Fitzgerald e Zelda torbida è la notte

Fitzgerald e Zelda torbida è la notte Nelle lettere di lei, pubblicate ora in America, il dramma della celebre coppia, dal successo alla follia Fitzgerald e Zelda torbida è la notte mrjEL 1930 Francis Scott n Fitzgerald riceveva que 1 sta lettera dalla clinica 1 psichiatrica Prangins di A-ilNyon in Svizzera: «Mio carissimo e eccellentissimo Monsieur, abbiamo qui una maniaca che pare sotto l'influsso di aberrazioni erotiche che hanno lei per oggetto. A parte questo è una persona di eccellente carattere, desiderosa di lavorare, accetterebbe un salario simbolico durante l'apprendistato. Pelle chiara, occhi verdi, cerca giovane raffinato del suo tipo con intenzioni di matrimonio. Precedente esperienza non richiesta. Amante della vita domestica e splendido cucciolo da tenere in casa. Segnata dietro l'orecchio sinistro da una leggera tendenza alla schizofrenia». Così Zelda Fitzgerald scriveva al marito dalla Svizzera dopo il suo primo collasso nervoso a trent'anni, e proseguiva con una nota di apprensione: «Pensiamo sia opportuno avvertirla che la suddetta paziente è la migliore al momento nella classe degli irresponsabili, e non vorremmo che le accadesse alcun male. Sembra soffrire in modo acuto di una grande passione...». Un amore assoluto e disperato che l'aveva portata alla follia. Morbosa rivalità Tutto era cominciato dieci anni prima, quando la bella dell'Alabama Zelda Sayre aveva sposato il promettente scrittore Francis Scott Fitzgerald. E anche il libro che oggi raccoglie le opere complete di Zelda Fitzgerald (un romanzo, una commedia, alcuni racconti e articoli e 26 bellissime lettere), pubblicato negli Stati Uniti da Scribner's sotto la guida dello studioso Matthew Bruccoli, comincia proprio allora, nel 1920, e copre un arco di tempo che arriva al 1934. Quattordici anni di esperimenti letterari intermittenti, condizionati da una morbosa rivalità tra i due scrittori che si sostengono a vicenda, ma si accusano anche l'un l'altro di plagio, sottraendosi taccuini, lettere e diari, in una struggente (per lei) e implacabile (per lui) ricerca della propria identità nella coppia e nell'universo artistico. Sono anni che ribollono prima di champagne e poi di disperazione, quando la bionda e diafana Zelda che aveva dato un volto e un corpo alle eroine di Belli e dannati, Il grande Gatsby, Di qua dal paradiso, sarà colpita dall'infermità mentale e condannata a peregrinare da una clinica psichiatrica all'altra, fino ali orribile morte avvenuta nel 1948 nell'incendio dell'ospedale dove era ricoverata. Francis Scott Fitzgerald dopo un folgorante successo e un altrettanto rapido declino era morto otto anni prima a Los Angeles, a quarantaquattro anni, dimenticato, povero e alcolizzato. E se questa non è, nelle parole di Ford Madox Ford, la storia più triste che abbiate mai sentito, è certamente una storia irresistibile di fama, di successo, di bellezza, di viaggi e di ricchezza, di alcol, di amore, di vizi e tradimenti, di disincanto e di fallimenti. Sappiamo davvero tutto di essa? Persino in questo ingiudicabile libro - scritto a due, a quattro, a quante mani? - Zelda resta una figura misteriosa, lucente e impalpabile come l'eroina di un suo racconto, che «sembra essersi materializzata dal vapore del latte caldo». Zelda Fitzgerald arrivò alla letteratura dopo avere provato la pittura e la danza, studiando con tanto fervore (si innamorò della sua insegnante di balletto russo a Parigi) da ottenere una scrittura dall'Opera di Napoli nel 1930, poco prima del suo collasso nervoso. Quando i medici le proibirono per sempre di ballare si mise a scrivere, e infine tornò nuovamente alla pittura. Oggi che tutti i suoi quadri sono andati perduti o distrutti, non restano dunque che i suoi scritti a rivendicare per lei una dignità artistica che pare, per assurdo, impossibile decifrare. Secondo l'autorevole curatore del libro, Matthew Bruccoli, Zelda «scriveva come nessun altro. E' un peccato che le condizioni in cui fu costretta a lavorare [di infermità mentale] le impedirono di fare maturare il suo talento». Per Mary Gordon invece, che ha firmato una lunga introduzione al libro, le associazioni stravaganti delle pagine più ardite di Zelda rivelano una tecnica appresa dai surrealisti, molto più moderna di quella «biblica» usata dal marito. Quando Zelda mandò all'editore di Scott il suo romanzo autobiografico, Save me the Waltz, riserva il valzer per me, scritto a rotta di collo in due mesi nell'ospedale psichiatrico senza farlo leggere al marito, l'ira di Scott lo portò a scrivere all'editore: «Questo miscuglio di fatti e invenzione è calcolato per rovinarci entrambi, e non posso permetterlo... Mio Dio, i miei libri hanno fatto di lei una leggenda e il suo unico obiettivo si rivela in questo esile ri¬ tratto (del protagonista) che fa di me una nullità». Fitzgerald accusava Zelda di avergli rubato il materiale, forse addirittura gli appunti, che lui stava usando per Tenera è la notte. E lei gli rispondeva dalla Svizzera: «Scott, ti amo più di ogni altra cosa al mondo e se ti ho offeso ne sono mortificata», ma aggiungeva anche con candore: «Temo che abbiamo usato lo stesso materiale». Più che una promessa, come vuole Bruccoli, o un uso sapiente della tecnica di composizione surrealista, il romanzo sembra mettere in luce il disordine mentale di una donna dotata di talento, capace di descrizioni inconsuete come pennellate di colori stridenti e di brillanti associazioni di idee che stupivano e piacevano a un critico sofisti¬ cato come Edmund Wilson. E' chiaro che in questa coppia di rivali letterari la maturità apparteneva ad uno solo, ma quanto regalò, e quanto sottrasse Zelda Fitzgerald al marito? In un articolo che pubblicò su Belli e dannati nel 1922, esortando i lettori a comprare il libro perché aveva visto in una vetrina della Quarantaduesima Strada un incantevole vestito color oro che costava 300 dollari - e inoltre Scott aveva bisogno di un cappotto nuovo - Zelda scriveva: «Mi sembra di avere riconosciuto in una pagina parte di un mio vecchio diario che era misteriosamente scomparso dopo il matrimonio, e anche delle lettere che, sebbene ritoccate, mi suonano vagamente familiari. Sembra che Mr. Fitzgerald - si scrive così, no, il suo nome - creda che il plagio cominci a casa propria». Dopo la burrasca coniugale causata dal «plagio» di Save me the Waltz, dopo due collassi nervosi di Zelda, e mentre la loro unione stava andando in pezzi, Scott proibì a Zelda di usare il materiale che lui teneva in serbo per Tenera è la notte: cioè, semplicemente, le loro vite. Se poi voleva scrivere una commedia, non doveva toccare la psichiatria, la Svizzera (dove era stata ricoverata) e la Costa Azzurra, inoltre lui stesso doveva approvare il soggetto. Zelda reagì all'intimidazione scrivendo e mettendo in scena la commedia Scandalabra a Baltimora, senza permettere a Scott di intervenire che il giorno della prova generale, e senza avere letto il testo. Lui si disperò tan- to per l'insensatezza dell'opera e la sciattezza della messinscena che lavorò tutta la notte con gli attori per cercare di renderli accettabili. Ma le critiche non mentirono. Nei racconti invece le loro firme si accostano e si sovrappongono senza sfidarsi perché Zelda sa che nessun giornale è disposto a dare a lei quello che pagherebbe per un racconto di Scott, e le servono i soldi per le lezioni di danza. Ma questa sovrapposizione dei loro nomi, e la stessa prosa distaccata dei racconti che trova a volte una strana consapevolezza virile, rende ancora più difficile il problema della loro attribuzione. Un amore sconvolgente Nelle lettere invece, gli unici scritti che con certezza assoluta non possono che essere suoi, Zelda incanta il lettore con la sua disperazione gentile, il suo appassionato desiderio, e un amore sconvolgente, sperperato a piene mani senza orgoglio. «L'amore è amaro ed è tutto quel che abbiamo, e il resto è per chi mendica emozioni, per chi si eccita con le cartoline sconce», scrive a Scott in un momento di lucido sconforto. Ma una telefonata di lui, un complimento riferito a qualcosa che lei ha scritto possono d'un tratto riportarla alla gioia infantile della sua dorata giovinezza. Allora il futuro sembra non avere esaurito le sue promesse: «Hai sempre avuto tanta comprensione per chi era costretto a ricominciare daccapo tardi nella vita, che penso troverai la generosità di aiutare me tra tanti altri, non come aiuteresti una bambina, ma come una persona alla tua altezza». Livia Manera «Caro Monsieur c'è una maniaca con aberrazioni erotiche per lei» Ognuno dei due accusava l'altro di rubargli pagine di diario Francis Scott Fitzgerald e Zelda Sayre in una rara fotografìa del maggio 1920, l'anno del loro matrimonio Francis Scott Fitzgerald ritratto negli anni della maturità. Il matrimonio con Zelda inaugurò quattordici anni di morbosa rivalità tra i due scrittori, che si sottraevano taccuini e lettere, in una struggente ricerca della propria identità