Violentò 13 donne Era consapevole?

Violentò 13 donne Era consapevole? Scontro di periti psichiatri sulla responsabilità del «sosia» Violentò 13 donne Era consapevole? Scontro di periti al processo davanti al gip Oggè contro Marco Di Pascale. Il terzo uomo dell'enigma del sosia ha ammesso di aver violentato, tra il febbraio '88 e il luglio '89, tredici giovani donne. Per il consulente dell'accusa Enzo Bosco l'imputato, quando aggrediva e stuprava, aveva una capacità psichica grandemente scemata: era capace di intendere ma non di volere. Si rendeva cioè conto del disvalore sociale delle sue azioni ma non riusciva a frenare i suoi istinti. E', quindi, un seminfermo di mente. Per il consulente della difesa, professor Alessandro Meluzzi, Di Pascale non era neppure capace di intendere. Soffriva di disturbi di adattamento. Quando commetteva le violenze si trovava in uno stato di coscienza alterato. Non riusciva a dormire, qualcosa lo spingeva ad uscire, lo costringeva a seguire la ragazza. Poi aggrediva, ma in quel momento era in uno stato quasi ipnotico, «sognante». La conferma, secondo il consulente del difensore avvocato Pesa- vento, sarebbe stata fornita dalle stesse vittime che hanno sempre parlato di un giovane che sembrava un sonnambulo, con uno stato di coscienza alterato. Il professor Meluzzi ha definito «vischioso» il comportamento dell'imputato, nel senso che non prediligeva l'approccio violento con le donne, ma piuttosto cercava di sedurle, si confidava, chiedeva scusa. Diametralmente opposta la tesi del professor Mario Ancona, consulente per le quattro donne che si sono costituite parte civile con gli avvocati Paolo Chicco, Maria Grazia Pellerino e Toroddo. Il commerciante di mobili per ufficio, secondo il perito, era del tutto capace di intendere e di volere. Si rendeva perfettamente conto del disvalore sociale delle sue azioni, tanto è vero che chiedeva scusa e cercava comprensione nelle vittime. Marco Di Pascale poteva soffrire di disturbi della sfera sessuale, di sadomasochismo o altro, ma questo non significa affatto che fosse un malato. L'im- putato, secondo il perito, è un cosiddetto soggetto «border-line», un caso limite sul confine tra normalità e patologia, ma non un malato. Di Pascale ha seguito le discussioni tra gli esperti con sguardo assente, tenendosi la testa tra le mani. Alla fine dell'udienza ha chiesto ancora il rito abbreviato che gli porterebbe lo sconto di un terzo di pena. Il gip Oggè deciderà sabato prossimo, a meno che, proprio per il forte contrasto tra gli esperti, non ritenga di rinviare tutto al tribunale al quale toccherebbe poi di ordinare una superperizia che elimini ogni dubbio. Marco Di Pascale