«Così i carabinieri ci davano le bombe» di Francesco Santini

«Così i carabinieri ci davano le bombe» Il Presidente: nel '48 giravo armato contro i comunisti, ma eravamo in molti del mio partito «Così i carabinieri ci davano le bombe» Cossiga: non difendo me, ma la de CHICAGO DAL NOSTRO INVIATO La rivelazione del Capo dello Stato è esplosiva: la democrazia cristiana fu armata dai carabinieri alla vigilia delle elezioni del 18 aprile 1948. Si temeva che i comunisti, sconfitti dal risultato delle urne, tentassero un colpo di Stato. Francesco Cossiga chiede ai de che lo accusano di non costringerlo, adesso, a fare i nomi degli «amici» che si sono trovati nelle sue stesse condizioni in tante città italiane ed ora «fanno gli estremisti di sinistra e flirtano con i comunisti». Il Presidente della Repubblica esplode: «E' ora che parte della democrazia cristiana la smetta di considerare Francesco Cossiga l'unico responsabile di ogni male: della difesa, del confronto politico, militare, ideologico, all'interno e all'esterno con il comunismo. Francesco Cossiga responsabile di Gladio e del Patto Atlantico, della discriminazione operata per trent'anni nei confronti del pei. Io ho il coraggio di dire che il 18 aprile '48 a Sassari facevo parte di una formazione armata dai carabinieri». Presidente, come andarono le cose? Io ero armato di Sten e di bombe a mano. Siamo stati addestrati nel sottosuolo da un sottufficiale della San Marco. Con me c'era l'onorevole Paolo Vottori della sinistra democristiana, c'era il professor Francesco Campus. Sono morti tutti e due. E poi c'era Celestino Segni, il fratello del Presidente. E' furibondo, il Capo dello Stato. Grida: «Sono stanco di far finta di difendere me stesso. E' tutta la de che io difendo. Io nel salotto di casa Morlino non c'ero ma io difendo quelli che lo frequentavano». Il riferimento è ai fatti del '64. Ad Aldo Moro e al generale De Lorenzo, al piano Solo e al presidente Segni. Ma anche ad Andreotti che descrivendo quell'episodio nel suo ultimo libro dice di ringraziare Iddio per non esservi stato coinvolto. Subito dopo il suo arrivo a Chicago, una tribù indiana gli aveva messo in testa una corona di penne rosse-gialle-blu. E ora Cossiga dissotterra l'ascia di guerra: è furibondo anche per la vicenda Sciarelli. Sabato la Repubblica ha pubblicato la notizia secondo cui la giornalista del Tg3 ha querelato per diffamazione il settimanale Panorama che, in un articolo di alcuni mesi prima, aveva alluso a una relazione sentimentale tra la stessa Sciarelli e Cossiga. «Ha visto? Non occorre essere Presidenti della Repubblica per andare in prima pagina - ha detto Cossiga -. E' una cosa spregevole, che io condanno e respingo, vergognandomi di fare parte di una società che ricorre a questi mezzi». Poi le picconate riprendono a 360 gradi. Andreotti ha consigliato agli imprenditori di occuparsi meno di politica e più delle proprie aziende. Secondo lei chi ha procurato più danni? Mi sembra chiaro, sono stato io. Scherzi a parte, io non mi posso schierare con alcuno. La chiave di ispirazione di quello che sta avvenendo è soltanto una: siamo in campagna elettorale, non dimentichiamo che la ricostruzione, la conversione e la difesa delle istituzioni democratiche, lo sviluppo del nostro Paese non sono soltanto merito delle forze politiche e dei partiti, del governo e dell'opposizione ma di tutta la società civile italiana tra cui gli imprenditori come i lavoratori, con le stesse organizzazioni sindacali degli uni e degli altri. Lei sceglierà il nuovo presidente del Consiglio? Mi sembra chiaro, ma questa volta porrò delle condizioni. Quello che chiederò al prossimo presi¬ dente del Consiglio dei ministri è che sia lui a scegliere direttamente i ministri. E i partiti della coalizione? Dovranno indicare delle rose di nomi non vincolanti nelle quali il prossimo Presidente del Consiglio si assuma la responsabilità verso il Parlamento e verso il Capo dello Stato per scegliere veramente i ministri. Ma il prossimo presidente del Consiglio è d'accordo? A me non interessa che cosa dirà lui. Presidente, un sondaggio dice che lei potrà essere rieletto, ci sono state 900 telefonate su mille fatte da un network di Berlusconi, lei che ne pensa? Ringrazio i 900 che hanno espresso questo giudizio ma non è mio intendimento porre o accettare candidature. Naturalmente neanche di accettare se venissi eletto. Tenete però presente che alle decisioni di un politico si applica sempre la clausola rebus sic stantibus. Che cosa ne pensa dell'attacco di Gava? Gava è sempre cortese con me ma non è mai tenero nei miei confronti. Siamo tutti e due piuttosto virili. Se discutiamo ci pigliamo a morsi. Ma ritornando a Gava dice di non aver mai pronunciato la parola mascalzone nei confronti di nessuno e nemmeno dei suoi avversari politici. Veramente nei colloqui privati Gava ha usato ampiamente con me i termini non soltanto di mascalzone, ma anche di «ladro» nei confronti di alcuni suoi compagni di partito. Chi? Non lo dico. E il nuovo attacco di Galloni che insiste con accuse precise? Galloni fa bene il suo mestiere. Come sapete suo figlio è un probabile candidato della democrazia cristiana per le elezioni di Roma. E' giusto che il padre cerchi un po' di voti per suo figlio almeno tra i magistrati che dissentono dal Presidente della Repubblica. Francesco Santini | Cossiga ha parlato anche della polemica tra Andreotti e gli industriali «Siamo sulla stessa barca»

Luoghi citati: Chicago, Roma, Sassari