Cossiga: decidete, o sciolgo le Camere di Fabio Martini

Cossiga: decidete, o sciolgo le Camere Il Presidente replica alla richiesta del de Mancino di «allungare il calendario delle Camere» Cossiga: decidete, o sciolgo le Camere Ma il capogruppo del Senato: non ho chiesto proroghe «Andreotti andrà in Parlamento il 24 e si deciderà» ROMA. Democristiani e socialisti lasciano intendere che l'intesa c'è già, eppure la data delle elezioni continua ad accendere quotidiani incendi polemici. Nel primo pomeriggio di ieri le telescriventi hanno battuto un dispaccio dell'Adnkronos - l'agenzia preferita da Cossiga per i messaggi ufficiosi - che riferiva della possibilità di una imminente «autonoma iniziativa» del Quirinale in merito allo scioglimento delle Camere. In altre parole, si faceva capire che il Capo dello Stato potrebbe accelerare al massimo la firma del decreto di scioglimento, nel caso fosse confermata l'intenzione - attribuita al presidente dei senatori democristiani, Nicola Mancino - di «allungare il calendario dei lavori parlamentari». Tre ore dopo arrivava la smentita di Mancino: «Non ho chiesto alcuna proroga, ma il tempo indispensabile per approvare le privatizzazioni». E poi la frecciata: «Se al Senato non possono essere concessi neppure gli otto giorni da me chiesti - e da nessun altro capogruppo contestati - la questione non è tanto lo scioglimento delle Camere, quanto la soppressione di una di esse, la cui volontà viene ritenuta inutile». E poi, ad un eventuale scioglimento-lampo di Cossiga «non si può dare per acquisita la controfirma di Andreotti». Fin qui il duetto CossigaMancino. Poi, in serata, a tagliar quasi definitivamente la testa al toro, interveniva ancora il presidente dei senatori de: «Il presidente del Consiglio - annunciava Mancino - potrebbe presentarsi alle Camere il più tardi il 24 gennaio, dopo l'approvazione delle privatizzazioni e dopo il vertice di maggioranza». Se così fosse, se Andreotti si dimetterà prima della fine del mese, ci sarebbe la sicurezza che le elezioni anticipate potrebbero tenersi il 5 o il 12 aprile. Ma che ci sia ancora un margine di incertezza sulla data delle elezioni, lo confermano i segretari dei partner minori della coalizione di governo. Il leader socialdemocratico Antonio Cariglia, che si muove spesso in sintonia con gli umori prevalenti a piazza del Gesù, si dice «contrario ad uno scioglimento immediato della legislatura». Sulla stessa lunghezza d'onda il segretario liberale Renato Altissimo, per il quale «il governo non ha ancora esaurito il suo compito». Nel palleggio sulla data delle elezioni si intravedono due diverse strategie, seppur non dichiarate: quella di Bettino Craxi, che preferisce elezioni prima possibile, in modo da definire la questione della guida del governo (a cui non nasconde di aspirare), prima di quella del nuovo presidente della Repubblica. E quindi, per i socialisti, ogni slittamento oltre le due date più accreditate (5 o 12 aprile) farebbe cadere le elezioni il 26 aprile o il 3 maggio, ingarbugliando il ruolino di marcia immaginato dal psi. I leader de ripetono di essere d'accordo con questo calendario, ma in casa socialista c'è il sospetto che un eventuale slittamento della data elettorale potrebbe nascondere la speranza democristiana di un dopo-elezioni movimentato, se¬ gnato magari da un calo elettorale del psi. Uno scenario che potrebbe rimettere in discussione il colore del prossimo inquilino di Palazzo Chigi. E il capogruppo de alla Camera, Antonio Gava, lo dice senza perifrasi: «Il dato più importante è che alla vigilia di una campagna elettorale si dà l'indicazione di una coalizione di governo, ma poi la scelta del presidente del Consiglio dipenderà dal risultato elettorale». In ogni caso il thrilling sulla data delle elezioni finirà al vertice di maggioranza: quasi certamente martedì prossimo. Fabio Martini I capigruppo democristiani al Senato Nicola Mancino (a sinistra) e alla Camera Antonio Gava

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