Adesso Washington sogna il vicepresidente Barbara di Lietta Tornabuoni

Dante e Manzoni all'avanguardia r Dante e Manzoni all'avanguardia ORPRESA: compagnia teatrale I Magazzini guidata da Federico Tiezzi sta provando «Adelchi» dopo aver messo in scena, con un esito impensatamente, straordinariamente favorevole, le tre cantiche della «Divina Commedia». Questa compagnia, quando ancora si chiamava Magazzini Criminali, è stata in passato all'avanguardia dell'avanguardia, ha compiuto operazioni teatrali tra le più ardite come portare a Mosca e a Tokyo «Hamlet Machine» di Heiner Muller, ha affrontato le innovazioni più rischiose e scomode, è stata violentemente avversata, anche posta al centro di scandalo. E adesso? Dante, Manzoni? La cosa interessante è che non si tratta di sublime snobismo, né di pentimento, di ripiegamento o di interesse ai vantaggi statali derivanti dal recitare autori italiani, né di capriccio elegante. Il motivo delle scelte de I Magazzini, il loro ragionamento culturale, è diverso. Nell'involgarimento della società italiana, nella degradazione, riduzione e sommarietà della lingua italiana anche quando viene usata dalle persone colte, nella perdita di identità italiana già percepibile e immaginabile ancora più accentuata con l'unione europea, il primo compito degli artisti e degli intellettuali, pensano questi teatranti, è oggi quello di salvaguardare la grande tradizione italiana, di farla conoscere alle generazioni giovani, di ridarle vita e riportarla nell'esperienza quotidiana: dando pure occasione di manifestarsi alla grande bellezza dei classici, emozione nobile ma soprattutto espressione di alta civiltà in un universo sempre più feroce, angusto e cialtrone. Non sono soli, I Magazzini. Anzi, rappresentano in concreto un fenomeno che va facendosi sempre meno sotterraneo, che capovolge gusti e voghe, che si coglie non soltanto nell'inatteso successo delle letture dantesche in teatro o delle mostre di sculture del primo e del secondo secolo a Roma, ^hieomani appassionati d'o- gni cosa mai vista prima, i cosmopoliti sprezzanti d'ogni cosa italiana, la gente di cultura che riteneva divertente e spiritoso adorare la Carrà e Celentano, cominciano a cambiare, e stavolta il mutamento non è dovuto alla solita oscillazione delle mode culturali: nasce dallo spavento dell'autocancellazione suicida, dalla paura della barbarie. PARLIAMONE Proposta: sarebbe il caso di abolire dal linguaggio corrente e giornalistico espressioni quali «mafia in guanti bianchi» o «camorra in doppiopetto»? Sono immagini che non corrispondono a niente; da tempo il doppiopetto ha smesso di simboleggiare la rispettabilità benestante, gli ultimi a portarlo orgogliosamente come un emblema sono stati appunto i boss mafiosi americani, ma pure loro hanno lasciato perdere almeno una trentina d'anni fa; quanto ai guanti bianchi, in questo secolo non hanno mai contraddistinto la ricchezza onorata ma al massimo i domestici, e non si usano né indicano nulla da un bel pezzo. Proposta: sarebbe il caso di smettere di chiedersi se un'ex diva quasi sessantenne e l'ex produttore ottantenne suo marito, legati o sposati da circa quarant'anni, sono sempre innamorati oppure se qualche ombra turba la loro felicità, se Dio ne guardi non si amano più? «Parliamone», come dice Jerry Cala nel suo intercalare divenuto popolarissimo: perché suona ironicamente accomodante e perché è bifronte, espressione di democratica tolleranza e di eterno rinvio. Lietta Tornabuoni ani |

Persone citate: Carrà, Celentano, Federico Tiezzi, Heiner Muller, Jerry Cala, Manzoni

Luoghi citati: Mosca, Roma, Tokyo