Donne pds, doccia fredda Autocritica sull'aborto

Donne pds, doccia fredda Autocritica sull'aborto Al convegno organizzato dal partito sulla maternità Donne pds, doccia fredda Autocritica sull'aborto | ROMA 1 BORTO e autodetermi/■ nazione della donna: si r» gira pagina. Basta con le *l formule semplicistiche che contrapponevano morale religiosa a istanze laiche: anche il feto ha diritto alla vita e fin dal concepimento fra lui e la madre si stabilisce un rapporto d'affetto e di reciprocità. Claudia Mancina, responsabile della cultura nel pds, pronuncia le sue «riflessioni sull'autodeterminazione», e stupore, imbarazzo, qualche risentimento, battute pungenti si diffondono fra le pidiessine venute da tutta Italia per partecipare al grande convegno organizzato dal partito sul tema della maternità. Soprattutto le meno giovani, omelìe che hanno fatto le manifestazioni e i cortei per la legge contro l'aborto clandestino, sono interdette. «E' un attacco all'autodeterminazione per cui ci siamo battute contro gli uomini, contro le istituzioni, anche - a lungo - senza il sostegno del nostro stesso partito? Si dà una mano a chi lavora per una revisione-affossamento della legge?», si chiedono. E' la metà della mattinata quando la giovane studiosa prende la parola. L'auletta dei gruppi parlamentari si è riempita. Nell'ultima fila siede Livia Turco, responsabile delle politiche femminili del pds: è fresca di maternità e raggiante. «Un intervento bellissimo», aveva annunciato. E fa cenni di assenso quando la Mancina tira fuori i suoi fogli e, con quel linguaggio non poco tortuoso che distingue le nuove generazioni del partito, lancia la sua «sfida etica al pensiero delle donne». Incomincia: «Care compagne, è arrivato il momento di rivisitare il concetto di autodeterminazione, che dalle donne è stato elaborato e che ha accompagnato tutta la vicenda politica della legalizzazione dell'aborto». Per molte è una doccia fredda. Si era incominciato parlando dell'Aquila e del monumento al bambino mai nato. La senatrice socialista Elena Marinucci aveva detto: «Nel momento della più squalificante iniziativa contro una legge che ha permesso alle donne di non morire per aborto clandestino, è necessario difendere la norma e l'autodeterminazione per una scelta responsabile». Stefano Rodotà aveva criticato la diffidenza femminile nei confronti delle nuove tecnologie riproduttive. Il convegno si presentava come momento della strategia del partito in vista delle prossime elezioni. La Mancina parla e spiazza tutti. Dice: «E' necessario un approfondimento, un pensiero più forte in tema di procreazione. Anche certa cultura laica vede nel diritto all'autodeterminazione un'espressione di egoismo e individualismo, e ci considera sorde agli affetti, pronte a calpestare i diritti altrui». Fa una sorta di autocritica: «Non c'è la tendenza da parte nostra a considerare l'autodeterminazione in modo difensivo e quasi corporativo? A rifiutarci di sostenerla in maniera convincente?». Fa un passo indietro. Tutto il dibattito sull'aborto, quel periodo di riflessioni dolorose e contraddittorie che le donne hanno vissuto, lo riconsidera senza sfumature: fu «sostenuto da argomentazioni sociali e politiche piuttosto che etiche». Gli contrappone il quadro attuale: «La difesa della vita non è più oscurantista né solo religiosa. E' impetuoso lo sviluppo della genetica. Si aprono nuovi interrogativi su cosa sia lecito o no. Sta cambiando la cultura diffusa sulla vita. Laici e ambientalisti, nel rispetto della natura, concordano nel rifiutare sia le nuove frontiere della scienza sia l'aborto». E allora? La platea ha un vero sobbalzo quando, scuotendo gentilmente la sua zazzeretta bionda, la studiosa si spiega meglio: «Se diamo valore alla vita degli animali o addirittura alla natura non vivente, se affermia¬ mo i diritti degli animali o delle generazioni future, è evidente la ricaduta sui diritti dell'embrione e del feto». Aggiunge: «Da tempo, del resto, l'aborto non lo vediamo più come questione sociale né semplicemente come diritto individuale». La Mancina finalmente si spiega: vanno distinte la moralità dell'aborto (lo status morale e giuridico del feto, il suo essere persona o no, i suoi diritti), e la libertà della donna di decidere se interrompere una gravidanza. Il feto ha sì diritto alla vita, ma deve fare i conti con altri diritti parimenti meritevoli di rispetto. Esiste «il paradosso della gravidanza», su cui si fonda l'autodeterminazione della donna. «Ma la scelta - alla fine - deve farla solo lei. Con senso di responsabilità. In autonomia anche dalla valutazione etica dell'aborto», dice. E dal popolo femminile pidiessino sale un cauto applauso. Liliana Madeo Claudia Mancina, responsabile della cultura: «Si volti pagina» «Anche per il feto, dal concepimento, diritto alla vita». E in platea è gelo Stefano Rodotà, presidente del pds, ha criticato al convegno la diffidenza femminile nei confronti delle nuove tecnologie nel campo della fecondazione e del parto Claudia Mancina, responsabile della cultura, ha stupito la platea con un discorso che poteva suonare come un attacco alla libertà della donna In alto Livia Turco, responsabile delle politiche femminili: grandi cenni di assenso durante l'intervento di Claudia Mancina

Persone citate: Claudia Mancina, Elena Marinucci, Liliana Madeo, Livia Turco, Stefano Rodotà

Luoghi citati: Aquila, Italia, Roma