Baresi: questo è il mio Milan più ricco di fantasia di Bruno Bernardi

Baresi: questo è il mio Milan più ricco di fantasia Il campione rossonero giudica passato e presente; tra le squadre di Liedholm, Sacchi e Capello sceglie quella ideale Baresi: questo è il mio Milan più ricco di fantasia «Non siamo prigionieri degli schemi, possiamo esprimerci senza affanno» MILANELLO DAL NOSTRO INVIATO Era un bimbo prodigio quando conquistò il suo primo scudetto con il Milan. Ora, Franco Baresi viaggia verso i 32 anni: ha vinto tutto, ma non si è stancato di vincere. Dopo quel precoce successo di squadra e personale, al punto che lo considerarono un... marziano calato sul prato di San Siro, ha dovuto aspettare sette stagioni per fare il bis, passando dal Milan di Nils Liedholm a quello di Arrigo Sacchi. E, dopo altri quattro campionati, è lanciato verso il tris. Il Milan dei suoi anni verdi giocava all'italiana: dunque non è solo la zona che paga? Infatti, quella era una squadra con due difensori, Bet e Collovati, che marcavano a uomo e con il sottoscritto libero alle loro spalle e Albertosi in porta. Aspettavamo gli avversari e poi, con i lanci di Rivera che erano lanci illuminanti anche se Gianni, sempre gran talento, si trovava ormai al capolinea della splendida carriera e la classe di Antonelli, la spinta di Buriani e le proiezioni offensive di Maldera, colpivamo di rimessa con Bigon e Chiodi. Bigon e Maldera furono determinanti in quel Milan molto esperto che si avvalse anche di riserve di lusso come Fabio Capello, l'attuale allenatore. E quale fu l'apporto di Baresi? Fu come quello degli altri, che non lesinarono l'aiuto ad un diciottenne. Avevo esordito pochi mesi prima ed ero titolare in un ruolo delicato. Però ero ricco di entusiasmo e con una certa personalità. Stupii perché, a differenza del comportamento di altri liberi, partecipavo al gioco. Si è divertito di più nel Milan a zona di Arrigo Sacchi? Ho vinto molto. E quando si vince il divertimento è assicurato. E' stato il Milan del pres¬ sing asfissiante che non faceva ragionare gli avversari. Era un'arma micidiale. E quando lo interpretavamo alla perfezione sembrava che in campo ci fosse una sola squadra, la nostra. Con Berlusconi presidente sono arrivati grossi campioni, come Ancelotti, come gli olandesi Gullit, Van Basten e poi Rijkaard. E Arrigo Sacchi ha imposto un gioco che li ha esaltati. Roberto Duran detto «mani di pietra», pugile panamense già campione del mondo, prima di ritirarsi ha deciso di sostenere a Tokyo, a 5 miliardi per esibizione, tre incontri di «full contact», dove si può colpire l'avversario in tutti i modi. Ha costruito la carriera con le mani, raccatterà gli ultimi soldi con i piedi. Con Liedholm eravamo abituati alla zona, ma Sacchi l'ha resa più aggressiva sia in Italia che all'estero. Qual è stato il suo Milan più grande? Sinora quello di Sacchi. Dicono che, nelle Coppe internazionali, abbiamo avuto il vantaggio di non trovare gli inglesi sul nostro cammino. Sarebbe stata più dura ma nessuno ci avrebbe impedito in quel triennio ruggente di arrivare in cima al mondo. Cos'è cambiato con Capello? C'è la continuità tattica. Rispetto ad un recente passato non vogliamo più stravincere: volendo stravincere finivamo per perdere. Il 5-0 sul Napoli sembrerebbe smentire quanto sto dicendo, ma non è così. Mettiamo maggiore attenzione e siamo meno schematizzati e più liberi di esprimere la nostra fantasia. Tutti dicevano che eravamo ormai sazi di gloria, imborghesiti. Invece è rimasta una gran voglia di vincere. Questo è il nostro segreto. E il ciclo può durare altri due o tre anni: torneremo a vincere in Italia e all'estero. Cominciando dallo scudetto, ma senza presunzione e senza sottovalutare la trasferta di Verona e la Juventus, capace di tutto. Pur non entusiasmando tiene il passo e, in primavera, come capita alle squadre allenate da un tecnico espertissimo come Trapattoni, sarà ancora più pericolosa. Ma se noi sapremo mantenerci in questa condizione non ci fermerà nessuno. Lei, invecchiando, migliora: qual è il suo segreto? Allenamenti e ancora allenamenti. E niente stravizi fuori dal campo. Inoltre, dettaglio non trascurabile, un fisico che resiste all'usura del tempo e delle tante battaglie. E uno spirito giusto. La voglia di diver tirmi, facendo questo mestiere, mi è rimasta. Fer fortuna. Bruno Bernardi

Luoghi citati: Italia, Tokyo, Verona