Golfo, un anno dopo Non fu guerra inutile di Aldo Rizzo
Golfo, un anno dopo Non fu guerra inutile r- OSSERVATORIO Golfo, un anno dopo Non fu guerra inutile u. N anno fa come oggi mancavano due giorni alla scadenza dell'ultimatum dell'Onu a Saddam Hussein. Il 16 gennaio scattò l'operazione «Tempesta nel deserto». La guerra del Golfo. 11 rapido successo della coalizione antiirachena, voluta e guidata dall'America, sotto l'egida delle Nazioni Unite. Un trionfo per Bush. Un anno dopo, molti entusiasmi di allora si sono rivelati eccessivi. Saddam Hussein, nonostante la disfatta militare, è rimasto al potere a Baghdad. Il Kuwait, per la cui indipendenza fu fatta la guerra, è tornato al regime degli emiri, deludendo le attese di una svolta democratica. Il Libano è diventato un protettorato siriano, come prezzo della partecipazione dell'ambiguo Assad all'alleanza anti-Saddam. Più generalmente, il «nuovo ordine internazionale» è di là da venire, e anzi il quadro mondiale si è fatto molto confuso. E in America Bush è alle prese con seri problemi di popolarità e d'immagine. Dunque una guerra per niente? Ora c'è chi lo dice. Ma non è vero. Anche se la storia segue percorsi spesso diversi da quelli immaginati o auspicati, alcuni risultati essenziali restano acquisiti. Se Saddam Hussein è rimasto al potere, protetto da una schiera compatta di pretoriani (ma non dalle forze armate tutte intare), è perché l'America decise consapevolmente di non portare le sue truppe a Baghdad, restando nei limiti del mandato dell'Onu. Ma l'Iraq, il Paese più aggressivo del Medio Oriente, è stato drasticamente ridimensionato e ha perso ogni influenza politica nella regione. La solidarietà, per relativa che fosse, della coalizione anti-irachena, e il responsabile comportamento di Israele durante il conflitto, hanno reso possibile l'avvio del processo di pace arabo-israeliano. Per ora, solo un avvio, ma è una novità storica. Quanto al Libano, non c'erano alternative realistiche all'influenza siriana. L'Onu ha acquistato un ruolo che non aveva mai avuto prima. Non è diventane diventerà, l'abbozzo ■ avut< | ta, n di un governo mondiale, secondo le speranze dei più ottimisti, ma ha fornito concordemente le linee-guida della guerra, cioè della risposta della comunità internazionale all'invasione del Kuwait. Certo, in seguito all'evoluzione e poi alla trasformazione dell'Unione Sovietica, che ne aveva paralizzato l'azione in passato; ma il comportamento del Consiglio di sicurezza durante tutta la crisi del Golfo è diventato un modello per il futuro dell'Organizzazione. Che dovrà adeguarsi ai molti cambiamenti intervenuti nel mondo, però conservando lo spii'ito unitario. Nel Kuwait, le speranze democratiche sono andate finora deluse, ma non ci sono Paesi davvero democratici nel mondo arabo: come ora si vede anche in Algeria. Ciò che importava era ristabilire la legge internazionale, riaffermare il principio che l'aggressione non è tollerata. E questo è stato fatto con tutta la determinazione necessaria. Non è nato il «nuovo ordine internazionale»; ma nessuno ha mai potuto pensare che esso fosse altro che un «work in progress», il lavoro almeno di una generazione: o meglio un traguardo al quale aspirare. Specie ora che un grande fatto positivo, il crollo del comunismo, si è tramutato in un grave fenomeno d'instabilità, che non sarà facile tenere sotto controllo. E tuttavia ci si prova, proprio sapendo che il mondo è ormai un sistema globale, nel quale non si può restare indifferenti a quanto accade in qualunque suo angolo. Così la guerra del Golfo resta, nonostante tutto, uno spartiacque della nostra storia recente. E restano i meriti di Bush, quali che siano i suoi problemi presenti e futuri, dentro l'America. Aldo Rizzo UjO^J
Persone citate: Assad, Bush, Saddam Hussein
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