«Vincerò il Tour di Berlusconi»

«Vincerò il Tour di Berlusconi» Gino Banali: la tv è la mia nuova fonte di reddito, ma i soldi contano poco «Vincerò il Tour di Berlusconi» «Dopo Striscia la notizia mi vogliono proprio tutti» «Mi diverto e sono bravo: ho lavorato anche con Toto» MILANO. Mette allegria cercare Bartali. Intanto perché lui ama farsi trovare. L'appuntamento è a mezzogiorno. «Stanotte ho fatto le due, con Ricci e quegli altri matti», spiega. Alle 11,55 Ginettaccio è già seduto nella hall dell'albergo di Milano 2 vicino agli studi di Canale 5 (lui chiama il tutto «Milano 5», sinergicamente), pronto. «Di che si parla?», s'informa. Ma come, non ha letto i giornali? Domanda inutile. «Me li ha riassunti l'assistente di Ricci. Un gran successo, no? Abbiamo fatto quasi sei milioni». E' in forma, elegante, bellissimo, esattamente come appare da tre giorni in «Striscia la notizia». E, proprio come nel tg spiritoso di Ricci, non c'entra nulla col resto intorno: il divano da design, il paesaggio finto, il viavai di bellone in abiti fascianti, il tipo inquietante che lo saluta. «E' Giucas Casella, il mago - spiega in un borbottio -, L'ho conosciuto ieri all'Appello di Mosca. C'era pure Pannella. Uno spettacolo. Stasera vado da Mike Bongiorno. Domenica forse torno da Vianello, che è un amico dai tempi che ci inseguiva al Giro per "Un, due e tre. Tutti mi vogliono. Ricci mi ha chiesto di rimanere due settimane. Ma tra poco ricomincia la stagione del ciclocross, ho preso impegni». Sorride, con gli occhi allegri dell'italiano in gita a Berlusconiland. Poi si ricorda: «Perché, che cos'hanno scritto?». Presentimento: «Ma no, tanto me l'immagino». Non è davvero il caso di riferire a Gino Bartali le critiche al vetriolo rivolte al «cinismo» di Antonio Ricci, capace di bruciare un mito sull'altare dell'audience. Ma in fondo, magari con affetto, anche a lui, Bartali, vecchio patetico eroe che «si trascina sul palcoscenico per ricevere l'ultimo applauso» e «non si accorge che i ragazzini lo pungolano con dei bastoni», mentre Vastano e compagni «approfittano dei suoi anni per gettarlo nella fossa dei leoni». Perfino gli amici dell'Azione Cattolica, alla quale è iscritto da una vita, hanno storto il naso vedendo il pio Gino sballottato tra Gabibbi e veline in mutanda e reggicalze. Un mito non può, non deve «strisciare». «Ma insomma che vogliono, che resti a casa tra le coppe e gli album coi ritagli della Gazzetta?» si ribella Ginettaccio. «Io da mausoleo non ci so vivere. E poi, queste cose le ho sempre fatte. Ho girato film con Totò, con Walter Chiari e Tognazzi. Sono andato in tv con Dapporto e con Carmen Russo. Quando m'ha chiamato Ricci ho risposto entusiasta. Avevo giusto un buco di tre settimane. Perché no? La trasmissione mi piaceva da prima, Vastano mi fa morir dal ridere. Ci guardano tanti bambini che Bartali non lo conoscono. Dov'è lo scandalo? Ho fatto di molto peggio, nella vita, dia retta». Verissimo. Da undici anni Gino Bartali, che ne ha 78, viaggia al seguito del Giro sponsorizzato dal cappellino alle scarpe da tennis, guidando da solo l'auto pure ricoperta di marchi, fir- mando autografi. E' la sua principale fonte di reddito. L'altra sono le serate, cento all'anno, dalla sagra di paese alla festa di condominio dell'assessore. «Dove mi chiamano, io vado». E' il suo modo di vivere. La filosofìa di un italiano che da povero è entrato nella storia e non ne è uscito da ricco. Ogni volta, arrangiandosi. La prima nel dopoguerra. «Quattr'anni di fermo s'erano portati via tutti i guadagni. All'annuncio della Liberazione ero a Pescara. Presi la bicicletta e risalii a Milano, con l'idea di trovare un amico che commerciava in tubolari. Due giorni a pedalare tra paesi in macerie, facendo il giro lungo perché c'erano strade cancellate, ponti saltati. Arrivo all'una, la notte del 28 e passo da piazzale Loreto, perché li abitava il socio. Deserto. Vedo due cadaveri appesi, che ne so che è Mussolini e la Petacci. I partigiani mi arrestano. Non sai che c'è il coprifuoco? mi dicono. Va' a spiegar loro dei tubolari. Per fortuna a San Vittore m'han riconosciuto». Poi ha ripreso a vincere, al Giro, al Tour mitico del '48, conquistato a 34 anni nel giorno dell'attentato a Togliatti, scongiurando la guerra civile come scrivono i libri e facendo incazzare i francesi, come canta Paolo Conte. «Macché, erano i francesi piuttosto, a tirar brutti scherzi. S'attaccavano alle moto e si facevano trainare. Tanto che un giorno, proprio nel Tour famoso del '48, afferrai esasperato la portiera dell'ammiraglia di Goddet e gli urlai: adesso portate a spasso pure me. E mi portò davvero, per un paio di chilometri». Tante storie migliori delle lepidezze che è costretto a leggere ogni sera dal tavolo di «Striscia», dietro la scritta «Bartali» e il modellino di bici. Ma tant'è. Lo fa per soldi? Alza le spalle: «Per me sono l'ultima cosa». Dicono che se la sia passata malissimo una decina d'anni fa, quando ha polverizzato decine di milioni in un negozio fallito. Ora vive con la moglie nel decoro piccolo borghese di una casa di proprietà alla periferia di Firenze. Ha rifiutato con sdegno un vitalizio offerto, pare, su proposta di Giulio Andreotti. «Le legge Berchelli, Baccelli...», Bacchelli, «Sì, lui. Ma io ho detto di no. Altri ne hanno davvero bisogno: Zeno Colò, il povero Colaussi. Il vitalizio non è da me. Io sto benone, a parte il cuore, ogni tanto. Me la cavo da solo. Piuttosto, ho detto, se proprio volete, datemi un lavoro. Che so, autista di qualche onorevole, portaborse del ministro, che si guadagna bene. Non hanno risposto». A proposito di borse e valigie, com'è andata la storia del tentato scippo alla Stazione Centrale il 7 dicembre? E' vero che ha inseguito il ladro e l'ha fermato a ceffoni? «Eccome. Era un ragazzetto straniero, sui 25 anni. C'è rimasto di stucco. Sa, non è che c'avessi soldi. Tenevo le analisi, le medicine. Eppoi la borsa era un caro ricordo. Me l'aveva re galata il buon Fulvio Bernardini, l'allenatore». Nel suo ambiente che dicono di lei giornalista satirico? «Ridono, capiscono». E chi non capisce? «Chi ha uno strano concetto della dignità. Vede io accetto di farmi pagare per andare in un programma comico. Però ho rifiutato una pensione di Stato e nel '48, quando ce lo chiese l'onorevole Piccioni, e poi ancora nel '53, io e Coppi rifiutammo di candidarci nelle liste de. Una delle poche su cui ci trovammo d'accordo». Uno che la conosce bene ha scritto che il suo agitarsi tra giornalismo, affari, serate è cominciato dalla scomparsa di Fausto. Era rimasto solo. «Mah, io Coppi non l'ho mai capito. Triste o allegro, stava sempre zitto». Si ferma. «Ho capito la domanda. Sì, mi è mancato». Insomma, Bartali, ma chi glielo fa fare? «Che vole che le dica. Mi piace la gente, esser riconosciuto ancora. A una certa età si torna bambini. Lasciatemi divertire. Lo diceva anche quel poeta, Palazzoli, Pallazzesi...». Curzio Maltese «E' vero, ho rifiutato la legge Bacchelli Me l'aveva proposta Giulio Andreotti ma io avrei preferito un lavoro: autista di un ministro o portaborse» «Mi arrangio per il mondo da quando Coppi mi ha lasciato» «pdm L'ex campione di ciclismo in alcune immagini dell'edizione di ieri di «Striscia la notizia». Ginettaccio affianca il conduttore Sergio Vastano, ma parteciperà anche alle altre trasmissioni delle reti Fininvest Gino Bartali è orgoglioso del suo nuovo ruolo di comico televisivo: «Mi diverto molto e piaccio ai bambini»

Luoghi citati: Firenze, Milano, Mosca, Pescara