ENGELS comunista e buon padrone

ENGELS comunista e buon padrone £ra imprenditore pio e avveduto anche dopo l'incontro con Marx Una nuova immagine nelle lettere famigliari scoperte a Wuppertal ENGELS comunista e buon padrone WUPPERTAL DAL NOSTRO INVIATO Prima di incontrare Marx e di scrivere con lui, fra il 1847 e il '48, il Manifesto del partito comunista, Friedrich Engels lesse e studiò la Bibbia con i sette fratelli e i genitori timorati e devotissimi, frequentò le società pietistiche della Germania protestante impegnata in una difficile e dolorosa industrializzazione, difese con vigore gli interessi della filatura di famiglia, fra le prime in Europa a produrre tinture e stoffe. Quando già si era ribellato, e infiammato dai Giovani hegeliani era fuggito per la prima volta a Berlino, nel 1842, si guadagnò gli elogi e la riconoscenza di suo padre - Friedrich anche lui - per l'abilità con cui dal '43 lo rappresentò nella società fondata a Manchester con gli Ermen, un cotonificio che aiutò a prosperare. Gli anni dell'«Engels preistorico» sono tutti qui, nelle 360 lettere sue e dei famigliari scritte fra il 1791 e il 1867 e scoperte «mentre stavano per finire nella spazzatura» dallo storico Michael Knieriem, che le ha raccolte in un volume per la Karl Marx Haus di Treviri. Adesso, nella casa severa rivestita in pietra grigia dove Friedrich nacque e visse, al numero 10 della Engelstrasse, Knieriem racconta come gli tremavano le mani per la gioia e l'ansia quando, in una soffitta della Wuppertal operaia (che cent'anni fa si chiamava ancora Barmen), vide per la prima volta le uniche due lettere rimaste, fra quelle che Friedrich inviò alla madre Elise van Haar. Una da Londra, dove subito dopo il primo sbarco in Inghilterra, il 26 luglio 1838, si sentiva «in un modo completamente nuovo», presago forse di quel che sarebbe stato per lui il Paese della rivoluzione industriale; una di pochi mesi posteriore - spedita da Milano dov'era andato con il padre per comprare sete - in cui accenna soltanto all'entusiamo di quei giorni («Volevamo che gli amici italiani si ricordassero a lungo dei tedeschi allegri») e in cui semina un piccolo mistero: a proposito di «Lecco, il solo posto in Italia in cui sono popolare», come confermerà nel 1851 in una lettera a Karl Marx. Una allusione appena ma bizzarra, che fa sospettare a Knieriem un'avventura in riva ;il lago e addirittura «un figlio illegittimo», concepito dal diciottenne Friedrich nella città lombarda. É poi via via le altre, apparse a mucchi fra la polvere e la muffa: quelle del padre, del nonno Johan Caspar, degli zii, squarci improvvisi e luminosi sulla vita della borghesia industriale nella Renania di metà Ottocento, sull'attività di capitalisti abbracciati alla ricchezza e alla pre- helm Moritz Nethlage, il 7 luglio del '45: «Gli uomini lavorano secondo la volontà di Dio. Lo vedo bene qui da noi: prima la gente era pigra, adesso mi stupisco di come alcuni fannulloni siano diventati diligenti, gente davvero ammodo». Quel che Engels avrebbe teorizzato più tardi, sbocciò nell'estremo rigore protestante della «frohliche Produktionsgemeinschaft», come la chiamava il nonno. La «serena comunità di produzione» funzionava in armonia perché la famiglia legava il lavoro - organizzato secondo una disciplina rigidissima dalle cinque del mattino alle nove di sera - con le pratiche di una religione vissuta «in comune» (e alle volte esasperata da un eccesso d'enfasi, come testimonia l'avvio di una lettera di Engels padre al figlio, il 9 ottobre del '41 : «La buona mamma ti manda i suoi cari saluti con il ghiera, ma soprattutto sull'ambiente quotidiano nel quale il teorico della rivoluzione si formò e crebbe. Molti dei germogli che sarebbero esplosi più tardi nella collaborazione con Karl Marx crebbero nella «pia comunità di produzione», come il padre aveva chiamato l'azienda di famiglia dove Friedrich riuscì a conoscere «la produzione e il capitale come sotto una campana di vetro». Molte sue riflessioni nacquero fra le benedizioni di Dio e del guadagno, nel serrato intreccio di produzione e religione, di commercio' e di preghiera: «E' un gran bene che gli operai possano essere di nuovo pieni di lavoro. Si vede chiaramente che tutto dipende dalla volontà di Dio», scrive Johan Caspar a suo figlio Friedrich, il padre del filosofo, il 31 luglio del '24. E quest'ultimo al cognato Karl Wil¬ Salmo 116, versi 7 e 8, ed è felice di poterti rivedere fra breve per la benevolenza del Signore»). Più in generale, la religione era intesa però come vincolo e dovere famigliare. Scrive Engels padre a Elise, il 3 dicembre del '38: «Sia ringraziato Iddio che in famiglia i nostri punti di vista religiosi sono così in accordo. Ma m'immagino la tranquillità interiore di cui gode un cristiano nel vero senso della parola: quanta strada devo ancora fare, quanto poco ho lavorato su me stesso! Mi farai tu da guida». Questo legame non si affievolì mai, finché Friedrich lavorò a Barmen. Per anni fu lo sfondo delle sue meditazioni: il cotonificio, ricorda il futuro teorico del comunismo al tempo della più stretta collaborazione con il padre, funzionava secondo il motto «il lavoro è un servizio divino», come imponevano ai genitori e al nonno le convinzioni del pietismo protestante. Dalle 4 alle 5 del mattino la preghiera - che in famiglia chiamavano «seelische Speise», cibo dell'anima, e ruotava intorno ai salmi commentati dal «padrone» - era un obbligo per tutti, gli Engels di tre generazioni e gli opera1" Nell'impresa che Johan Caspar e suo figlio Friedrich avevano organizzato in modo inusuale per quei tempi, con la casa padronale circondata dalle abitazioni dei lavoratori, «a mezzaluna», vigeva un legame profondo fra chi comandava e chi eseguiva: quello del salario ma anche del cibo, del carbone per scaldarsi e della scuola che gli Engels procuravano ai trecento operai e ai famigliari, mille e duecento persone in tutto. «A cosa servono le associazioni dei lavoratori? - scrive Engels padre al cognato Moritz Nethlage nel luglio del '45 -. Il proprietario della fabbrica ha, da solo, tutte le possibilità di essere utile al suo prossimo. Prendi i nostri rapporti con gli operai. Potrebbero essere migliori?». Il giovane Friedrich assimilò per anni questa lezione di paternalismo e di rigore, nella calma severa del cotonifìcio dove il lavoro era impossibile senza l'accordo e la benedizione del Signore. Scrive un amico di famiglia, Gerhard Bernhard van Haar, a proposito di uno dei fratelli Engels, Johan Caspar: «E' tanto timoroso di Dio che pensa secon- Lavoro e preghiera nella «comunità diproduzione» Scriveva il padre: «I nostri rapporti con gli operai non potrebbero essere migliori»