Olio, il magnifico stupìdo

Olio, il magnifico stupìdo Cent'anni fa nasceva Oliver Hardy: formò con Stan Laurei la più famosa coppia del cinema Olio, il magnifico stupìdo Fellini: «Amavo la sua faccia di bambino mangione» Il suo doppiatore Sordi: «Triste fine in povertà e solitudine» ce, più autorevole, e con quella faccia da bambino mangione». I loro imitatori sono stati innumerevoli, in palcoscenico, al cinema, in tv, ma anche nei teatrini d'oratorio o nelle feste di Carnevale. Pure Carlo Campanini e Carlo Dapporto, agli inizi, facevano in coppia l'imitazione di Stanlio e Ollio, e Alberto Sordi, doppiatore italiano di Oliver Hardy fino al 1950, ricorda: «Io cominciai a fare il varietà sfruttando la loro popolarità, che era immensa. "Ecco ora a voi, in carne e ossa, la voce di Ollio", era la presentazione mia, e con quella voce raccontavo quattro ARTE grandissima, due deficienti deliziosi con un'età mentale da bambini: però oggi non fanno 1 più ridere», dice Paolo Villaggio parlando di Stan Laurei e Oliver Hardy, Stanlio e Ollio, Crick e Crock, la coppia comica rimasta la più buffa. Oliver Norwell Hardy compirebbe il 18 gennaio cent'anni, era nato nel 1892 ad Atlanta, Georgia: non li compirà, morì nel 1957 a sessantacinque anni a Burbank, California, mentre il suo compagno se ne andò nel 1965. Soltanto fisicamente non ci sono più: oltre al pubblico vecchio e nuovo che li ama per sempre sugli schermi televisivi, il cinema non li ha dimenticati. Nel loro recentissimo Le comiche 2, Paolo Villaggio e Renato Pozzetto recitano nella divisa della Legione Straniera in uno sketch ricalcato su I figli del deserto, 1933: «E' un omaggio a Stanlio e Ollio, il più diretto nei due film di comiche che s'ispirano totalmente alla loro buffoneria. Pozzetto e io abbiamo persino stabilito un rapporto simile al loro: anche se tutt'e due siamo grossi, io sono il più tonto, quello che combina più guai, quindi Stan Laurei, mentre lui, più decoroso e comandante, è Oliver Hardy. Ma i nostri due modelli ormai non suscitano risate, come del resto Charlot: al massimo fanno sorridere, con quell'indulgenza e sufficienza intristite, intenerite, incuriosite, che si provano per i personaggi datati». Federico Fellini non è affatto d'accordo: «Ma come? Basta la loro semplice apparizione fisica a far ridere, a mettere di buon umore basta quella musichetta che li annuncia e precede. Datati? La grazia vera della comicità, che diversamente dalla satira non ha altro scopo che quello di farti ridere, è eterna». Un'immagine femminile Una coppia femminile LaurelHardy, ragazza magra e ragazza grassa travestite, compare nel suo film La città delle donne: «Verso la fine, quando Mastroianni si prepara ad affrontare sul ring l'ultimo scontro con le donne nemiche, tra tante apparizioni da incubo c'è anche quella. In chiave kafkiana, come un'immagine familiare ma alterata, irrisa, come un esempio del femminile invadente che s'impadronisce anche dei simboli più cari e intoccabili». A Fellini pare che Laurei e Hardy, «perfetta macchina di comicità», fossero inscindibili «Forse preferivo Ollio perché si voleva più mondano, più capa- ce, più autorevole, e con quella faccia da bambino mangione». I loro imitatori sono stati innumerevoli, in palcoscenico, al cinema, in tv, ma anche nei teatrini d'oratorio o nelle feste di Carnevale. Pure Carlo Campanini e Carlo Dapporto, agli inizi, facevano in coppia l'imitazione di Stanlio e Ollio, e Alberto Sordi, doppiatore italiano di Oliver Hardy fino al 1950, ricorda: «Io cominciai a fare il varietà sfruttando la loro popolarità, che era immensa. "Ecco ora a voi, in carne e ossa, la voce di Ollio", era la presentazione mia, e con quella voce raccontavo quattro o cinque barzellette: successo assicurato». Lo specialissimo doppiaggio della coppia, quel loro italiano malparlato come da un inglese o da un americano (con gli accenti spostati: stupido) fu unico al mondo, perché negli altri Paesi, dall'Egitto alla Francia dove il doppiatore di Oliver Hardy era Charles Boyer, i due parlavano normalmente. E fu dovuto al caso, racconta Sordi: uno dei primi film di Laurei e Hardy, Muraglie, 1931, venne doppiato negli Stati Uniti, utilizzando italoamericani che parlavano un italiano accentato che faceva ridere ancora di più; l'effetto comico era strepitoso ma eccessivo, si decise di limitarlo alla coppia protagonista; poi la Metro Goldwyn Mayer stabilì di ridoppiare tutti i film, promosse un concorso; vincitori risultarono per Stan Laurei Mario Zambuto, più tardi professore d'elettronica alla New York University, dotato d'un falsetto «che arrivava alle stelle», e il quindicenne Alberto Sordi, «con tutto che io allora studiavo canto, ero un basso, mentre Ollio era tenore». Quel tipo di doppiaggio non cambiò mai, e secondo Paolo Villaggio il pubblico italiano ha perso molto: «Nell'originale i due avevano voci e pianti da bambini, esili, irresistibili». Un'ammirazione senza confini seguita a circondare il Grasso e il Magro, detti in spagnolo El Gordo e El Flaco: inventa nuove analisi sofisticate, nuove gratitudini per i due comici prediletti da Mussolini, interpreti di centocinque titoli tra i quali ventisette lungometraggi, comparsi insieme sullo schermo per l'ultima volta nel 1952 in un fallimentare film italofrancese di Leo Joannon interpretato a Parigi insieme con Fernandel e Walter Chiari, intitolato Atollo K. Osvaldo Soriano, lo scrittore argentino che ha dedicato alla coppia lo struggente romanzo Triste, solitario y final e alcuni saggi, è forse l'intellettuale che ne ha amato di più il «crescendo di distruzione spettacolare», l'«ingenuità impossibile», l'anarchia da professori (o scolari) del disastro, la malinconia: Ollio gli piaceva come «un bambino maleducato, dalla faccia rosea e dallo sguardo ombroso», Stanlio «puliva le gag come si fa con le perle». Per Ado Kyrou, l'autore francese de Le surréalisme au cinema, Laurei e Hardy sono «espressioni perfette dell'onirismo cinematografico». Alberto Moravia ammirava la loro forza nel trasformare gli ambienti: «Si muovono sempre in luoghi frusti, in brutte stanze o in strade squallide, su fondali di povertà assoluta: ma grazie alla loro comicità surreale anche una palizzata o un cagnolino diventano strani, metafisici». Più lambiccato, Jean Sieff, autore francese de Le masochisme au cinema, sostiene che Stanlio e Ollio «rappresentano l'espressione comica perfetta dei rapporti dominante/dominato nell'ambito omosessuale», e ne cita le testimonianze. Eccoli in una classica esibizione di travestitismo umiliante in That's My Wife, 1929, con Ollio che costringe Stanlio a farsi passare per sua moglie, e che lo fruga indiscreto sotto gli occhi di tutti mentre ballano in un locale notturno. Eccoli in una tipica situazione di masochismo servile in Another Fine Mess, 1931, con Stanlio in crestina e grembiule di raso nero da cameriera, che è al servizio di Ollio e mostra un palese gusto per la sottomissione. Eccoli coinvolti in varianti di masochismo puerile in Brats (I monelli, 1930) dove si sdoppiano in due padri e due loro figli identici in calzoni corti o vestiti alla marinara, oppure nei tanti film in cui le loro mogli violente, urlanti, dispotiche come mamme cattive o come personaggi da fumetto li picchiano con scope e padelle, li costringono a cucinare, li cavalcano imperiosamente tenendoli per i capelli, o semplicemente gli sparano. Tra le due star della Hollywood di Charlot, Shirley Tempie e Tarzan, di Greta Garbo e Topolino, di quella che Salvador Dali chiamava «l'epoca grandiosa del cinema isterico», Oliver Hardy era il più imitato: parevano facili da copiare il suo modo innervosito e frivolo d'agitare la cravatta nei momenti di imbarazzo, il suo modo rabbioso di avvitare il pugno chiu- so accompagnandosi con un mugolio in crescendo esasperato, il suo modo civettuolo di salutare facendo sfarfallare le dita grassocce, l'espressione fissa, costernata e incredula con cui al termine di avventure rovinose, caduto, strapazzato, sconfìtto, guardava direttamente nella macchina da presa come a chiedere conto agli spettatori dell'ingiustizia del mondo. Tra i due, messi insieme per la prima volta nel 1926 dal produttore Hai Roach, Oliver Hardy era il più spensierato: giocava a golf e a poker, mangiava senza freni sapendo bene quanto dovesse alla obesità sorniona e prepotente, si portava a letto le attrici. Era il più ribelle alle regole della Mgm, che li affittava anche alla pubblicità e pretendeva che la loro immagine restasse asessuata e senza scandali al punto da proibire che apparissero in pubblico con le vere mogli (giudicate troppo carnali) e da fornire invece comparse-mogli più adeguate. Figlio d'un avvocato e destinato pure lui a uno studio legale, Ollio aveva invece cominciato a esibirsi negli spettacoli sui battelli fluviali, aveva cominciato a recitare per il cinema negli studi Lubin in Florida, era stato anche regista di alcuni cortometraggi di Ridolini. Con Stan Laurei ebbe un successo internazionale sterminato: erano la prima immagine del comico parlante, la coppia sonora che riportava l'universo al caos primigenio, una fonte d'allegria infantile per miliardi di persone al mondo. Schiacciati dai Marx La seconda guerra mondiale non era ancora finita, e già venivano quasi rifiutati da Hollywood, schiacciati dal crescente successo dei fratelli Marx e poi della coppia Abbott Costello, Gianni-Pinotto. La loro fine in solitudine, paralizzati e poveri, fu straziante. Alberto Sordi ha raccontato un pranzo con Oliver Hardy a Roma, nel 1950, dopo uno spettacolo per bambini organizzato dal Comune di Roma a Villa Aldobrandino durante il quale dietro un telone lui e Zambuto recitavano battute e barzellette, mentre Crick e Crock facevano le mosse in palcoscenico: «Ollio era rammaricato perché l'America non li voleva più, perché di tutti i soldi incassati vendendo i film alle televisioni a loro non toccava mezzo dollaro. Era triste». Lietta Tomabuoni Stan Laurei e Oliver Hardy in panni d'epoca in una delle loro performances più divertenti: «Fra' Diavolo» del 1933 Alberto Sordi quando doppiava Ollio. Sotto: Fellini. Accanto alla foto centrale: «Gas esilarante» del 1928 Fellini: «Amavo la sua faccia di bambino mangione» Il suo doppiatore Sordi: «Triste fine in povertà e solitudine»