Un bizzarro tedesco di Angelo Dragone
Un bizzarro tedesco Foto, incisioni e acquerelli di Wols alla Martano Un bizzarro tedesco Nei suoi grovigli grafici, kafkiani e surreali, c'è un po' di Klee Morì a 38 anni e fu un artista eccentrico: doveva fare il violinista Per Alfred Otto Wolfgang Schulze - che nel '37, a ventiquattro anni, assume lo pseudonimo Wols (cogliendolo dal testo storpiato d'un telegramma) - la natura, la realtà, non è mai avuto il significato d'un panorama o di un'ampia veduta, ma s'è sempre risolta soltanto in qualche particolare. Nella sua opera, di cui la Galleria Martano (via Principe Amedeo 29, sino al 18 gennaio) offre un'esemplare selezione allineando 40 fotografie, 11 acquerelli e 33 incisioni - s'intende come l'artista fosse semmai attratto dall'immagine d'una pianta, di un animale, d'una pietra, spesso non più che da qualche loro frammento isolato, visto con la fantasia d'un visionario, una sorta di continuatore di Klee. Nei più rari dipinti ad olio (cui Wols si dedicò dal 1947 sollecitato da René Drouin, il famoso suo mercante d'arte parigino), ma soprattutto nei fini grovigli grafici, simili agli intrichi di sottili apparati radicali, e negli acquerelli di ispirazione, si direbbe, kafkiana e surreale, tra un segno che parrebbe dialogare con quello della «scrittura automatica» dei surrealisti, l'artista si è sempre tenuto lontano dall'imitazione d'un modello naturale, per consegnarsi piuttosto all'immaginazione, al sogno che, in analogia con il vero, realizza delle oniriche città segnate da una palese nevrosi che dal cervello giunge sino al polso e all'articolazione della mano. Ed è curioso vedere, a volte, come da un'opera all'altra l'autore sembra portato ad indagare campi sempre più limitati, come passando da un tronco ad un ramo e quindi alla frasca, per finire non alla foglia, ma alle sue nervature: tanto spoglia si fa sempre la sua «natura altra», mentre i contenuti possono oscillare, come scrive Ewald Rathke, il maggior studioso di Wols «dal drammatico al lirico, dal minaccioso all'idillico». Nei suoi trentott'anni di vita, nato a Berlino nel maggio del 1913, dopo la morte del padre (1929) Wols interruppe gli studi prima di conseguire la maturità. Nonostante indubbie inclinazioni, finì quindi col rinunciare alla carriera di violinista offertagli dal direttore d'orchestra Fritz Busch, mentre la mancanza d'un diploma gli impedì, nel '32, di occuparsi di Etnologia con Leo Frobenius. La fotografia, cui s'era iniziato nel '31 con Genja Jonas, fu, invero, la musa da lui maggiormente seguita, fin da quando, su consiglio di Moholy-Nagy, si trasferì a Parigi. Qui, dopo le traversie di un intero decennio, con la moglie Grety Dabija, francese di origine rumena, tornò nel '46, e morì nel '51 per intossicazione da carne avariata. Il fotografo si distinse per il tipico suo realismo magico che accosta gli oggetti più incongrui, nella casualità di certe frammentate composizioni ai limiti del surreale. Angelo Dragone Wols in auto La foto fu scattata quarant'anni fa a Champignysur-Marne in Francia
Persone citate: Ewald Rathke, Fritz Busch, Genja Jonas, Klee, Leo Frobenius, Nagy, René Drouin, Wolfgang Schulze
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