LO STRESS DELLA CRISI USA di Gaetano Scardocchia
LO STRESS DELLA CRISI USA LO STRESS DELLA CRISI USA l'elettorato americano ha la memoria corta, nel bene e nel male. Non avendo il Presidente mai perduto la coscienza, non si è posto neppure per un istante il problema di un passaggio dei poteri al vicepresidente Quayle, ciò che avrebbe seriamente danneggiato le prospettive di rielezione di Bush poiché l'idea di un Quayle alla Casa Bianca continua a suscitare apprensione negli elettori. Se il viaggio di Bush a Tokyo passerà alla storia non è certo per la gastroenteritepresidenziale, ma per ben altro. E' per l'atteggiamento da postulante che il leader americano ha assunto. Sperando di bloccare la campagna protezionistica di alcuni esponenti democratici, Bush ha invocato una maggior presenza di merci americane sul mercato giapponese, dando come l'impressione che stia cercando un capro espiatorio per la crisi economica in casa propria. 1 giapponesi, visto il pericolo, hanno promesso che accetteranno più merci Usa (e addirittura che ne propizieranno la vendita nei Paesi del Terzo Mondo), ma le parole del primo ministro Miyazawa fanno pensare ad una sorta di elargizione, ad un obolo offerto al protettore impoverito. La verità è che i prodotti Usa non si vendono perché costano di più e valgono di meno di quelli giapponesi. C'è un aspetto politicamente umiliante nella visita di Bush a Tokyo - cinquanta anni dopo Pearl Harbor - che è ben più grave del suo innocuo (ma in qualche modo emblematico) collasso fisico: ed è il riconoscimento della supremazia industriale nipponica, con la quale l'America non è più in grado di competere e che può fronteggiare solo in due modi. O ripudiando le regole del libero commercio (come propongono i democratici) o implorando una tregua pietosa: due ricette altrettanto sbagliate e parimenti inefficaci. Gaetano Scardocchia
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