Per cento giorni niente politica sul giornale
Per cento giorni niente politica sul giornale Finisce oggi a Copenaghen il boicottaggio dell'«Ekstra Bladet», la testata più letta del Paese Per cento giorni niente politica sul giornale Un quotidiano danese si ribella a menzogne e banalità del Palazzo Sven Ove Gade, redattore capo del quotidiano popolare danese «Ekstra Bladet», cita Pasternak: «La politica non mi dice niente. Non amo le persone che sono insensibili alla verità». Per questo, durante cento giorni, il suo giornale, che vende 220 mila copie ed è il più diffuso in Danimarca, non ha scritto una riga sui dibattiti in Parlamento, non ha registrato esternazioni di ministri, non ha rincorso indiscrezioni sui patti tra i partiti. Per tre mesi i suoi cronisti non hanno messo piede a Christiansborg, il castello che a Copenaghen è l'omologo del nostro Montecitorio. Nel panorama mondiale dell'informazione non era mai accaduto, i giornalisti di «Ekstra Bladet» sono stati abbandonati dai colleghi degli altri quotidiani e bersagliati da critiche e insulti dal «palazzo», ma hanno ricevuto migliaia di attestati d'apprezzamento dai lettori: «Bravi, continuate così». Il boicottaggio era cominciato il 4 ottobre con un titolo in prima («Tutto il potere al popolo») e una pagina intera, all'interno, dedicata «ai punti culminanti del dibattito d'apertura del Parlamento». Una pagina completamente bianca, tanto s'era rivelato interessante il confronto politico. A dare fuoco alle polveri era stato il messaggio del primo ministro Poul Schluter, colpevole di non avere mai accennato, nel suo noioso discorso, alla disoccupazione, che in Danimarca ha raggiunto il record di 308 mila persone senza lavoro, l'I 1% della popolazione attiva. Di qui la rivolta contro le «amnesie», le «menzogne» e le «banalità» dai politici e l'appello-minaccia agli uomini di governo: «Vi concediamo cento giorni di tempo per ritornare alla realtà». Contro «Ekstra Bladet» si è scagliato il furore dei politici. Ma al presidente del Parlamento, Clausen, che ha giudicato la «rappresaglia inutile e rumorosa, espressione di un populismo che fa leva sul disgusto della politica», il capo della rivolta in redazione, Jan Jensen, ha spiegato come «i cittadini siano in realtà molto interessati alla politica (il 90% va regolarmente a votare), ma estremamente stanchi di promesse non mantenute, di problemi irrisolti». Domani «Ekstra Bladet» tornerà a essere un giornale come tutti gli altri, la cronaca di palazzo riconquisterà la prima pagina, i suoi redattori torneranno dall'«isola che non c'è» sulla quale hanno vissuto cento giorni. Una permanenza che, giurano, li ha cambiati. Qualche effetto ha già segnato la struttura del quotidiano: cinque cronisti del «politico» sono stati trasferiti ad altri settori ed è stato istituito il servizio «Società» con una taskforce di dodici redattori. La banda di Jensen e Gade è convinta di aver cambiato un po' anche gli uomini di Christiansborg, richiamandoli a un confronto più serio con gli elettori. Boicottando i dibattiti politici, il giornale ha anche contribuito, paradossalmente, a rianimarli. In Danimarca, purtroppo. Dario Cre« te-Di ria
Persone citate: Clausen, Gade, Jensen, Pasternak, Poul Schluter
Luoghi citati: Copenaghen, Danimarca
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