazza, ma nell'omonima bella via, che non è indicata dalla parola Street. Piccadilly e basta): saranno presentate oltre 150 opere del Mantegna, fra dipinti, disegni e stampe (numerose le sue celebri grisailles, monocromie a olio e tempera), con il posto d'onore riservato a otto delle nove magnifiche tele dei Trionfi di Cesare. Non è stato facile convincere la regina Elisabetta ad approvare l'uscita di questi capolavori da Hampton Court, ma l'Academy vi è riuscita. I Trionfi furono acquistati nel 1629 da re Carlo I e furono «salvati per la nazione» da Cromwell, che, colpito dalla loro bellezza, preferì vedere nelle immagini uno spirito repubblicano più che monarchico. Altre gemme. LAdorazione dei Magi, un prestito del Getty Museum, a Malibu, in California; Una Sibilla e un Profeta, che decora il Cincinnaty Art Museum; lo splendido Ritratto di un Uomo, vanto degli Uffizi, a Firenze, restaurato per lo show londinese, quel volto pieno di dignità e di vigore, che, fra il rosso della berretta e il rosso dell'abito, si staglia come la testa di una scultura. Ricorre spesso, questa parola, «scultura», nei giudizi su Mantegna. L'artista sembra dipingere sovente con lo scalpello, le sue tele, i suoi disegni, le sue stampe non seducono con le morbidezze, con le sensualità tipiche del nostro Rinascimento, ma si impongono per il loro rea¬ lismo, poetico sì, ma severo, intenso, coriaceo quasi. Jane Martineau, che della mostra è stata tra i più importanti organizzatori e ne ha curato il catalogo, avvisa: «Mantegna è un artista complesso, non è facile innamorarsene a prima vista, ci vuol del tempa^rima di apprezzarlo. Ma lo sforzo vale la pena». Un altro avvertimento, e ancora più austero, giunge dalla prefazione del catalogo, un pregevole saggio scritto da sir Lawrence Gowing, valente critico d'arte, poco prima della sua morte l'anno passato. «Mantegna è brusco e violento ed è reputato un pedante. Nei suoi quadri troviamo talvolta l'amaro riflesso di quel temperamento che lo rese ostico quasi quanto Caravaggio». E ricorda i molti critici e artisti, ultimo Bernard Berenson, che lo trovarono profondamente «sgradevole», un personaggio ispido e antipatico. Ma sir Lawrence Gowing aggiunge: «Nessuno però può dimenticarlo. Mantegna ha lasciato sotto la pelle dell'arte europea qualcosa di angoloso e di doloroso». E ancora: «Non c'era pietà in Mantegna. Nei suoi quadri il martirio più crudele non fa sperare né in promesse né in premi. Per Mantegna, la morte permea la vita: ed è il tema che lui affronta senza pause e senza turbamenti. La scoperta della morte nella vita accende le passioni più profonde di Mantegna. E' la medesima espressione di impietrita ostilità che riconosciamo sul suo volto». Ma la sua «grazia lirica» e la sua alta «consapevolezza sociale», virtù rara in un pittore rinascimentale? Sì, Mantegna ha queste doti: e sono questi contrasti, sovente indecifrabili, che fanno di lui un artista «misterioso». Sono mostre costose, queste, non c'è il pericolo che l'arcigno Mantegna deluda un pubblico in cui il binomio «Rinascimento italiano» desta immagini che, religiose o profane, sono baciate quasi tutte da luci calde o soavi? Jane Martineau ammette che un piccolo rischio c'è, ma aggiunge che vale la pena di affrontarlo. «Mantegna è uno dei grandi artisti del XV secolo. Ha creato paesaggi bellissimi, aveva la passione della prospettiva, ha fatto ritratti psicologici di straordinaria acutezza. Non basta. Mantegna aveva compreso la grandezza di Roma e della civiltà romana. Le sue creazioni archeologiche sono ricche di vera poesia». Mantegna, ci informano i biografi, pensava che il mondo fosse aspro e impietoso. A quanto pare, era un misantropo litigioso, collerico, ossessionato dal timore di essere truffato o derubato. Arrivò ad assoldare dei bulli per dare una lezione a due incisori che avevano plagiato un suo lavoro. Agli inglesi piacciono questi personaggi, la loro storia ne è piena. Questa simpatia per l'uomo renderà forse più facile l'incontro con l'artista. Mario Oriolo Collerico, litigioso, lo ossessionava il timore di essere truffato o derubato Una tempera su tela di Mantegna esposta alla Royal Academy: «Adorazione dei pastori» (1450-51) Accanto: un presunto autoritratto dell'artista ( 1490 ca.)