Fallito il blitz in Oriente Molte promesse, pochi affari di E. St.

Fallito il blitz in Oriente Molte promesse, pochi affari Fallito il blitz in Oriente Molte promesse, pochi affari TOKYO. George Bush torna da Tokyo quasi a mani vuote. Il Presidente americano era andato in Giappone, per strappare èòncéssioni in tre settori strategici, con un occhio sia alla corsa per la Casa Bianca che alle migliaia di disoccupati negli Usa: l'apertura del mercato dell'auto, l'apertura del mercato del riso, la collaborazione finanziaria nipponica per il progetto del superacceleratore nucleare. Ma Bush ha ottenuto solo poche briciole nel settore auto e semplici promesse negli altri due campi. Sebbene il Presidente americano abbia parlato del suo viaggio e dei suoi due giorni di colloqui con il premier giapponese come di «un successo», nella conferenza stampa congiunta Miyazawa ha riconosciuto che «non tutti i problemi sono stati risolti e, in futuro, potranno riemergere nuove frizioni», causate dal crescente deficit americano verso il Giappone (41 milioni di dollari nel '90). La visita in Giappone si è conclusa con tre documenti di principio: una dichiarazione sull'economia mondiale, un «piano d'azione» per 1 rapporti bilaterali e la cosiddetta «Dichiarazione di Tokyo», i ìe stava tanto a cuo- re ai giapponesi e che stabilisce le linee della nuova «partnership globale» tra Giappone e Usa. I due Paesi si sono dichiarati pronti a collaborare strettamente per costruire una «nuova era mondiale» dalle ceneri della Guerra Fredda e hanno riconosciuto che l'economia è destinata a determinare in modo decisivo il futuro dei rapporti bilaterali. Ma è sul «piano d'azione» che Washington e Tokyo hanno affrontato gli spinosi problemi economici e commerciali. II piano prevede per il '94 il raddoppio degli acquisti da parte dei giapponesi di parti di ricambio per auto costruite negli Usa: si passerà dai nove miliardi di dollari del 1990 a 19, mentre le cinque maggiori case automobilistiche nipponiche - Nissan, Honda, Mitsubishi, Toyota e Mazda - hanno promesso di vendere 19.700 auto americane l'anno attraverso la propria rete di distribuzione. Si tratta di una quota molto modesta e, infatti, i dirigenti americani che hanno seguito Bush a Tokyo si sono detti insoddisfatti. Il presidente della General Motors Robert Stempel, il presidente della Ford Harold Poling e il presidente della Tenneco John Reilly hanno dichiarato che il piano di ampliamento delle importazioni varato dai principali produttori giapponesi è generico ed è lontano dal costituire un impegno. Un'altra decina di accordi minori tra Washington e Tokyo riguardano la carta, il vetro, i computer: il Giappone faciliterà l'accesso delle imprese straniere al proprio mercato. Quanto al riso, nel piano non se ne fa men- zione. Gli Usa ne avevano fatto una questione di principio per ottenere l'apertura del mercato agricolo nipponico. Ma nel documento finale il Giappone si limita a impegni generici per il successo dell'«Uruguay round». Sulla delicata questione del superacceleratore nucleare - un progetto da 8,4 miliardi di dollari - Tokyo non ha assunto impegni, limitandosi a costituire un gruppo di studio. Washington chiede contributi per 1,5 miliar- di di dollari, senza però voler coinvolgere i giapponesi nella ricerca vera e propria. D'altra parte, i giapponesi vengono corteggiati anche dagli europei per entrare nel progetto europeo del «Cern». Bush e Miyazawa, infine, si sono detti d'accordo sulla necessità che il Giappone assuma un maggior ruolo internazionale, aumentando il suo sostegno finanziario per la difesa in Asia. [e. st.]

Persone citate: Bush, Ford Harold Poling, George Bush, John Reilly, Miyazawa, Robert Stempel