«Kiev, non avrai la mia flotta»

«Kiev, non avrai la mia flotta» L'Ucraina si prende il centro comunicazioni col Cremlino, Sobchak: Csi addio «Kiev, non avrai la mia flotta» S'inasprisce lo scontro tra Eltsin e Kravchuk MOSCA DAL NOSTRO INVIATO «Nessuno porterà via la flotta del Mar nero alla Russia, nemT meno Kravchuk!». Boris Eltsin! spara la prima bordata dalla città natale di Lenin, Ulianovsk. E il fragore della seconda supera quello della prima: «La flotta del Mar Nero è stata, è, e sarà russa!». Il giorno prima, a Saratov, Eltsin aveva detto che la flotta contestata era parte integrante della difesa strategica della Comunità di Stati Indipendenti (Csi). Ieri l'ha definita, senza mezzi termini, «russa». E - secondo quanto riferisce la Tass avrebbe fatto sapere ai comandanti della flotta che essi si trovano «sotto la sua protezione», invitandoli a rifiutare il giuramento di fedeltà richiesto loro dall'Ucraina. Da Kiev il presidente Leonid Kravchuk, risponde secco: «Stanno mettendo alla prova la nostra sopportazione». La Csi sta naufragando - è il caso di dirlo - sugli scogli del Mar Nero. «Penso che l'idea del Commonwealth abbia fatto fallimento», ha detto l'altra sera, alla tv centrale, il sindaco di San Pietroburgo Anatoli Sobchak. Ed è stato, il suo un epitaffio pieno di allarme, oltje che di implicita critica a Eltsin (e di molto implicita autocritica, visto che Sobchak appoggiò l'idea di Alma Ata). «Adesso è chiaro che l'Ucraina aveva bisogno di questa idea della Comunità per una sola ragione: per prendere tempo e per creare il proprio esercito». Ormai il tono delle polemiche tocca vertici acutissimi. «La situazione nell'esercito - scrive Stella Rossa- ò ormai esplosiva», e «quella della Comunità è molto, straordinariamente, difficile». I militari, che, in questo panorama sempre più nervoso, hanno finora tenuto più di tutti la lingua a posto, stanno perdendo anch'essi pazienza e prudenza. Dal contrammiraglio Vjaceslav Sherbakov, vice sindaco di San Pietroburgo, che invia un messaggio all'equipaggio dell'incrociatore Leningrado invitandolo a non prestare il giuramento di fedeltà all'Ucraina («La storia della nostra Marina non ha mai conosciuto episodi di tradimento, tanto meno del tipo di quelli in cui l'Ucraina vorrebbe trascinarci»); all'ammiraglio Igor Kasatonov, comandante della Flotta del Mar Nero, che afferma di ricevere ordini solo dal maresciallo Shaposhnikov, comandante delle forze congiunte della Csi e «non dal presidente ucraino»; all'ammiraglio Cernavin, comandante supremo della flotta dell'ex Urss, che accusa i dirigenti ucraini di «incompetenza», poiché sembrano ritenere che la flotta non ha carattere strategico. La questione s'ingarbuglia in terminologie sempre più tecniche. I dirigenti ucraini hanno espresso infatti posizioni con traddittorie al riguardo. Kravchuk, dichiarando nei giorni scorsi, la proprietà ucraina su tutta la flotta del Mar Nero era sembrato considerarla esclusivamente «tattica». E uno dei suoi consiglieri militari, colonnello Vitali Lazorkin, ancora ieri affermava che «la flotta del Mar Nero non è strategica e non lo è mai stata». Contemporaneamente Kravchuk - che sembra considerare sinonimi il termine «strategico» e quello «nucleare» - ammetteva ieri implicitamente il carattere strategico della flotta del «mare più caldo». «Appartiene alla Csi - ha detto a un gruppo di esperti americani - ma non alla Russia». Fino a che - aggiungeva - «tutte le armi strategiche che detiene non saranno state ritirato». A quel punto - che Kravchuk ha fissato nel luglio del 1992, cioè molto vicino nel tempo - la flotta «passerà sotto giurisdizione ucraina». La marcia indietro di Kravchuk è comunque solo formale. In sostanza Kiev tiene duro e punta alto. E non sembra accontentarsi di ricevere qualche unità navale di secondo rango per esigenze di «pattugliamento delle coste», come qualcuno, a Mosca, propone. Vuole essere «potenza marittima» e, soprattutto, vuole ridurre il peso militare e politico della Russia, proprio mentre proclama la sua intenzione di liquidare il proprio armamento nucleare e di assumere una posizione di neutralità (a differenza della Russia, che vuole entrare nella Nato). Kravchuk dichiara di voler distrugge¬ re, per giunta in soli tre anni, tutti i 167 missili strategici basati a terra e che si trovano sul suo territorio (secondo il trattato Start, 130 silos avrebbero dovuto essere liquidati in sette anni). Offerta che all'Occidente non può dispiacere, ma che comporta una rinuncia pressoché nulla da parte, ucraina. Quei missili, infatti, sono inutilizzabili per Kravchuk, che non può riprogrammarli e cambiare gli obiettivi cui sono destinati. In cambio l'Ucraina avrebbe mano libera per un forte esercito convenzionale e per il controllo delle armi nucleari tattiche. Il sospetto, molto pesante, l'ha avanzato proprio Sobchak: «Domani, non ho dubbi, i dirigenti ucraini avanzeranno pretese in materia nucleare. In realtà l'hanno già fatto». Kravchuk replica accusando i dirigenti russi di non aver ancora capito che hanno ormai a che fare con «uno Stato indipendente». E la sua agenzia d'informazione rincara la dose: certi dirigenti «vogliono distrarre l'attenzione della gente dai loro problemi economici e sociali.... e trovano il colpevole in Ucraina». Il «senno di poi» di Anatoli Sobchak vede oggi quello che si poteva vedere bene anche un mese fa, quando, al posto dell'Urss, venne messa «una somma di presidenti, ciascuno non meno presidente dell'altro». Giuliette Chiesa Sebastopoli: i russi non vogliono che Kiev inglobi la Flotta del Mar Nero [foto api