In tv non è mai troppo Manzi

Per il referendum serbo contro la guerra Il tragico assassinio nei cieli della Croazia dei cinque osservatori della Cee è un gravissimo episodio che sottolinea la svolta a cui sta giungendo la situazione militare nella ex Jugoslavia. Dove sono i pacifisti?, si domanda ancora Enzo Bettiza nell'editoriale de La Stampa dell'8 gennaio. I pacifisti sono nelle Repubbliche della ex Jugoslavia da mesi a tessere una tela utile di conforto e di aiuto nella resistenza alla guerra. Ci si è già dimenticati della carovana di pace di 500 europei che ha attraversato a fine settembre le Repubbliche della ex Jugoslavia, incontrato le più alte autorità, e dato voce alle forze democratiche e pacifiste di tutte quelle realtà? Ci si è già dimenticati delle decine di migliaia di persone in piazza per la pace a Sarajevo? Il primo febbraio saremo ancora lì a Belgrado a presentare la raccolta di firme di cittadini serbi che chiedono un referendum contro la guerra. Sono quasi in centomila. Un fatto straordinario se si considera la situazione in cui si è sviluppata la campagna. Questa iniziativa ha un impatto politico giacché l'art. 81 della Costituzione serba impone che vengano messe all'ordine del giorno della discussione del Parlamento serbo materie anche referendarie che siano sostenute da una petizione popolare superiore a centomila firme. E' un'iniziativa di quella parte della Serbia che è democratica e pacifista. Se vuole Bettiza può unirsi a noi che con altre associazioni europee (dell'Est, dell'Ovest, dei Balcani) stiamo lavorando per la pace una volta tanto non in contrasto nemmeno col governo italiano. Sull'onda dell'emotività per il barbaro assassinio di nostri concittadini in missione di pace non può appannarsi e perdere di equilibrio l'iniziativa positiva di dialogo e di negoziato. Il crescere di un semplicistico atteggia- AL GIORNALE Alla ricerca dei pacifisti nella exJugoslavia in fiamme mento antiserbo sarebbe esiziale per le speranze di pace. E' necessario invece sostenere tutti coloro i quali nelle Repubbliche della ex Jugoslavia si battono contro la guerra e bisogna rivolgersi all'opinione pubblica serba e sostenere l'azione democratica delle forze che lottano perché la guerra abbia fine e si apra una diversa prospettiva (in opposizione alla politica di Milosevic). Abbiamo sostenuto e sosteniamo l'invio delle forze di pace dell'Onu, come sperammo in un ruolo più attivo dell'Europa sin dall'inizio di questa drammatica vicenda. Gli italiani e l'ufficiale francese morti martedì sono un lutto per noi pacifisti. Per tutti un richiamo alla responsabilità e all'impegno, anche, mi permetto di dire, per la stampa e la tv che rischiano di dare una lettura non sempre equilibrata dei fatti e di offuscare il ruolo difficile delle forze che lavorano nella ex Jugoslavia e in Europa contro questa guerra inumana e insensata. Giampiero Rasimelli presidente dellArci nazionale Risponde Enzo Bettiza: Quale lettore di questo giornale si sarà mai accorto della presenza nella ex Jugoslavia di qualche pacifista europeo o italiano che non sia l'isolatissimo Marco Pannella? Pannella però non bara al gioco. A differenza del signor Giampiero Rasimelli, che ci parla soltanto dei buoni pacifisti serbi, delle buone leggi del Parlamento serbo, dei buoni referendum serbi per la pace, il leader radicale distingue con chiarezza l'aggressore dall'aggredito e non dimentica di ricordare i diecimila croati finora uccisi dai militari e dai cetnici serbi. La cosa che maggiormente rattrista nelle osservazioni ireniche del signor Rasimelli è che egli non nomini una sola volta la Croazia, Vukovar, Osjek, Ragusa, Zara, Fiume. La guerra La contemplazione può ancora servire Scrivo in merito alla lettera del signor Luigi Quaglia pubblicata su La Stampa del 28 dicembre 1991 circa la scelta della clausura. Afferma il signor Quaglia che, avvicinandoci al 2000, non può ancora servire la scelta di ad avere un minimo di rispetto, se non dei miei articoli che non è tenuto né a leggere né ad approvare, almeno dei croati, dei serbi e ora anche degli italiani morti per volontà di un responsabile preciso che nella sua lettera, guarda caso, risulta sempre latitante: la giunta comunista p golpista di Belgrado. che egli deplora, e contro la quale si dichiara mobilitato a tempo pieno, è una strana guerra stellare combattuta da una massa di serbi pacifici, democratici, antimilitaristi, contro uno sparuto pugno di serbi cattivi che non si sa bene chi siano, cosa vogliano, dove si nascondano. Inviterei il signor Rasimelli Con la Finanziaria torna l'Inquisizione Le notizie che appaiono sul giornale per informarci sui contenuti della legge finanziaria '92 spero riescano ad accendere la nostra ribellione. Siamo giunti all'inquisizione personale attraverso il corredo di dati che dovremo esporre sulla denuncia dei redditi, avremo le inchieste ispettive sanitarie: così la libertà individuale è perduta. Già per il varo della finanziaria si è ricorsi a sistemi antidemocrati ci e intollerabili: imbavagliando la discussione parlamentare e ricorrendo al voto di fiducia pa lese. Carla Guidi, Torino Il fariseismo di Marx Nell'intervista su Marx compar sa il 7 gennaio nel supplemento culturale ci sono tre punti che desidero precisare, senza alcuna intenzione polemica verso l'in tervistatore, Alberto Staterà, che anzi ha il merito di aver reso leggibile l'essenza di una con versazione lunga e complessa. Primo punto: è giusto definire Marx come un cinico fariseo, ma «farabutto» è un termine impro prio. Secondo punto: anche se scherzosa, la frase secondo cui Bobbio mi avrebbe «amichevol mente stramaledetto» è fuorviarne; il dissenso su Marx non è neppure profondo, come poi ri sulta dalla stessa intervista L'altra inesattezza riguarda la cinquantina di volumi delle opere complete di Marx e di Engels che io avrei letto. Non ho detto questo; per la verità, in un sag gio sul marxismo ho trovato al cune affermazioni attribuite ; Marx che mi sono apparse orri pilanti e che erano tratte da quei volumi; compiuta la doverosa verifica, le ho citate. Non credo che nessuno al mondo abbia let to tutti quei volumi. Paolo Sylos Labini, Roma una vita di clausura e cita la Piccola Casa della Divina Provvidenza (Cottolengo) ove centinaia di suore si prodigano a favore di ammalati e disabili. Forse il signor Quaglia ignora che fu lo stesso fondatore della Piccola Casa, Giuseppe Benedetto Cottolengo, a volere accanto alle suore che si occupano attivamente dei disabili un gruppo di suore di clausura che con una vita interamente consacrata a Dio nella preghiera e nel sacrificio ottengano da lui la grazia e la forza che spingono altri ad operare. E' capitato a me, in un momento estremamente doloroso della vita, di bussare a un convento di carmelitane scalze e di trovare al di là della grata il conforto, la comprensione e l'aiuto che il mondo «iperattivo» non m'aveva saputo dare. Consiglio molta prudenza nel giudicare le scelte altrui. Viviamo in un'epoca pronta a riconoscere i diritti più strampalati, le unioni più sorprendenti, legittimi i guadagni più sfacciati. Vogliamo, con un po' d'umiltà, riconoscere il diritto ad esistere a chi ha fatto una scelta di vita diversa dalla nostra, scelta dettata da un amore più radicale, più forte, più vero di tanti altri? Luigi Mazzucco, Torino Cittadini tartassati dal «tut» Chi resta a casa e si intrattiere in un conversare telefonico con un amico è ricco e bastonato due volte: la prima dal «tut», se non telefona con il cronometro alla mano, la seconda dal fisco che esulta pensando a quante telefonate potrà contestare. Il cittadino si sottopone all'assicurazione furti, incendio, rapina. Bravo cittadino! Vieni incontro supinamente al malgoverno pagando premi assicurativi, e il buon governo ti marchia di ricco, perché cerchi di difendere il poco che hai... paga, paga e taci! prof. Federico Tempo, Torino