Nobili si affida a Piazza Affari di Zeni

Nobili si affida a Piazza Affari Nobili si affida a Piazza Affari «Ma privatizzare è rischioso, troppi stranieri in giro» MILANO. Esterna a sorpresa, Franco Nobili, alla fine di un intervento tutto incentrato sulla necessità, per il suo Iri, di fare della Borsa «un canale privilegiato per canalizzare importanti volumi di risparmio verso le aziende e quindi verso impieghi produttivi». Il luogo è solenne, la sala delle assemblee della Banca Commerciale, che resta pur sempre uno dei simboli della Milano degli affari. L'occasione importante: la presentazione della nuova matricola della scuderia Iri in Borsa, la Banca di Legnano. La platea attenta, qualificata. Ma è solo alla fine, poco prima dell'una, poco prima di chiudersi nell'elegante foresteria in compagnia degli uomini della Comit, del presidente Sergio Siglienti, dell'amministratore delegato Fausto Fausti, per gustare un risottino giallo, che il gran capo dell'Iri lancia l'allarme. Attenzione, dice, privatizzare è giusto ma con giudizio e invogliando i piccoli azionisti. Altrimenti, conclude, «con tutti gli stranieri a caccia di tutto quanto è comprabile in Italia, si rischia di portare il Paese alla deindustrializzazione». Calma, dunque. Prima di privatizzare a destra e a manca è il caso di riflettere; «aspettare la legge» ovviamente, ma soprattutto creare quel mercato finanziario in grado di accogliere le privatizzazioni. Tradotto e sintetizzato, il concetto è fin troppo chiaro: è il modello public company, quello dell'azionariato diffuso, che Franco Nobili propone per le privatizzazioni prossime venture. Quattro ore più tardi, non a Milano ma a Roma, non nel quartier generale di una banca laica ma nel santuario della politica de, ci penserà Giulio Andreotti a rendere ancor più chiara l'esternazione dell'amico presidente dell'Ili. «E' necessario passare alle privatizzazioni per creare milioni di azionisti e non per far passare le aziende di Stato a quei gruppi che quando le cose vanno male le passano sulle braccia dello Stato», dirà Andreotti. Chiarezza per chiarezza. Serve una Borsa alla grande, ovviamente, in tanto progetto. Ed è alla Borsa che Nobili, quasi da programma concordato, dedica mezz'ora del suo intervento. Quella Borsa che ieri ha chiuso per la nona volta di seguito al rialzo (+1,57%) ma che nel 1991 ha deluso tutti: tutti, dice soddisfatto, ma un po' meno la scuderia Iri che nel terribile '91 ha guadagnato il 6% anziché perdere il 2% della media del listino. Ecco perché, rivendica Nobili, «è stata giusta la scelta di qualificare i propri titoli come stabili scelte di portafoglio». E per u futuro? Per il futuro, «la Borsa sarà il canale di approvvigionamento irrinunciabile per finanziare la crescita dell'Iri», per compensare il calo dei fondi di dotazione ma anche per favorire quell'azionariato diffuso che tanto piace ad Andreotti. «L'obiettivo - spiega Nobili - è trasformare in azionisti anche il personale e gli utenti dei servizi gestiti dalle concessionarie del gruppo». Come? Facile: con una sorta di legge Monoroy formato Iri che «incoraggi scelte d'investimento stabile e agevoli fiscalmente le holding che decidono di quotare società controllate». Armando Zeni

Persone citate: Andreotti, Fausto Fausti, Franco Nobili, Giulio Andreotti, Sergio Siglienti

Luoghi citati: Italia, Milano, Roma