«Quella barca era un pericolo navigante»

«Quella barca era un pericolo navigante» Chiavari, aperto e subito rinviato il processo. La difesa: i materiali dello scafo li scelsero i velisti «Quella barca era un pericolo navigante» Accuse dei parenti delle vittime per il naufragio del «Berlucchi» CHIAVARI DAL NOSTRO INVIATO Dopo il naufragio dello «sloop» anche il processo per cercare una verità forse irraggiungibile rischia di trovarsi in enormi difficoltà: la rotta che devono seguire i giudici è giusto in mezzo alle secche del vecchio rito e gli scogli del nuovo. In mancanza di testimonianze dirette, dovrebbero essere le perizie a gettare luce sufficiente per vedere che cosa accadde nella seconda metà del giugno 1986 in mezzo all'Atlantico sul «Berlucchi Champenoise d'Italia», 18 tonnellate, 18,25 metri, l'ambizione di vincere la «Oster Two» gara a vela da Plymouth, Inghilterra, a Newport dall'altra parte dell'Oceano, e il dovere di far brillare nel Nuovo Mondo il nome Berlucchi, marchio made in Italy da lanciare appunto negli Usa. La barca si capovolse, scomparvero Giuseppe Panada, 42 anni, napoletano, migliaia di miglia a vela alle spalle e Roberto Kramar, 32, milanese, ingegnere, anch egli esperto di mare. Il relitto venne ritrovato alcune settimane dopo, a Sud delle Azzorre, dei due non si è più saputo niente. Ora, al tribunale di Chiavari, è approdata la causa intentata dai famigliari degli skipper contro Franco Ziliani, 60 anni, di Paratico di Brescia, amministratore delegato della Berlucchi e proprietario del cantiere «Eurosebina» sul lago d'Iseo, dove nacque la sfortunata barca; Carlo Chiappa, 65 anni, direttore del cantiere e Silvano Pedrali, 44 anni, capocantiere, entrambi di Palazzolo sull'Oglio (Brescia); il professor Cosimo Simeone, 54 anni, napoletano, il progettista. L'accusa è di naufragio e duplice omicidio colposo. Perché quella barca non sarebbe stata costruita a regola d'arte. Tanto che fu la perdita del bulbo a provocare la tragedia e sembra, questa, l'uni¬ ca certezza in pagine di perizie. Dal processo, «ci aspettiamo che venga acclarata la responsabilità penale», dichiara Concetta Vitale, vedova di Kramar dal quale viveva separata dal 1982, «perché lui voleva partecipare al giro del mondo a vela, più di un anno lontano, e vi partecipò». Concetta Vitale è avvocato, ha studiato nei dettagli le carte. Soggiunge: «Quella barca era stata costruita a tempo di record, impostata nel gennaio '86, a Brescia e varata quattro mesi dopo a Rapallo. Poi, di corsa a Plymouth, perché c'era la regata e così mancò il tempo per le prove. E quando arrivò in Inghilterra faceva acqua, la radio aveva avuto dei guai, Giuseppe e Roberto chiesero che fosse tirata in secco, ma venne loro risposto che non c'erano né tempo né denaro». Aggiunge Anna Maria Panada: «Sì, voglio sapere la verità dal processo, e le responsabilità, se ci sono. Cercano di buttare tutte le colpe sui quei ragazzi, ma erano tutti e due molto esperti. Mi trovavo a Plymouth, vidi che c'era acqua nel vano motore: Beppe era preoccupato. Loro gli dissero di non badare, avrebbero messo del silicone». Ancora Concetta Vitale: «All'assemblaggio avevano fatto fori troppo larghi, lo ha visto Ettore Acquati, di Milano, e lo testimonierà. E poi i materiali: sono stati usati vetroresina, kevlar e fibre di carbonio, ed il carbonio ha sempre un punto di rottura, tant'è che quando ha sbattuto sulla costa il relitto è esploso». «Ma se i materiali li avevano scelti proprio loro!» ribatte Ziliani, accento bresciano, uno che produce e vende vino ma che si adombra quando lo chiamano «vinattiere». E continua: «A loro le scelte, anche della radio, anche del progettista. E noi abbiamo accettato tutte le loro scelte. E abbiamo pagato, alla fine, oltre un miliardo. E poi, se non ci vo era per il 30 giugno. Chiese agli organizzatori che si muovessero, dissero che non c'era da preoccuparsi. Ci furono ritardi. Seppi che il 14 giugno un mercantile aveva incrociato il "Berlucchi" a Nord delle Azzorre: dalla barca avevano avvertito di avere la radio in avaria. Poi più nulla, fino al ritrovamento molto più a Sud». Non avevano trovato i battelli di salvataggio, si pensò che i due skipper si fossero salvati: li cercarono per tutto l'Atlantico. Inutilmente. Lunedì i periti giureranno di fronte al tribunale, il dibattimento riprenderà il 7 maggio. Vincenzo Tessa udori fosse il nome Berlucchi, sono sicuro che la parte civile non sarebbe così ostinata». «Mio marito faceva gratis quel viaggio, Panada aveva un contratto per 50 milioni, per quel che ne so nessuno li ha pagati», dice Concetta Vitale. Il capocantiere Pedrali difende se stesso ed il suo lavoro: «Lo scafo ha percorso ancora 4 mila miglia, prima di frantumarsi sulle rocce dell'isola di Rhum, lassù in Scozia. E' vero, loro avevano scelto tutto, anche la rotta a Nord, la più difficile ma la più breve». «E noi aspettavamo», sospira Concetta Vitale. «Il 4 luglio mia suocera mi telefonò preoccupata perché il tempo massimo di arri- Beppe Panada naufragato sul Berlucchi. Nella foto è assieme alla moglie Annamaria