«L'Italia quinta potenza»

«L'Italia quinta potenza» Dati Eurostat «L'Italia quinta potenza» ROMA. Dodicesimi, alle spalle della Spagna. Devastati dai debiti, peggio del Brasile. Anzi no, quinta potenza economica del mondo. A pochi giorni dal durissimo verdetto dell'autorevole Kconomist che aveva scaraventato il nostro Paese al dodicesimo posto nel mondo e dalle fosche previsioni della Bnl secondo cui entro la fine di quest'anno l'Italia avrà un indebitamento degno di un Paese del Terzo Mondo, è arrivata ieri da Eurostat - l'Ufficio statistica della Cee - un'imprevedibile ma anche un po' sconcertante sentenza: niente paura, siamo sempre i quinti nel mondo. Lo eravamo nell'89, e abbiamo mantenuto la posizione anche nel '90. L'offensiva delle statistiche economiche, dunque, continua: sta prendendo alla gola l'Italia, sballottandola dalla polvere agli altari con cadenza quasi quotidiana. E ieri era di turno l'incenso di una onorevole riabilitazione. Eurostat conferma che l'Italia precede la Gran Bretagna nella classifica redatta sulla base del Pil (prodotto interno lordo). Il nostro Paese vince anche nella graduatoria per Spa (standard di potere d'acquisto). La nuova serie di dati Eurostat fotografano l'Italia in una posizione di costante vantaggio sul partner britannico dal 1980, con sensibili percentuali di superiorità: dall'80 al '90, 6,19%, 8,08%, 6,71%, 3,84%, 4,30%, 3,38%, 2,27%, 0,75%, 0,55%, 1,15%, 2,27%. Questi incrementi evidenziano che l'Italia ha avuto il più ampio margine di vantaggio nel 1981 (8,08%) ed il minimo nel 1988. Negli ultimi due anni, invece, il nostro Pil è tornato a distanziare quello britannico. Ma cosa significa la permanenza di questa leadership? E perché i piazzamenti statistici dell'Italia economica nel mondo registrano queste altalene da capogiro? Tutto dipende dai continui aggiustamenti che gli esperti statistici operano nella definizione del Pil calcolato in «Standard di potere d'acquisto», una complicatissima unità di misura che dovrebbe depurare i calcoli dall'influsso fuorviarne dei prezzi. Sono calcoli che cambiano da Paese a Paese, da metodo a metodo. E che talvolta risultano straordinariamente clementi: in essi viene fatto spesso entrare, ad esempio, il disavanzo dello Stato. La nuova classifica Eurostat, comunque, conferma all'Italia, in base al Pil, il rango di «terza potenza» europea, dopo Germania e Francia, che la superano alle spalle di Usa e Giappone. Questa posizione appare naturalmente molto più solida nel calcolo in Ecu, che, non essendo depurato dai fenomeni inflazionistici, attribuisce al nostro Paese un vantaggio sull'Inghilterra dell'I 1,70%. Tuttavia altri indicatori confermano la difficoltà per l'Italia di onorare il ruolo di quinta potenza mondiale. Il grado di efficienza dei servizi pubblici, le disfunzioni dell'apparato burocratico, i divari territoriali, non consentono di qualificare il tenore di vita italiano al di sopra di quello britannico ed in ogni caso adeguato al rango della «quinta potenza». La disoccupazione, i consumi culturali, l'analfabetismo la dicono molto più lunga del pur consistente vantaggio attribuito al Pil italiano rispetto a quello inglese. Ma prima o poi capiterà qualche statistica che promuoverà l'Italia al quarto o terzo posto includendo nel calcolo del Pil il fatturato della Malavita spa.